Il legame nascosto tra perfezionismo e suicidicio

Citazione Consigliata: Cheli, S. (2020). “Il legame nascosto tra perfezionismo e suicidio” [Blog Post]. Retrieved from: https://www.tagesonlus.org/2020/08/08/legame-tra-perfezionismo-e-suicidio

Era una ragazza giovane, molto ben vestita e curata. Parlava con grazia, scegliendo le parole con attenzione, senza accento e senza far trasparire alcuno sforzo nel presentarsi in tal modo. Per i primi minuti, a guardare dall’esterno la scena, avrei dato per scontato di esser io il cliente e lei la terapeuta. Riportava solo alcune problematiche legate a una certa stanchezza nel confrontarsi con la sua carriera universitaria e una progressiva mancanza di interesse per il suo futuro professionale. Quasi che la richiesta fosse una sorta di career coaching. Stava affrontando un giro di boa nel suo percorso di studio e piano piano questo ridotto interesse sembrò emergere come un dubbio sul voler cambiare vita, scegliere tutt’altro.

Avvertii qualcosa che contrastava con questa immagine. E pensai di tastare il terreno validando quelli che, seppur celati, mi sembravano sforzi non da poco da lei sostenuti. Sembrò apprezzare che con un tono pacato dicessi la mia su quanto alcuni episodi che riportava suonassero alle mie orecchie come sfiancanti se non opprimenti. Scelse di tornare una seconda volta per concludere l’assessment strutturato che facciamo di routine in studio. La compilazione dei questionari e l’intervista che ne seguì era per lei segno di interesse e organizzazione nel comprendere la sua richiesta. Ed infine, anticipando che quando ci sentiamo sovraccaricati è possibile arrivare a questo, chiesi se avesse mai pensato al suicidio o a farsi del male. Quel che emerse fu che la decisione di accedere al nostro studio era nata da una ricorrente ideazione suicidaria e da un tentativo che era stato interrotto, probabilmente solo per cause esterne.

Siamo soliti associare l’ideazione e il comportamento suicidario ad un cliché psicologico di disregolazione emotiva e disorganizzazione cognitiva, forse perché questa immagine è per noi più confortante. Ci passa l’idea che odiare se stessi o la propria vita sino al punto di formulare simili pensieri ricada nell’estremamente-anomale-e-bizzaro, se non nel regno del non-pronunciabile. E tanto più ci convinciamo di questo, tanto più rischiamo di ridurre l’efficacia del concettualizzare e intervenire terapeuticamente.

Paul L. Hewitt ha più volte rimarcato come in personalità caratterizzate da ricorrente perfezionismo un approccio direttivo e non ben ponderato all’analisi del tema è solitamente controproducente: le persone tendono a mascherare tale ideazione, vivendo come riprova della loro inadeguatezza l’esser scoperte o l’aver fallito nel tentativo (Hewitt, Flett & Mikail, 2017, p. 224). Sin dalle formulazioni di Sidney Blatt (1995) sul perfezionismo autocritico come epifenomeno di una personalità introiettiva, si è cercato di sviluppare concettualizzazioni e interventi specifici per persone con caratteristiche internalizzanti a rischio di suicidio. Se Blatt si focalizzò su persone ad alto funzionamento come la persona che ho precedentemente descritto, Hewitt e colleghi hanno ampliato enormemente il raggio della concettualizzazione includendo tratti e componenti interpersonali e intrapersonali assai diversi. Ed infatti perfezionismo non è assolutamente sinonimo di alta performance. In due studi, uno su professori universitari (Sherry et al., 2010) e uno su bambini in età scolare (Stornelli et al., 2009),  emerse come le persone maggiormente perfezioniste erano quelle con la più bassa performance.

Come spieghiamo tutto questo? Innanzitutto concettualizzando il perfezionismo non semplicemente come un insieme di coazioni stereotipiche, ma bensì come una complessa organizzazione di personalità (per una rassegna delle varie concettualizzazioni si veda Cavalletti, 2019). Merito di questa rivisitazione del costrutto va indubbiamente a Hewitt che con numerose ricerche cliniche e sperimentali ha confermato come il perfezionismo sia uno stile di personalità sempre maladattivo che si articola in tratti, strategie di auto-presentazione e cognizioni automatiche (Cavalletti & Cheli, 2019).

Ma torniamo al legame tra perfezionismo e suicidio. Se nel corso della mia vita ho sviluppato delle modalità ricorrenti con cui mi relaziono a me stesso e agli altri caratterizzate da vergogna, colpa e autocritica nel mostrare mie imperfezioni e/o nel non raggiungere sempre elevati standard. E se nel far questo ho anche automatizzato che tale pattern non sia niente di speciale, ma bensì dovuto e necessario per star al mondo degnamente, allora le cose possono davvero complicarsi. Posso odiare me stesso ogni volta che non raggiungo tali standard o se li raggiungo ma con uno sforzo eccessivo. Posso pensare che un solo errore che si manifesta anche solo a me stesso distrugga per sempre ogni mia credibilità. E posso convincermi che niente mi è dovuto, né professionalmente né personalmente, e che dunque tutto questo sforzarsi sia l’unico modo per tenermi a galla, almeno un pò visibile agli occhi degli altri (Cheli & Mancini, 2020).

Tutte queste pressioni sia auto- che etero-indotte possono trasformare l’ideazione e la pianificazione di un suicidio in una drammatica e risolutoria via di uscita. Quel che sappiamo dai dati esistenti in letteratura conferma tali riflessioni cliniche. Due estensive meta-analisi (Flett et al., 2014: Smith et al., 2018) hanno dimostrato che le persone con tratti perfezionistici mostrano rischi elevati di ideazione e comportamenti suicidari. Sebbene il perfezionismo socialmente prescritto (ovvero la credenza che gli altri esigano da noi la perfezione) risulti come la componente di tratto che predice maggiormente tale rischio, 13 su 15 delle misure perfezionistiche utilizzate in letteratura correlano con l’ideazione suicidaria (Smith et al., 2018). Inoltre, alcune caratteristiche specifiche, come la tendenza al mascheramento dell’ideazione e l’attenta pianificazione del tentativo, rendono lo stile di personalità perfezionistico estremamente “letale” quando manifesta rischi suicidari (Flett et al., 2014).

Tutti questi dati raccolti primariamente dal Perfectionism and Psychopathology Lab hanno favorito un’attenta revisione sia della concettualizzazione delle personalità a rischio suicidario, sia delle indicazioni cliniche specifiche per fronteggiare tale rischio. Senza voler certo riassumere tale complessità in un post, mi limiterò a riportare alcune riflessioni conclusive. Primo, il suicidio non è una scelta priva di senso. E’ la risultante di complessi significati caratterizzati da sofferenza psicologica e da una convinzione progressivamente più soffocante di non poter trovare requie se non con un gesto estremo. I clinici che scelgono di approcciarsi a tali tematiche devono svestirsi di tutti i loro belief e mostrare un sincero interesse a comprendere il senso di tale scelta. Secondo, non esiste una personalità suicidaria. Esistono molte organizzazioni di personalità che possono per casi, scelte e contesti vivere l’esperienza dell’ideazione suicidaria. Terzo, lo stile di personalità perfezionistico, caratterizzato da un senso soverchiante di richieste auto- ed etero-indotte a perseguire standard spesso irraggiungibili e mai vissuti come realmente propri, può portare ad un rischio rilevante. Quarto, tale rischio deve essere affrontato attraverso una presenza empatica e assolutamente non giudicante, per offrire un’alternativa all’onnipresente e inesorabile antitesi perfezione-imperfezione. Ricordandoci sempre che né l’etichetta di perfezionismo, né quella di suicidio bastano certo a spiegare una persona.

 

Simone Cheli

Presidente e Fondatore di Tages Onlus

 

 

Bibliografia

Blatt, S. J. (1995). The destructiveness of perfectionism: Implications for the treatment of depression. American Psychologist, 50(12), 1003–1020.

Cavalletti, V. (2019). Il perfezionismo: inquadramenti teorici e approcci alla cura. [Blog Post]. Retrieved from: https://www.tagesonlus.org/2019/01/06/il-perfezionismo

Cavalletti, V., & Cheli, S. (2019). Paul L. Hewitt: Perfectionism. A Dynamic-Relational Approach to Conceptualization, Assessment and Treatment – Report dal Workshop di Bergamo, 25 Maggio [Blog Post]. Retrieved from: https://www.stateofmind.it/2019/06/hewitt-perfezionismo-report/

Cheli, S., & Mancini, F. (2020). When kindness falls apart: The disrupting effect of dependency, perfectionism, and narcissism in adjusting to cancer. Psycho-oncology29(3), 579–581.

Flett, G. L., Hewitt, P. L., & Heisel, M. (2014). The destructiveness of perfectionism revisited: Implications for the assessment of suicide risk and the prevention of suicide. Review of General Psychology, 18(3), 156–172.

Hewitt, P.L., Flett, G.L., & Mikail, S.F. (2017). Perfectionism: A Relational Approach to Conceptualization, Assessment, and Treatment. The Guilford Press (Edizione Italiana: “Perfezionismo” A cura di Cavalletti & Cheli, Fioriti Editore, In press).

Sherry, S. B., Hewitt, P. L., Sherry, D. L., Flett, G. L., & Graham, A. R. (2010). Perfectionism dimensions and research productivity in psychology professors: Implications for understanding the (mal) adaptiveness of perfectionism. Canadian Journal of Behavioural Science/Revue canadienne des sciences du comportement, 42(4), 273–283.

Smith, M. M., Sherry, S. B., Chen, S., Saklofske, D. H., Mushquash, C., Flett, G. L., & Hewitt, P. L. (2018). The perniciousness of perfectionism: A meta-analytic review of the perfectionism-suicide relationship. Journal of personality86(3), 522–542.

Stornelli, D., Flett, G. L., & Hewitt, P. L. (2009). Perfectionism, achievement, and affect in children: A comparison of students from gifted, arts, and regular pro- grams. Canadian Journal of School Psychology, 24(4), 267–283.

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