I Nostri Reportage: Incontro con Antonio Onofri
Citazione Consigliata: Tages Onlus (2017). I Nostri Reportage: Incontro con Antonio Onofri [Blog Post]. Retrieved from: https://www.tagesonlus.org/2017/05/10/i-nostri-reportage-incontro-con-antonio-onofri/
“Nessuno mi aveva mai detto che il dolore assomiglia tanto alla paura. Non che io abbia paura: la somiglianza è fisica. Gli stessi sobbalzi dello stomaco, la stessa irrequietezza, gli sbadigli. Inghiotto in continuazione. Altre volte è come un’ubriacatura leggera, o come quando si batte la testa e ci si sente rintronati. Tra me e il mondo c’è una sorta di dolore invisibile. Fatico a capire il senso di quello che mi dicono gli altri. O forse, fatico a trovare la voglia di capire. È così poco interessante. Però voglio dei momenti in cui la casa è vuota. Ma vorrei che parlassero fra loro e non con me”. (Lewis, 1990)
Non è comune ascoltare riflessioni sul dolore umano della perdita che permettano a chi ascolta di intravedere naturalezza e speranza, senza banalizzare la fatica del lutto e il cordoglio che caratterizza l’assenza di una persona cara che abbiamo perso. L’incontro con Antonio Onofri presso Tages Onlus per la presentazione del libro Il lutto – Psicoterapia cognitivo evoluzionista e EMDR è stato proprio questo. Un libro in cui gli Autori, con straordinaria semplicità e delicatezza, sono riusciti a presentare al pubblico un tema tanto comune quanto poco affrontato dalla manualistica specialistica nazionale. Nel libro trovano spazio un’articolata e completa trattazione dei modelli teorici del lutto fisiologico e complicato (da Bowlby, con il terzo volume della sua trilogia, all’approccio EMDR, passando per Parkes, i teorici del trauma e dello stress e non per ultimi i teorici evoluzionisti), i fattori psicologici intrapersonali e trasgenerazionali che determinano l’evoluzione del percorso del lutto, gli strumenti di valutazione da utilizzare e i modelli clinici di intervento.
Il lutto è una delle poche certezze della vita. Si nasce e si muore. Eppure questo fatto così naturale è stato nel tempo privato della sua dimensione fenomenologica: la morte è diventata un tabù, qualcosa di innominabile, della quale il morente è del tutto spossessato, come se fosse un minore (Aries, 1975). Non se ne parla, come se parlandone potessimo esercitare un’illusione di controllo su ciò che controllabile non è, come se la narrazione rendesse la morte un qualcosa di più imminente.
Se la nostra società va in questa direzione e tenta di ridurre il lutto a un peso da cui ci si deve liberare il più velocemente possibile (sacrificando anche i rituali del cordoglio) Onofri e La Rosa ci invitano invece a riflettere sulla sua natura processuale e ritualistica; sul tempo necessario al sopravissuto per prendere atto della perdita e per fare pace col fatto che niente sarà più come prima. Al di là delle differenze antropologiche o culturali, il lutto è inequivocabilmente un processo biologico con radici evoluzionistiche e precise comunanze nei termini di reazioni fisiologiche, cognitive, emotive e comportamentali.
Come si reagisce a una perdita? Si è soliti descrivere le vicende soggettive che seguono il lutto come un susseguirsi di fasi.
La prima fase è quello dello stupore e dell’incredulità: il dolore è così forte e così intollerabile che ci si deve difendere attraverso una forma di dissociazione. Ci si sente divisi in due, costituiti da una parte apparentemente normale (ANP) che sbriga faccende burocratiche e fa finta di niente, e una parte emotiva (EP) che deve fare i conti con la realtà, con l’inintellegibile dolore della perdita. Inintellegibile perché, come sottolinea Onofri, non si può mentalizzare ciò che non è, il non-essere. La nostra mente non coglie la negazione; non si tratta di tentare un maggiore sforzo intellettuale né di chiamare in causa qualche filosofo. Ciò che non è non è concepibile per l’uomo.
Dopo qualche settimana, chi è in lutto sperimenta definitivamente la realtà della perdita, la sua irreversibilità. È a questo punto che si attiva il sistema dell’attaccamento e che si mette in atto il comportamento congruo con tale attivazione: la ricerca della persona amata. Tale ricerca è spasmodica, spesso vissuta come assurda (“so che è stupido pensare che fosse lui ad aver sonato il campanello…”), ma è un “moto verso” che non si placa di fronte alle barriere della razionalità. Siamo nel pieno della seconda fase, quella dello struggimento.
La terza fase è caratterizzata dalla disperazione e dall’attivazione del sistema dell’accudimento. L’umore è depresso per la certezza della perdita ma si trova consolazione nell’ accudire il ricordo della persona cara. Che si passi la giornata a pulire la tomba o si inquadrettino foto del passato, il comportamento di cura fa da padrone in questa fase.
La letteratura sull’argomento in modo unanime sottolinea come il susseguirsi di queste fasi non sia sequenziale. È più un percorso a spirale, in cui si “sale” e si “scende” fino a che non si trova una stabilità. Per dirlo con le parole di Lewis: “a volte ti trovi di fronte lo stesso paesaggio che pensavi di esserti lasciato alle spalle chilometri prima e allora ti chiedi se la valle non sia una trincea circolare … ma no, ci sono ritorni parziali ma la sequenza non si ripete”.
La quarta fase della fisiologia del lutto è quella della riorganizzazione (e quindi della risoluzione). In questa fase il comportamento di ricerca e la disperazione tipiche di momenti precedenti lasciano spazio all’esplorazione del mondo senza la persona cara. Il lavoro, in questa fase, consiste nel creare nuove routine, nel percorrere nuove strade, o la stessa strada ma con occhi e obiettivi diversi da prima. La resistenza alla separazione dalla persona defunta e la sua incessante ricerca si trasformano. La relazione persa viene interiorizzata. Non c’è la paura di perderla né quella che si affievoliscano i ricordi perché c’è la consapevolezza che la relazione è viva per mezzo di se stessi e del proprio modo di vivere.
E se la fisiologia diventa patologia? Quando si parla di lutto complicato? Onofri sottolinea come la caratteristica principe del lutto complicato sia quella di non mentalizzare il carattere definitivo della perdita. La persona in lutto non solo non riesce a far ripartire la propria vita, a chiudere in modo sereno, seppur talvolta nostalgico, con il passato. Anzi. È bloccata in reazioni primitive di ricerca e rabbia, di allarme, e anche le parole che usa (per esempio i verbi al tempo presente per riferirsi alla persona defunta) fanno intendere come la morte abbia rappresentato un trauma non risolto. In questi casi è importante un intervento terapeutico che lavorando su un duplice piano, mentale e corporeo, possa favorire l’elaborazione dell’evento traumatico. Nel volume sono esposti due possibili orientamenti terapeutici (oltre alla psicoeducazione e agli interventi di sostegno), la psicoterapia cognitivo evoluzionista e l’EMDR, del il quale viene descritto il protocollo specifico da applicare al lutto. Indipendentemente dall’approccio utilizzato, appare chiaro come il lavoro terapeutico debba essere il mediatore che consente alla mente di proseguire l’elaborazione e la presa di coscienza della morte; come si debbano aiutare le persone a ricostruire identità e progettualità e come la vera meta sia rappresentata dalla possibilità di sperimentare il proseguimento di un rapporto di amore pur nell’assenza fisica dell’amato.
“Credevo di poter descrivere uno stato, fare una mappa dell’afflizione. Invece l’afflizione si è rivelata non uno stato, ma un processo. Non le serve una mappa ma una storia, e se non smetto di scrivere questa storia in un punto del tutto arbitrario, non vedo per quale motivo dovrei mai smettere”
Lo Staff di Tages Onlus
Bibliografia
Aries, P. (1975) Storia della morte in occidente: dal Medioevo ai nostri giorni. Milano, Biblioteca universale
Bowlby (1980): Attachment and Loss. Vol. 3: Loss, Sadness and Depression, Basic Books, New York. Tr. It.: Attaccamento e perdita, vol. 3. Boringhieri, Torino 1983.
DiMaggio, G., Conti C. Il lutto. Psicoterapia cognitivo-evoluzionista e EMDR (2015) – Recensione
Retrived: http://www.stateofmind.it/2015/09/lutto-psicoterapia-emdr/ http://www.stateofmind.it/2015/09/lutto-psicoterapia-emdr/
Lewis, C.S. (1990). Diario di un dolore. Torino: Adelphi
Onofri, A. & Dantonio T. (2009). La terapia del lutto complicato: interventi preventivi, psicoeducazione, prospettiva cognitivo-evoluzionista, approacio EMDR. Retrived from: fhttp://www.antonioonofri.it/includes/20093_ONOFRI_DANTONIO_LUTTO_COMPLICATO_Psicobiettivo.pdf
Onofri, A., La Rosa C. (2015). Il lutto – Psicoterapia cognitivo evoluzionista e EMDR. Roma: Giovanni Fioriti Editore.
Parkes C. M. (2001). Bereavement: studies of grief in adult life (3rd ed.), Taylor e Francis, 12 Philadelphia