CHE COS’È

 

 

La diagnosi

 

 

Secondo l’ultima edizione del “Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali” (DSM-5; APA, 2013) il disturbo da deficit di attenzione iperattività/impulsività (DDAI – acronimo inglese: ADHD) è un disturbo caratterizzato dalla presenza di un persistente e marcato pattern di disattenzione e/o iperattività-impulsività che interferisce con il funzionamento sociale, scolastico e lavorativo del soggetto.

I marker clinici che caratterizzano questo disturbo sono rappresentati da una costellazione sintomatologica osservabile e tipica della disattenzione, iperattività e impulsività.

 

Nello specifico:

– la disattenzione si manifesta a livello comportamentale come incapacità a mantenere l’attenzione su un compito per tempi prolungati; difficoltà a portare a termine un gioco o un’attività in corso; incapacità a dirigere l’attenzione in modo funzionale verso determinati compiti o attività e disorganizzazione.

– l’iperattività si riferisce ad un’eccessiva attività motoria (spesso a-finalistica) in momenti in cui essa non è appropriata o a un aumento del ritmo delle normali attività. I bambini iperattivi vengono descritti come “mossi da un motorino”. Non riescono a star fermi, se seduti muovono mani o piedi, hanno frequentemente l’esigenza di alzarsi e muoversi senza uno scopo o un obiettivo preciso. Ogni attività ludica è effettuata in modo rumoroso o movimentato, senza rispetto di regole, ed è accompagnata da eccessive verbalizzazioni come se il bambino fosse mosso da un’energia interna inarrestabile. L’agitazione motoria può presentarsi anche mentre il bambino sta dormendo e ciò rappresenta un elemento molto importante a fini diagnostici.

– l’impulsività può essere definita come l’incapacità di procrastinare nel tempo la risposta a uno stimolo esterno o interno. In genere i bambini che hanno come tratto saliente l’impulsività mettono in atto azioni in maniera affrettata senza aver prima adoperato una riflessione sulle possibili alternative o conseguenze (per esempio: attraversano la strada senza guardare); non riescono ad aspettare il proprio turno nelle attività quotidiane o nei giochi e spesso si lasciano coinvolgere in attività pericolose senza valutare adeguatamente le conseguenze (provocando talvolta danni fisici a sé stessi o ad altri). Sul piano cognitivo l’impulsività si esprime nell’incapacità di bloccare risposte automatiche (per esempio: rispondere a una domanda prima ancora di averla ascoltata per intero).

 

Sempre secondo il DSM-5, per emettere una diagnosi di DDAI deve essere presente una combinazione di più sintomi ad esordio prima dei 12 anni. Tale sintomatologia si deve manifestare in due o più contesti di vita del soggetto (es: casa, scuola, attività sportiva, con familiari, amici ecc..) e deve essere presente una chiara interferenza o riduzione della qualità del funzionamento sociale, scolastico o lavorativo dello stesso.

 

 

Come si presenta

 

 

Secondo il DSM-5 il DDAI può manifestarsi in tre forme:

 

  • Manifestazione combinata: se sono presenti sintomi che soddisfano sia il criterio per disattenzione che il criterio per iperattività-impulsività;
  • Manifestazione con disattenzione predominante: se sono presenti sintomi che soddisfano il criterio per disattenzione ma NON quello di iperattività-impulsività;
  • Manifestazione con iperattività-impulsività predominanti: se sono presenti sintomi che soddisfano il criterio per iperattività-impulsività ma NON quello per disattenzione.

 

Vengono inseriti inoltre nel manuale i criteri per specificare la gravità del disturbo al momento della diagnosi (lieve, moderato, grave).

 

 

Decorso

 

 

Data la natura neurobiologica del disturbo la sintomatologia che lo caratterizza è presente per tutto l’arco della vita del soggetto pur modificandosi nel corso del tempo.

Alcuni sintomi compaiono sin dai primi anni di vita ma prima dei 4 anni essi sono difficilmente distinguibili dai normali comportamenti messi in atto dai bambini in questo periodo. Durante l’infanzia la sintomatologia disattentiva e/o iperattiva appare più evidente mentre in adolescenza si assiste ad un graduale declino della sintomatologia iperattiva (che si trasforma in irrequietezza) con un persistere della componente disattentiva e impulsiva. Gli adolescenti con DDAI appaiono altamente distraibili, spesso lamentano noia che combattono ricercando sempre nuovi stimoli o cimentandosi in attività che permettono loro di provare emozioni forti. Appaiono poco o per niente organizzati e non riescono a stabilire delle priorità nella loro vita quotidiana.

Nell’età adulta la sintomatologia risente di una grande variabilità interindividuale la quale spiega il mantenimento di livelli di compromissione più o meno gravi nelle normali attività quotidiane.

 

 

Comorbilità

 

 

Il DDAI si trova spesso in comorbilità con altri disturbi tra i quali i più frequenti sono: il Disturbo Specifico di Apprendimento (DSA), il Disturbo oppositivo-provocatorio (DOP), il Disturbo della condotta (DC), il Disturbo da uso di sostanze, il Disturbo antisociale di personalità, Distrubi d’ansia, Disturbi dell’umore e Disturbo da Tic

Per quanto riguarda la co-occorrenza tra i quadri psicopatologici DDAI/DOP/DC, numerosi studi stanno analizzando il valore prognostico di un severo e precoce DDAI come fattore di rischio che, associato ad altri fattori, può rappresentare un predittore per lo sviluppo di condotte antisociali in età adulta. Quanto detto sembra essere associato a un’osservata mutazione della sintomatologia del DDAI la quale va prima a soddisfare i criteri propri del DOP e poi quelli del DC (Pardini & Fite, 2010), con una possibile evoluzione in un Disturbo Antisociale di Personalità e/o un Disturbo da uso di Sostanze in età adolescenziale/adulta (Milone, 2013).

 

 

Ipotesi eziologiche

 

Componente genetica

Vari studi hanno indagato la componente ereditaria del DDAI e sono ad oggi disponibili dati che confermano una componente genetica del disturbo (Barkley, 2012).

 

Deficit delle abilità di autoregolazione

Attraverso vari studi psicofisiologici, di neuroimaging e attraverso prove neuropsicologiche è stato riscontrato nei soggetti con DDAI un deficit nelle strutture corticali implicate nell’autoregolazione cognitivo-comportamentale (Barkley, 2012) che vanno a compromettere funzioni come la capacità di inibire di risposte cognitivo-comportamentali pertinenti allo stimolo, la capacità di pianificazione, le abilità di memoria di lavoro, la capacità di attenzione sostenuta e/o selettiva e le abilità di autoregolazione emotiva (Barkley & Murphy 2010, 2011).

 

Alterazioni neurotrasmettitoriali

Alcuni studi hanno riscontrato un livello minore di dopamina extracellulare soprattutto nelle regioni frontali in soggetti con DDAI ed è stato ipotizzato che il comportamento iperattivo di persone con DDAI sia finalizzato all’aumento del livello di dopamina (Madras et al., 2010). L’ipotesi di una correlazione tra DDAI e un’alterazione dopaminergica viene supportata da numerose ricerche scientifiche che mostrano una buona risposta (in termini di riduzione della sintomatologia) dei soggetti con DDAI a farmaci stimolanti (Solanto M.V., 2002).

 

Altri fattori di rischio

Vi è comune accordo che alcuni fattori pre-natali e peri-natali possono essere coinvolti in un aumento del rischio di sviluppare un DDAI. Tra questi si ricordano: uso di alcool, droghe e fumo in gravidanza, complicazioni prenatali, perinatali e postnatali ed un basso peso ponderale alla nascita (APA, 2013).

 

Fattori Psicosociali

Non è stata riscontrata ad oggi una correlazione tra pattern di interazione genitoriale e sviluppo del DDAI, mentre vi sono studi che dimostrano che il tipo di interazione tra genitori/figlio con DDAI abbia un ruolo nel mantenimento/attenuazione della sintomatologia manifesta. La conclusione della letteratura fino ad oggi è che il DDAI può interferire con le relazioni sociali sia nei bambini che negli adulti con DDAI, ma che il disturbo non deriva da tali relazioni sociali ma che abbia piuttosto un’origine neurobiologica associata a rischio genetico (Barkley, 2012).

 

 

COME SI CURA

 

 

Dopo un accurato processo di valutazione multidisciplinare (Neuropsichiatra Infantile – NPI- e Psicologo) che comprende una minuziosa anamnesi individuale/patologica e familiare, esame neurologico, osservazione clinica, compilazione di test neuropsicologici e somministrazione di questionari di auto ed etero-valutazione, giunti alla diagnosi di DDAI, il trattamento che ha dimostrato possedere maggiori evidenze in termini di efficacia è un trattamento di tipo multimodale, così come indicato dalle linee guida per ADHD (Linee guida SINPIA, 2002). Tale trattamento prevede:

 

  • Intervento psico-educatico e di Potenziamento delle abilità di autocontrollo attentivo-comportamentale ed emotivo secondo un modello cognitivo-comportamentale;
  • Eventuale psicoterapia per far fronte ad aspetti che attingono più alla sfera emotiva;
  • Percorso di Parent training per genitori di figli con ADHD;
  • Inserimento di terapia farmacologica da discutere con NPI;
  • Stretta collaborazione con la scuola,

 

 

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TESTI A CURA DI:

Dott.ssa Giulia Mori
Psicologa Psicoterapeuta
(Iscrizione all’Ordine degli Psicologi della Toscana n° 6699)

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Approfondimenti

*Coming soon*

 

Bibliografia

American Psychiatric Association – APA (2013). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-5), Arlington, VA, American Psychiatric Association (trad. it. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Quinta edizione, Milano: Raffello Cortina Editore, 2014).

Barkley, R. A., & Murphy, K. R. (2010). Impairment in major life activities and adult ADHD: The predictive utility of executive function (EF) ratings vs. EF tests. Archives of Clinical Neuropsychology., 25, 157-173.

Barkley, R. A., & Murphy, K. R. (2011). The nature of executive function (EF) deficits in daily life activities in adults with ADHD and their relationship to EF tests. Psychopathology and Behavioral Assessment, 33, 137-158.

BarkleyR.A., 2012. Executive Functioning and ADHD: Nature and Assessment.

Castellanos, X., Sonuga-Barke, E., Milham, M., & Tannock, R. (2006). Characterizing cognition in ADHD: Beyond executive dysfunction. Trends in Cognitive Science, 10, 117-123.

Madras B., Miller G., De La Garza R., Dougherty D., Bonab A., Spencer T.J., Rauch S. L., Fischman A.J., 2010: “Brain Imaging of the Dopamine Transporter in ADHD”. INABIS 2000: “6th Internet World Congress for Biomedical Sciences”, February 14-25, 2000.

Milone, A. (2013). Psicopatologia e psicoterapia dei disturbi della condotta. Roma: Carocci.

Pardini, D.A., Fite, P.J. (2010). Symptoms of Conduct Disorder, Oppositional Defiant Disorder, Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder, and Callous- Unemotional Traits as Unique Predictors of Psychosocial Maladjustment in Boys: Advancing an Evidence Base for DSM-V. Journal of the American Academy of Child & Adolescent Psychiatry, Vol. 49, Issue 11, 1134–1144.

Solanto Mary V., 2002. Dopamine dysfunction in AD/HD: integrating clinical and basic neuroscience research. Behavioural Brain Research; 130; 65-7

Linee guida SINPIA, 2002. “ADHD: diagnosi & terapia farmacologiche”.