CHE COSA SONO

 

 

Quando si parla di dipendenze si fa riferimento a una condizione patologica in cui il soggetto non è più capace di gestire e controllare l’abitudine, per cui si ha un’alterazione del comportamento, che ha come risultante una ricerca spasmodica. La dipendenza rappresenta una condizione patologica, correlata ad un’alterazione del sistema della gratificazione e ad una coartazione delle modalità con le quali il soggetto si procura piacere,caratterizzata da craving e da una relalazione con un oggetto (sostanza, situazione, comportamento) connotata da reiterazione e marcata difficoltà alla rinuncia.  

Essa può essere suddivisa in fisica e psicologica, anche se nei casi più complessi sono entrambe presenti.

Nel 1973 l’OMS ha definito la dipendenza fisica come: “abitudine o assuefazione a una droga, che si manifesta con la comparsa di disturbi fisici violenti allorché l’autosomministrazione è interrotta. Questi sintomi, chiamati ‘sindrome di astinenza’ o ‘di privazione’, costituiscono un insieme specifico di sintomi psichici e fisici che variano per ciascun tipo di droga”. A volte i sintomi possono portare anche al decesso.

La dipendenza psichica è stata definita come: “situazione nella quale una droga produce sensazioni di benessere e una pulsione psichica (spinta incontrollabile) a consumarla in maniera periodica o continua, al fine di ottenere un piacere o di prevenire sensazioni spiacevoli”.
Si possono suddividere le dipendenze in :

  • dipendenze da sostanze (in cui vi è l’ assunzione ripetitiva di una sostanza (alcol,cocaina, eroina,ecc.)
  • dipendenze comportamentali (in cui si hanno comportamenti ripetitivi che non hanno a che fare con l’immissione di sostanze nel proprio corpo, come il gioco d’azzardo,la dipendenza da internet,ecc.)

Nel DSM 5 (APA;2013) sono state fuse insieme le categorie di abuso e dipendenza da sostanze in un’unica macrocategoria definita come “uso di sostanze”, che viene valutata lungo un continuum che va da lieve a grave. I criteri per la diagnosi sono stati uniti in un elenco di 11 sintomi: con la presenza di 2 o 3 di essi, il disturbo da uso di sostanze viene classificato come lieve, moderato da 4-5 e grave da 6 o più.

Tale uso deve condurre a un disagio “clinicamente significativo”, provocando una compromissione importante nella vita quotidiana e deve soddisfare almeno due dei criteri di seguito riportati per un periodo di almeno 12 mesi:

  • Tolleranza, definita come a) il bisogno di dosi notevolmente più elevate della sostanza per raggiungere l’intossicazione o l’effetto desiderato; b) un effetto notevolmente diminuito con l’uso continuativo della stessa quantità della sostanza
  • Astinenza, definita secondo i seguenti criteri: a) la caratteristica sindrome di astinenza per la sostanza ; b) la stessa sostanza (o una strettamente correlata) è assunta per attenuare o evitare i sintomi di astinenza.
  • Perdita di controllo sull’uso.
  • Tentativi infruttuosi di ridurre o controllare l’uso.
  • Dispendio di tempo (finalizzato alla ricerca, utilizzo e riprendersi dagli effetti della sostanza).
  • Interruzione o riduzione di attività sociali, lavorative o ricreative.
  • Uso continuativo della sostanza nonostante la consapevolezza che rappresenti un problema.
  • Uso ricorrente con incapacità ad adempiere ai principali compiti (frequenti assenze e sospensioni dal lavoro o dalla scuola)
  • Uso di sostanze in situazioni a rischio (guida, lavori di precisione…)
  • Uso ricorrente della sostanza nonostante ciò determini problemi sociali o interpersonali  
  • Craving, o forte spinta all’uso della sostanza

Come si evince, nel DSM 5 si è aggiunto per la prima volta alla lista dei sintomi, il craving, ovvero un desiderio irrefrenabile, una forte pulsione soggettiva a raggiungere l’oggetto desiderato (May et al.,2004). La persona che sperimenta il craving perderebbe più facilmente il controllo e risulterebbe maggiormente spinta alla ricerca della sostanza.

Nel manuale, è stato eliminato il criterio riguardante i problemi legali ricorrenti in cui incorrono le persone che abusano di sostanze, a causa della difficile applicazione a livello internazionale. L’ astinenza da cannabis, il disturbo da uso di tabacco e astinenza da caffeina sono nuovi disturbi (quest’ultima era nell’Appendice B del DSM IV, “Criteri e Assi utilizzabili per ulteriori studi”).

Le sostanze possono essere suddivise nelle seguenti categorie:

  • Sostanze depressogene e sedative: Alcol, Barbiturici, Benzodiazepine, Sedativi non barbiturici, Inalanti
  • Sostanze euforizzanti, depressogene ed analgesiche: Oppiacei
  • Sostanze psicostimolanti:  Cocaina, Amfetamine e composti correlati, Nicotina
  • Sostanze psichedeliche:   LSD, Mescalina, MDMA e composti correlati
  • Sostanze psichedeliche anestetiche:Fenciclidina, Mescalina, Ketamina.
  • Sostanze sedative-euforizzanti e psichedeliche: Cannabis sativa

Le sostanze fonti di abuso provocano generalmente i seguenti aspetti: diminuzione dell’ansia, euforia, elevazione del tono dell’umore e in alcuni casi sedazione.

Il gioco d’azzardo patologico, gambling, entra a piena titolo nella macrocategoria delle dipendenze solo nel DSM 5, definendolo come “disordered gambling”, anziché “gioco patologico.” Nelle precedenti edizioni del DSM, tale disturbo veniva classificato come disturbo del controllo degli impulsi. Tuttavia, si è evidenziato in maniera crescente, come i comportamenti correlati al gambling attivino il sistema della ricompensa, in maniera analoga a ciò che succede nel DUS. Infatti il gambling, sembra attivare il sistema di ricompensa del cervello, con effetti simili a quelli delle droghe e i sintomi del disturbo da gioco d’azzardo assomigliano in una certa misura a quelli dei disturbi da uso di sostanze.

Oggi si parla moltissimo di “nuove dipendenze”, questo termine viene definito come: “un gruppo di disturbi eterogenei che implicano un coinvolgimento in un’abitudine persistente e ripetitiva, volta a modificare lo stato di coscienza dell’individuo, e che a lungo termine comportano una compromissione della sfera sociale, affettivo-relazionale e lavorativa del soggetto” (Mulè, 2008).

Esse rappresentano delle “forme di dipendenza codificate come patogene, in cui non sono implicate le sostanze, ma comportamenti o attività lecite, socialmente accettate, integrate nella vita quotidiana”, comportamenti caratterizzati da patogenicità in quanto “si ripetono con maggiore frequenza e con minore possibilità di controllo, tali da divenire punto focale di ogni azione e pensiero, creando disagi nel lavoro e nella vita quotidiana” (Mangiaracina et al., 2011, p. 31). Tra le più note si elencano: la dipendenza da internet(internet addiction), la dipendenza da lavoro (il workaholism), la dipendenza da sesso (sex addiction), la dipendenza da cellulare, la dipendenza da videogame (Internet gaming disorder) (Mulè, 2008).

La dipendenza da videogame “Internet Gaming Disorder” è stata inscritta nella sezione III del DSM-5 come una condizione richiedente maggiore ricerca clinica ed esperienza prima di essere considerata per l’inclusione nel manuale, come disturbo formale.
 

 

Comorbilità e diagnosi differenziale

 

 

Il rapporto esistente tra disturbi di personalità e addiction risulta assai stretto e molti dati empirici sembrano suggerire che le cause delle condotte di abuso possano essere rintracciate nella personalità del soggetto (Vaillant,1983).

Nel caso in cui sia già presente un disturbo di personalità, l’abuso di sostanze sembrerebbe avere un’insorgenza più precoce (Lingiardi &Gazzillo, 2014). Inoltre i disturbi di personalità del cluster B sembrerebbero maggiormente prevalenti nelle addiction (Verhuel et al., 2000).

Ci sono delle teorie che affermano che le caratteristiche personologiche potrebbero spiegare la scelta della sostanza di abuso. Infatti la sostanza può essere vista come una modalità di coping disfunzionale attuata di fronte a stati emotivi intensi, che il soggetto non sa gestire diversamente. I soggetti con tratti antisociali, con una forte propensione alla ricerca di sensazioni nuove e intense ( i sensation seekers) tendono a utilizzare la sostanza per provare emozioni positive (Moeller et al., 2001).La cocaina, ad esempio, sembra essere utilizzata per sedare stati di ipo-mania o mania, per risollevarsi da uno stato depressivo ; di contro i narcotici sembrerebbero essere utilizzati per gestire la rabbia e la depressione (Khantzian, 1997).

Occorre porre una particolare attenzione nel porre una corretta diagnosi differenziale al fine di distinguere tra alcuni sintomi come apatia, disforia, astenia, turbe del sonno, iporessia e crisi acute d’ansia, che possono appartenere sia quadri psichiatrici che di dipendenza.

Un’ulteriore distinzione va posta in merito a una corretta differenziazione tra Disturbo ossessivo compulsivo Dipendenze. Infatti i sintomi ossessivi sono vissuti come egodistonici, il soggetto percepisce un’urgenza nel mettere in atto un comportamento per rimuovere l’ansia (ad es, lavandosi, controllando,ecc.), mentre nelle dipendenze vi sono coinvolte delle motivazioni appetitive, preoccupazione, perdita di controllo e conseguenze negative.

Nell’associazione tra uso di sostanze e quadri psicopatologici possono sussistere diversi rapporti eziopatogenetici(Edwards et al., 1981):

  1. una sostanza può indurre una sindrome psicopatologica ex novo;
  2. una sostanza può evidenziare un disturbo psicopatologico latente;
  3. una sostanza può causare la ricaduta in un pre-esistente disturbo mentale;
  4. il quadro psico-patologico può indurre all’assunzione più o meno frequente della sostanza;
  5. la relazione tra quadro psico-patologico ed abuso di sostanze è spurio, cioè un quadro psico-patologico precede l’uso di sostanze, ma, talora, subisce per effetto delle sostanze una evidente patomorfosi;
  6. non vi è relazione tra quadro psichiatrico ed assunzione di sostanze

 

 

Ipotesi eziologiche 

 

 

APPROCCIO BIOLOGICO E NEUROSCIENZE:

La dipendenza nasce da un’interazione di fattori genetici e di fattori ambientali.

La familiarità dell’abuso di sostanze non è specifica per una classe di sostanze, ma si estende a tutte le sostanze di abuso e spesso si associa a disturbi psichiatrici (Di Chiara &Bassareo,2007).

Le più importanti sostanze d’abuso, sebbene con meccanismi diversi, aumentano la concentrazione extra-cellulare di dopamina in una parte del sistema mesolimbico: nucleo accumbens del setto, in particolare nella sua parte ventro-mediale, la shell (Bassareo et al., 2011).

La genetica gioca un ruolo nell’ influenzare le risposte individuali alle sostanze (Tsuang et al.,1998).

Fra i fattori di rischio delle dipendenze vi sono varianti genetiche, che sembrano alla base del deficit d’attenzione con iperattività e del disturbo della condotta.Pertanto si evidenziano varianti geniche complesse alla base della propensione all’uso di sostanze psicoattive ed alla dipendenza.

Secondo Panksepp e collaboratori (Panksepp &Biven, 2012) le dipendenze sono collegate a due sistemi: il seeking e il panic-grief.

Il neurotrasmettitore principale del seeking è la dopamina. Cocaina e anfetamine sono inibitori della ricaptazione della stessa .

Il panic -grief viene disattivato dalla presenza di alti livelli di oppioidi, che a loro volta generano una sensazione di quiete.Pertanto i derivati dell’oppio possono essere utilizzati come una modalità di auto-medicazione per gestire e regolare le emozioni dolorose connesse a questo sistema.

 

PROSPETTIVA PSICODINAMICA:

Una vecchia interpretazione psicoanalitica, vede alla base della tossicodipendenza, una regressione allo stadio orale dello sviluppo psicosessuale (Wurmser,1974). I tossicodipendenti venivano descritti come inclini a un impulso autodistruttivo e bramosi della ricerca del piacere. Le condotte di abuso impedivano loro di entrare in contatto con emozioni minacciose, quali rabbia, vergogna e depressione.

Kohut (1971;1984) rintraccia il ricorso all’uso di sostanze nella relazione primaria madre-bambino. Secondo l’autore se tale relazione diventa altamente frustrante, si può accedere a un serio disturbo dell’identità. Il soggetto diventa sempre più incapace di tollerare sia le frustrazioni, sia la dipendenza dal genitore che viene vissuto come onnipotente, per cui ricorre all’uso delle sostanze come modalità di allontanamento dalla sensazione di inadeguatezza.

All’interno della Control Mastery Theory (CMT; Weiss, 1993)anche i pazienti tossicodipendenti sono motivati nel migliorare il loro stato, ma vengono ostacolati nel perseguimento dello stesso da una serie di credenze patogene e sensi di colpa inconsci. Per questi soggetti perseguire degli obiettivi sani senza assumere sostanze, significherebbe essere responsabili di far sentire i propri genitori inadeguati e umiliati. Spesso questi pazienti presentano una famiglia d’origine altamente disfunzionale (O’ Connor & Weiss, 1993) e l’abuso di sostanze può essere visto come una “modalità di compiacenza, ribellione, e autopunizione o identificazione con i familiari traumatizzati “(Gazzillo,2016, p.227).

Nello specifico, il senso di colpa da odio di sé, sembra giocare un ruolo di primo piano nell’eziologia delle addiction. Il tossicodipendente, vivendo in contesti familiari abusanti, sviluppa un’idea di sé altamente negativa, che gli viene costantemente rimandata, per cui svilupperà un corpus di credenze patogene per cui non merita le cure,l’amore e la protezione degli altri.

 

PROSPETTIVA COGNITIVO COMPORTAMENTALE:

Secondo l’approccio comportamentista i comportamenti, tra cui l’abuso di sostanze, vengono appresi tramite il condizionamento classico, il condizionamento operante e il modeling.

Secondo questo modello, gli individui in primis imparano ad assumere sostanze osservando gli altri, se la loro osservazione risulta convincente, riprovano ad assumere la sostanza, che a quel punto diventa un’esperienza individuale piacevole (condizionamento operante), per cui la riutilizzano per riprovare l’effetto sperimentato. L’anticipazione dell’uso di sostanze può creare un forte desiderio, craving, per cui per ridurre talo stato l’individuo riassume la sostanza( rinforzo negativo).

Vi sono molti stimoli che vengono associati all’uso di sostanza per condizionamento classico, ad esempio: persone, luoghi, oggetti,ore , situazioni, stati d’animo, (Marlatt,1985). Tali stimoli possono pertanto fare da trigger per l’innesco del craving. Questi modelli CBT vedono i comportamenti di dipendenza come abitudini che sono apprese, per cui possono essere modificate attraverso lo sviluppo di nuove abilità comportamentali e cognitive.

Secondo questa prospettiva gli antecedenti nell’uso di sostanze possono essere: la perdita del lavoro, conflitti interpersonali, problemi economici., ecc. Viene data una particolare importanza alla capacità del soggetto di fronteggiare tali eventi stressanti. Infatti si ipotizza che la percezione di incapacità di gestione degli stessi possa condurre all’uso.

Gli obiettivi principali della CBT sono (Carroll et al., 1994):

  • Motivare all’astinenza (analisi decisionale).
  • Riconoscere le situazioni a rischio di uso della sostanza e sviluppare abilità di coping.
  • Modificare lo stile di vita individuando nuove fonti di rinforzo.
  • Aumentare la capacità di tollerare emozioni percepite come negative
  • Migliorare i rapporti sociali.

 

RELAPSE PREVENTION THERAPY (Marlatt &Gordon, 1985):

Questo modello ha origini nelle teorie di psicologia sociale e cognitiva e ha come scopo prevenire o limitare gli episodi di ricaduta. Questa teoria ha per la prima volta concettualizzato tale evento come facente parte del disturbo da uso di sostanze, per cui ha posto l’attenzione sulla gestione della stessa, cercando di renderla un’opportunità di apprendimento per il soggetto, piuttosto che un evento fallimentare.

Un aspetto centrale del modello è la classificazione dettagliata di fattori o situazioni che possono precipitare o contribuire a episodi di ricaduta: i fattori determinanti la ricaduta e i fattori preparatori la ricaduta.

Tra i fattori determinanti si annoverano: le situazioni identificate dal soggetto come fattori principali di ricaduta (emozioni positive e negative, conflitti interpersonali, pressione sociale, ecc.), le capacità di coping, le aspettative sugli effetti positivi della sostanza nel far fronte al distress percepito, l’effetto violazione dell’astinenza (AVE),cioè il significato attribuito alla prima violazione dell’astinenza dal paziente.

Negli ultimi anni si è sviluppato il MBRP – Mindfulness Based Relapse Prevention per la prevenzione delle ricadute nelle dipendenze (Bowen, Chawla & Marlatt, 2010). Tale programma prevede un’integrazione delle pratiche di mindfulness e la terapia cognitivo comportamentale. Secondo tale modello l’individuo può imparare a rispondere al craving e in generale agli impulsi attraverso nuovi comportamenti, tramite una modalità non giudicante e compassionevole verso il proprio sé.

 

IL MODELLO METACOGNITIVO TRIFASICO DELL’ADDICTION:

Secondo questo modello i soggetti con addiction non riescono a resistere all’impulso di mettere in atto un comportamento che produca gratificazione o sollievo, nonostante siano consapevoli dei danni a breve e a lungo termine (Spada, Caselli, Nikčević & Wells, 2015).

Nella fase di pre-uso, i vari triggers (ovvero i fattori di innesco per il consumo della sostanza, tra cui: impulsi, immagini, pensieri, immagini,ecc.) attivano credenze metacognitive positive o negative,che esitano in un aumento del craving e delle emozioni negative. Si crea pertanto un circolo vizioso, in cui aumenta la probabilità di uso sia per regolare le emozioni, che per evitare uno stato di discrepanza indotto dal divario tra la considerazione desiderata e l’attuale.

Nella fase di uso, unitamente alle credenze metacognitive positive, emerge un decremento nell’abitudine di monitorare i propri stati interni. Con l’aumento delle condotte di abuso e un peggiormento della dipendenza, si ha un aumento delle credenze metacognitive negative (es. :”Solo pensare alla sostanza mi condurrà a farne uso”).

Nella fase post uso prevarranno stati emotivi connessi alla colpa e ai sintomi di astinenza,che a loro volta faciliteranno la ruminazione e l’attivazione di credenze metacognitive positive riguardo la stessa (es: “se rumino capirò perché assumo la sostanza”). Il soggetto tenderà in seguito a sopprimere i pensieri, con un conseguente aumento delle emozioni negative e un aumento della probabilità di un ulteriore consumo.

 

 

COSA SI PUÒ FARE

 

 

La dipendenza patologica rappresenta una condizione molto complessa che spesso evolve verso la cronicità. Sfortunatamente l’approccio utilizzato nella maggior parte dei casi mira alla risoluzione sintomatologica : ovvero alla cessazione delle condotte di addiction e al recupero delle condizioni fisiche premorbose quando possibile. Tuttavia tale modalità di intervento risulta carente,in quanto deficitaria di una presa in carico complessiva in cui vengano presi in considerazione anche obiettivi psico-sociali. Occorre porre l’attenzione su ambiti correlati e consequenziali alla dipendenza come l’inclusione sociale, l’autosufficienza economica, le relazioni familiari e sociali,ecc.

Il trattamento delle dipendenze prevede pertanto una presa in carico globale e necessita di un intervento psicoterapico e farmacologico (che prevede sia la disintossificazione che gli psicofarmaci).

Risulta spesso fondamentale indagare la motivazione al trattamento del paziente, infatti essa rappresenta la componente essenziale per la cessazione dei comportamenti correlati alle dipendenze. La motivazione andrà rivalutata per tutto il corso del trattamento, in quanto indicatore basilare della possibilità di cambiamento.

 

I serD:

I SerD sono servizi pubblici per le dipendenze patologiche, indipendenti dai Centri di salute Mentale. Si occupano della prevenzione primaria,della cura delle dipendenze patologiche, del reinserimento lavorativo dei pazienti afferenti ad esso e della prevenzione della riabilitazione delle patologie correlate. Sono generalmente composti da un’equipe multidisciplinare formata da medici tossicologi, psicologi,infermieri, educatori, assistenti sociali e amministrativi. L’accesso a tale servizio è completamente gratuito e viene consigliato per qualsiasi condizione di uso e abuso.

Gli operatori sono vincolati al segreto professionale, ad eccezione dell’accesso per pazienti minorenni, per cui è vincolante il consenso dei genitori per erogare servizi.

L’accesso ai servizi è previsto anche per i familiari, al fine di garantire una presa in carico globale e fornire indicazioni utili per la gestione della problematica.

I serD lavorano sinergicamente con le comunità terapeutiche dislocate sul territorio e forniscono prestazioni di vario genere finalizzate al recupero del paziente tossicodipendente.

 

Le comunità terapeutiche:

Le comunità terapeutiche sono nate in Italia intorno agli anni ’70 da gruppi di volontari e religiosi,ma hanno avuto il loro massimo sviluppo negli anni ’90.

Hanno come modelli di riferimento prevalentemente quelle “concept based”, sia le comunità di tipo psichiatrico ispirate a Maxwell Jones (1976). Le comunità “concept based” presentano delle idee molto chiare in merito alle cause della dipendenza . Si tratta di teorie molto pragmatiche che si contrappongono in modo netto alla teorie proposte dalla scienza ufficiale, che risultano molto più complesse (Ravenna, 1981). L’idea prevalente era che il tossicodipendente avesse bisogno di una risposta di tipo non medico, orientando il cambiamento verso una “maturazione” e “crescita psicologica”, piuttosto che verso una guarigione. Il tossicodipendente doveva mirare a diventare un “adulto”, capace di fronteggiare i vari stressor senza l’ausilio delle sostanze.

Solo recentemente si è rivalutata la necessità di introdurre plurimi interventi professionali, oltre a quelli educativi, che risultavano fallimentari se applicati a pazienti con doppia diagnosi.

Si accede alle comunità terapeutiche per mezzo di un invio da un servizio pubblico che richiede la presa in carico del paziente, formulando un progetto di cura ad hoc. A quel punto la comunità terapeutica, formata quasi sempre da un’equipe multidisciplinare, valuta l’ammissibilità del soggetto.

L’equipe è generalmente composta da un responsabile, uno psicologo/psicoterapeuta, uno psichiatra e/o un tossicologo, educatori e un infermiere.

All’interno della comunità vi sono pazienti con dipendenze patologiche di vario genere. Possono essere: miste (uomini donne), per minori, per mamme tossicodipendenti con figli.

Il percorso riabilitativo prevede un lavoro orientato sia al miglioramento del disagio, che alla valorizzazione delle risorse. Nella prima fase del percorso è prevista una fase in cui il paziente sperimenterà una fase di distacco dall’ambiente precedente e dovrà adottare uno stile di vita differente, in cui il confronto di gruppo con gli altri utenti sarà promosso per mezzo di varie attività (gruppi, confronti, incontri periodici).

 

 

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TESTI A CURA DI:

Dott.ssa Consuelo Enzo
Psicologo Psicoterapeuta
(Iscrizione all’Ordine degli Psicologi della Toscana n° 6691)

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Approfondimenti

*Coming soon*

 

Bibliografia

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Sitografia

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