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TERAPIA METACOGNITIVA DELLE PSICOSI: Le applicazioni cliniche della “Metacognitive Reflection and Insight Therapy” alle Psicosi e al Cluster A

TERAPIA METACOGNITIVA DELLE PSICOSI:

Le applicazioni cliniche della “Metacognitive Reflection and Insight Therapy” alle Psicosi e al Cluster A

 

* WEBINAR IN DIRETTA CON PAUL LYSAKER *

 

RAZIONALE DEL CORSO

 

Un corpus crescente di ricerche suggerisce che la maggior parte dei pazienti con diagnosi di psicosi sperimenta deficit metacognitivi ovvero deficit nella capacità di formare idee integrate su sé stessi e gli altri. Conseguentemente, possono avere difficoltà a formare idee flessibili e differenziate sulle sfide che devono affrontare e su come gestirle nel modo più efficace e riguadagnare il proprio benessere.

A partire dalle evidenze raccolte in tale ambito, si è sviluppata una nuova forma di psicoterapia con l’obiettivo di promuovere le capacità metacognitive negli adulti con psicosi e con disturbi di personalità del Cluster A. Denominato Metacognitive Reflection and Insight Therapy o MERIT, questo approccio integrato ha lo scopo di fornire ai professionisti le competenze per implementare e orientare il loro intervento.

L’obiettivo primario è quello di aiutare i pazienti a dare un significato personale e complesso alle sfide che affrontano e decidere come gestirle attivamente e divenire loro stessi promotori del proprio cambiamento. Il workshop presenterà imoduli dell’intervento e la ricerca a sostegno della MERIT, con particolare riferimento alle sueapplicazioni cliniche tramite videoregistrazioni di sedute e discussione di casi.

 

CONTENUTI DEL CORSO

 

  • Il concetto di metacognizione: definizioni, presupposti e applicazione cliniche
  • Valutazione della metacognizione con la scala MAS-A (Metacognitive Assessment Scale Abbreviated)
  • Gli otto moduli della MERIT
  • Evidenze a supporto dell’uso della MERIT

 

 

OBIETTIVI FORMATIVI

 

  • I partecipanti saranno in grado di concettualizzare come i deficit metacognitivi siano di ostacolo al recupero dalla psicosi; 
  • I partecipanti saranno in grado di utilizzare un sistema per la valutazione della metacognizione all’interno della pratica clinica; 
  • I partecipanti saranno in grado di applicare gli otto moduli base della MERIT e promuovere le capacità metacognitive all’interno delle sessioni con i propri pazienti.

 

 

PAUL LYSAKER

 

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Paul H. Lysaker è uno psicologo clinico presso il Roudebush VA Medical Center e professore di psicologia clinica presso il Dipartimento di Psichiatria della Indiana University School of Medicine, negli Stati Uniti.

Ha pubblicato oltre 450 articoli su riviste peer-reviewed, decine di capitoli, numerosi libri ed è uno scienziato attivo a livello internazionale nel campo della psicopatologia clinica. 

La traduzione italiana del manuale della MERIT è stata pubblicata da Franco Angeli (Lysaker & Klion, Terapia Metacognitiva delle Psicosi).

 

 

ISCRIZIONI

 

Il corso è aperto a psicologi specializzandi in psicoterapia, psicoterapeuti, psichiatri e medici specializzandi in psichiatria.

Il costo è di euro 90+IVA (euro 110).

Per iscriverti:

 

Le iscrizioni sono aperte fino al 9 luglio 2020. 

Per il corretto svolgimento del corso è necessario disporre di una buona connessione internet e di un dispositivo audio-video.

 

 

ALTRE INFORMAZIONI

 

Il corso si svolge in modalità Webinar (in diretta) sulla piattaforma Zoom (clicca qui per maggiori informazioni); gli iscritti riceveranno tramite email le istruzioni per accedere.

Sono stati richiesti 4,5 crediti ECM.

L’orario previsto per il corso è dalle ore 15 alle ore 19:30.

Al termine del corso verrà rilasciato l’attestato di partecipazione.

È prevista la traduzione simultanea dall’inglese all’italiano e dall’inglese allo spagnolo (è possibile scegliere quale canale audio seguire). 

Per maggiori informazioni scrivi a info@tagesonlus.org o chiamaci al numero 055-679037.

L’evento è organizzato da Tages Onlus, Tages Recovery e APC/SPC, in collaborazione con ASEPCO, MÁSTER EN TERAPIA COGNITIVO SOCIAL dell’Università di Barcellona e ITA.

 

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  • Clicca QUI per scaricare la locandina

 

 

 

“CIO’ CHE NON MI UCCIDE, MI RENDE PIU’ FORTE”: IL POST-TRAUMATIC GROWTH

Citazione consigliata: Brussa, C. (2019). “Ciò che non mi uccide, mi rende più forte”: il Post-Traumatic Growth. [Blog Post]. Retrieved from: https://www.tagesonlus.org/2019/04/12/post-traumatic-growth

 

È di Friedrich Wilhelm Nietzsche la frase “ciò che non mi uccide, mi rende più forte”, tratta dal Crepuscolo degli Idoli del 1888. Forse il celebre filosofo tedesco non aveva tutti i torti.

Vi è mai capitato di incontrare qualcuno sopravvissuto ad un evento potenzialmente traumatico e stressante, come può essere un tumore, e sentirlo pronunciare frasi come “il cancro è la cosa migliore che mi sia mai capitata”? Persone che in seguito ad un’esperienza avversa hanno ripreso in mano la propria vita, cambiando le proprie priorità, magari iniziando a girare il mondo o dandosi al volontariato.

È un fenomeno più comunque di quanto si pensi: non è raro ormai constatare che per molte persone, il fatto di dover far fronte ad un trauma, costituisca una spinta al cambiamento e un’occasione di crescita personale.

Per questo motivo, in parallelo agli studi sul Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD) – a cavallo tra gli anni ’80 e gli anni ’90 – ha iniziato a delinearsi un’area di ricerca sul Post-Traumatic Growth (PTG) o Crescita Post-Traumatica, volta ad indagare gli aspetti positivi che possono derivare da eventi potenzialmente traumatici come appunto la diagnosi di gravi malattie, un infarto, incidenti automobilistici, ma anche abusi sessuali o disastri naturali (Perdighe, 2010).

Il PTG è un costrutto derivante dalla teoria che cerca di spiegare i risvolti positivi che possono seguire un’esperienza traumatica, come per esempio un nuovo apprezzamento per la vita, un ritrovato senso di forza personale o un nuovo focus su come poter aiutare gli altri. Gli autori di questa teoria sono gli psicologi Richard Tedeschi e Lawrence Calhoun (1996), gli stessi che hanno coniato successivamente il termine Post-Traumatic Growth per intendere quel cambiamento psicologico positivo che risulta da una lotta contro circostanze di vita altamente impegnative e sfidanti (Collier, 2016).

Tedeschi e Calhoun hanno individuato cinque dimensioni su cui agisce la crescita post-traumatica: (i) una dimensione sociale, che fa riferimento alla vicinanza con gli altri; (ii) una dimensione cognitiva che rimanda al sentirsi più forte e più capace di risolvere i problemi; (iii) una componente emotiva, la quale include una maggiore compassione per il dolore degli altri e una migliore espressione di emozioni e sentimenti; (iv) una dimensione fisica, ad esempio l’assunzione di uno stile di vita più sano; (v) infine una dimensione spirituale, che fa riferimento al cambiamento nelle priorità della vita. Partendo da queste cinque dimensioni i due psicologi hanno ideato il Post-Traumatic Growth Inventory (PTGI), una scala composta da 21 item che misura i risultati positivi riportati dalle persone che hanno affrontato esperienze negative ed avverse (Cormio, Muzzatti, Romito, Mattioli, & Annunziata, 2016).

Spesso il termine PTG viene erroneamente confuso con il costrutto di resilienza, ma si tratta di due concetti differenti. In psicologia, la resilienza è l’abilità di far fronte in modo positivo a traumi e difficoltà; il PTG invece fa riferimento a ciò che può accadere quando qualcuno che ha difficoltà a reagire e ad affrontare le difficoltà o le esperienze traumatiche cerca di resistere alla sofferenza psicologica con tutte le sue forze, fino a che alla fine non trova un senso di crescita personale. È un processo che richiede molto tempo, energie ma anche sofferenza. Una persona resiliente non sperimenterà alcuna crescita post-traumatica perché non deve intraprendere quell’estenuante lotta per reagire che invece deve affrontare chi è poco resiliente. È importante dunque riconoscere che non è l’evento traumatico in sé a condurre alla crescita personale, ma il grande sforzo teso a contrastarlo (Collier, 2016).

Proviamo a considerare come evento traumatico il cancro. La letteratura scientifica è ormai d’accordo nel considerare la diagnosi di tumore e il suo trattamento come fattori altamente stressanti e potenzialmente traumatici. Le risposte emotive ad un’esperienza del genere spaziano dalla paura, alla tristezza, alla rabbia, all’ansia, alla depressione. Proprio per questo motivo, a partire dal DSM- IV-TR, i criteri diagnostici del PTSD sono stati estesi e oggi troviamo tra essi anche la diagnosi e il trattamento di malattie minacciose per la vita tra i fattori stressanti in grado di elicitare un disturbo da stress post-traumatico (Cordova, Riba, & Spiegel, 2017).

In linea con il modello di Tedeschi e Calhoun, l’evento traumatico scuote molto profondamente il modo di essere pre-traumatico, distruggendo il senso di sicurezza e di invulnerabilità dell’individuo. Dopo questo terremoto emozionale, inizia l’attività di ruminazione (Cormio et al., 2016). La ruminazione è il processo per cui i pensieri legati al trauma si ripresentano continuamente e in modo intrusivo nel corso delle attività quotidiane della persona: l’aspetto costruttivo di tale fenomeno consiste nella ricerca di un significato per quanto è successo e l’attenzione ai cambiamenti del sé (Perdighe, 2010).

Questo costrutto è applicabile anche al cancro, come evento traumatico che irrompe nella vita e nel funzionamento di una persona. Gli schemi, gli assunti di base riguardanti il sé, gli scopi, le credenze sul mondo, vengono infranti. E il primo passo nella direzione di una rielaborazione positiva del trauma è proprio il riconoscere che quegli schemi, quegli assunti, quegli scopi, hanno perso valore e significato (Perdighe, 2010). Molti sopravvissuti al cancro riportano di aver in qualche modo beneficiato dell’esperienza capitatagli. Per questo motivo il PTG è stato studiato in diverse popolazioni di persone sopravvissute al cancro, e sono emersi numerosi moderatori e fattori associati.

In uno studio condotto in Italia da Cormio e colleghi (2016) sono stati considerati 540 partecipanti sopravvissuti ad un tumore. Lo scopo di tale studio consisteva nel determinare la presenza del PTG in un campione abbastanza numeroso di persone sopravvissute al cancro (con almeno dieci anni di assenza di malattia) e di esplorare l’associazione tra il PTG e diverse variabili demografiche, cliniche e psicologiche. Tra tutte le variabili considerate, quelle più strettamente correlate con il Post- Traumatic Growth sono state supporto sociale percepito, età, livello di istruzione e impiego. In particolare, i partecipanti più giovani, con livelli di istruzione più elevati, con un impiego e con un’assenza totale di segni di malattia da almeno dieci anni hanno riportato i punteggi più alti al PTGI. Non è stata trovata invece alcuna correlazione con il livello di distress.

Altri fattori che sembrano influenzare in positivo questo processo sono la valutazione dell’evento in termini di sfida personale e variabili di personalità quali estroversione, coscienziosità, conformismo, autostima, apertura alle esperienze, ottimismo e auto-efficacia. Tratti come il nevroticismo invece influiscono negativamente (Perdighe, 2010).

Ricerche più recenti hanno portato alla luce un ulteriore aspetto del Post-Traumatic Growth: una distinzione tra PTG reale e PTG percepito. La questione sorge dal sospetto che la sensazione di crescita personale post-traumatica riportata dalle persone (quindi self-report) possa essere addirittura illusoria. Studi condotti nell’ambito della memoria autobiografica hanno infatti riscontrato una tendenza generale delle persone a percepire sé stessi come migliorati nel corso del tempo: se un individuo fa esperienza di eventi stressanti o traumatici, è facile per lui o lei attribuire erroneamente la naturale percezione di crescita che ha di sé stesso nel corso del tempo come un risultato diretto di quegli eventi stressanti e traumatici (Boals, Bedford, & Callahan, 2018).

Boals e colleghi (2018) hanno condotto un interessante studio in merito, confermando il fatto che il PTG ha due diverse facce: una costruttiva di reale crescita personale, e una illusoria come tentativo

di coping. Ciò non toglie che anche il PTG percepito possa portare dei benefici: nel caso in cui esso risulti in una strategia di coping, anziché in un vero e sofferto processo di crescita personale, è comunque in grado di alleviare la sofferenza della persona, anche se è un sollievo a breve termine.

In conclusione, nonostante la natura duale di questo fenomeno, il Post-Traumatic Growth rimane un costrutto estremamente interessante sia nella teoria che nella pratica clinica. Sapere che a degli eventi catastrofici, stressanti e traumatici è possibile reagire in modo positivo fa ben sperare che il PTG possa essere approfondito e magari implementato all’interno di una psicoterapia, andando a far leva sulle variabili e sui fattori protettivi emersi dai vari studi, in modo tale da poter accompagnare la persona nel suo percorso di crescita personale. È quindi auspicabili che la letteratura scientifica continui a muoversi in questa direzione, con studi longitudinali e su campioni più numerosi, così da poter ottenere maggiori informazioni e poter sfruttare al massimo questa incredibile capacità umana.

 

Dott.ssa Clara Brussa

Tirocinante presso Tages Onlus 

 

 

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA:

Arnedo, C. O., Sànchez, N., Sumalla, E. C., Casellas-Grau, A. (2019). Stress and Growth in Caner: Mechanism and Psychotherapeutic Interventions to Facilitate a Constructive Balance. Frontiers in Psychology, 10, 1-12. Doi: 10.3389/fpsyg.2019.00177

Boals, A., Bedford, L. A., Callahan, J. L. (2018). Perceptions of Change after a Trauma and Perceived Posttraumatic Growth: A Prospective Examination. Behavioral Sciences 2019, 9, 10 1-12. Doi: 10.3390/bs9010010

Collier, L. (2016). Growth after trauma. Retrieved from https://www.apa.org/monitor/2016/11/growth-trauma

Cordova, M. J., Riba, M. B., Spiegel, D. (2017). Post-traumatic stress disorder and cancer. Lancet Psychiatry, 4, 330-338. Doi: 10.1016/S2215-0366(17)30014-7

Cormio, C., Muzzatti, B., Romito, F., Mattioli, V., Annunziata, M. A. (2016). Posttraumatic growth and cancer: a study 5 years after treatment end. Support Care Cancer 2017, 25, 1087- 1096. Doi: 10.1007/s00520-016-3496-4

Perdighe, C., & Mancini, F. (2010). Elementi di Psicoterapia Cognitiva (pp. 152-154). Roma: Giovanni Fioriti Editore.

Incontro con l’autore – Antonio Onofri

“Il lutto. Psicoterapia cognitivo-evoluzionista e EMDR”

 

di A. Onofri e C. La Rosa

 


Il dott. Antonio Onofri presenta il suo lavoro attraverso il quale ha affrontato il delicato tema del lutto e della perdita, offrendo ai lettori uno strumento di intervento clinico basato sull’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) che include scale di valutazione, criteri diagnostici e protocolli di intervento. Il testo fornisce inoltre interessanti spunti di riflessione sull’importanza delle relazioni per l’essere umano, tanto fondamentali da superare la fine della vita.

L’evento fa parte di un ciclo di incontri dedicati alla presentazione di testi di recente uscita ed inerenti la psicologia e la psicoterapia.


La partecipazione è gratuita ma è necessaria l’iscrizione scrivendo una email a info@tagesonlus.org oppure compilando il form di iscrizione.

Il numero di posti è limitato.

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Antonio Onofri

Cecilia La Rosa

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