DIPENDENZE TECNOLOGICHE: SOS BAMBINI

Citazione Consigliata: Tacchi, A. (2019). Dipendenze tecnologiche [Blog Post]. Retrieved from: https://www.tagesonlus.org/2019/10/29/dipendenze-tecnologiche-bambini

 

Dal 1990, epoca in cui i primi telefoni cellulari sono stati messi a disposizione dei consumatori, fino al 2014, anno definito della “connessione totale” abbiamo assistito a quella che è considerata la più rapida diffusione globale della tecnologia nella storia dell’umanità (Castells, 2002).

Smartphone e tablet rappresentano una parte di un sistema sempre più vasto e complesso, che permette di rimanere sempre connessi e di poter condividere tutto in modo sempre più veloce. Secondo i dati di GLOBAL DIGITAL 2019 in Italia il numero di utenti connessi a dispositivi mobile, così come ad internet e social network, subisce ogni anno un incremento pari al 2-10%.

Questa rapida evoluzione delle applicazioni online ha avuto un effetto diretto sull’utilizzazione delle persone, adulti e bambini, delle tecnologie in ambito lavorativo e scolastico, ma anche nel tempo libero o di gioco, e sulle modalità di interazione sociale riducendo la necessità di contatti diretti.

Parallelamente è stata registrata l’insorgenza di nuovi quadri psicopatologici come “Internet Gaming Disorder (IGD)” letteralmente “Disturbo da gioco su internet” che a partire dal 2013 è stato ufficialmente riconosciuto come una condizione che richiede attenzione specifica da parte dei professionisti (American Psychiatric Association, 2013). Questo disturbo è caratterizzato da l’uso persistente di internet per partecipare a giochi, spesso con altri giocatori connessi online, che porta a compromissione o disagio clinicamente significativo accompagnato dalla presenza di sintomi specifici.

Studi recenti hanno rilevato che in bambini ed adolescenti tra 8 e 18 anni i tassi di prevalenza di questo disturbo variano tra 1% e 9%, a seconda dell’età e del paese; sembra comunque essere maggiormente presente in adolescenza e nei soggetti maschi (Gentile et al 2017; Kuss et al 2014). Le cause di insorgenza di questo disturbo nei minori sono ancora oggetto di studio, sebbene sembri che la presenza di impulsività, labilità affettiva e l’elevata quantità di tempo dedicato al gioco possano essere identificati come fattori di rischio importanti.

Secondo un recente modello interpretativo integrato che mette in relazione fattori psicologici e neurobiologici, il passaggio tra la fase di “giocare su internet per divertimento” e quella di “dipendenza da gioco” può essere favorito da fattori interni (personologici, affettivi, incremento del tempo dedicato al gioco) ed esterni (ricompensa sociale, controllo genitoriale) (Paulus et al 2018). Intervenire su questi fattori potrebbe quindi ridurre il rischio di insorgenza di un vero quadro psicopatologico; occorre quindi operare una presa in carico specialistica tempestiva.

Le Istituzioni nel mondo si stanno muovendo per cercare di limitare la diffusione di questo disturbo, ad esempio con l’emissione di Leggi che vietano l’uso di siti di videogames per ragazzi sotto i 16 anni in orario notturno (Corea del Sud) e l’istituzione di consultori specializzati all’interno delle strutture sanitarie ormai largamente diffusi anche in Europa.

Un recente studio condotto in 16 paesi del mondo (Saunders et al 2017) ha evidenziato che è possibile identificare diversi quadri patologici associati al gioco eccessivo e che il disturbo da gioco condivide molte caratteristiche con dipendenze dovute a sostanze e con il disturbo da gioco d’azzardo, e il neuroimaging funzionale mostra che le aree del cervello implicate sono simili. Infatti i governi e le agenzie sanitarie di tutto il mondo stanno cercando di affrontare gli effetti del gioco online e di sviluppare approcci preventivi.

Fondamentale in questo sforzo è la necessità di delineare la natura del problema (Saunders et al 2017). Ma così come la classificazione del disturbo, anche la ricerca sull’efficacia dei piani di trattamento si trova ad un livello iniziale. Un sondaggio condotto da psichiatri in Australia e Nuova Zelanda ha rilevato che solo il 16,3% sente di poter gestire questo disturbo (Dullur et al 2017).

Sebbene i dati a disposizione siano ancora ridotti, molti studi mettono in evidenza come la Terapia Cognitivo-Comportamentale sia la più efficace per il trattamento di questa problematica (Jager et al. 2012, Santos et al. 2016, Torres-Rodriguez A et al 2018). Tale terapia, applicabile anche in bambini ed adolescenti, ha l’obiettivo di proporre al giocatore modalità alternative di pensare, comportarsi e rispondere a situazioni stressanti, per ridurre la tendenza ad attivare condotte impulsive di gioco.

 

Dott.ssa Annalisa Tacchi

Psicologa, Psicoterapeuta

Dirigente Psicologo UO2 IRCCS Stella Maris Pisa

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA:

American Psychiatric Association. (2013) “Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders. 5th ed.” Arlington, Va.: American Psychiatric Association:59-65

Castells M. (2002) “La rivoluzione della tecnologia dell’informazione”, in La nascita della società in rete, Università Bocconi Editore, Milano, pp. 29-83.

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Dullur P, Hay P (2017) “Problem Internet Use and Internet Gaming Disorder: a survey of health literacy among psychiatrists from Australia and New Zealand” Australasian Psychiatry Vol 25(2) 140–145

Kuss DJ, Griffiths MD, Karila L, Billieux J.(2014) “Internet addiction: a systematic review of epidemiological research for the last decade” Current Pharmaceutical Design 20(25):4026-52.

Jäger S, Müller KV, Ruckes C, Wittig T, Batra A, Musalek M, Mann K, Wölfling K, (2012) Effects of a manualized short-term treatment of internet and computer game addiction (STICA): study protocol for a randomized controlled trial Trials. 2012; Apr 27. 13- 43.

Paulus FW, Ohmann S, von Gontard A, Popow C.(2018) “Internet gaming disorder in children and adolescents: a systematic review Developmental Medicine & Child Neurology Jul;60(7):645-659.

Santos VA, Freire R, Zugliani M, Cirillo P, Santos HH, Nardi AE, King AL (2016) “Treatment of Internet Addiction with Anxiety Disorders: Treatment Protocol and Preliminary Before-After Results Involving Pharmacotherapy and Modified Cognitive Behavioral Therapy

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