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CHE COS’È

 

 

LA DIAGNOSI

 

Secondo il “Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali” (ultima edizione DSM-5; APA, 2013), il disturbo d’ansia sociale, o anche denominato fobia sociale, è caratterizzato da forte ansia nel soggetto in situazioni sociali nelle quali c’è l’aspettativa di essere giudicati in modo negativo dagli altri. Nel DSM-5 vengono proposti i criteri diagnostici per il disturbo d’ansia sociale. Tra i principali emergono le seguenti tematiche:

  • Paura o ansia intense relative a una o più situazioni sociali in cui la persona è esposta al possibile giudizio degli altri;
  • L’individuo teme di agire in modo tale o manifestare sintomi di ansia che saranno valutati negativamente;
  • Le situazioni sociali temute provocano quasi sempre paura o ansia, e vengono evitate o sopportate con paura o ansia;
  • La paura o l’ansia sono eccessive rispetto alla reale minaccia posta dalla situazione sociale;
  • La paura, l’ansia o l’evitamento devono persistere da almeno 6 mesi.

 

 

COME SI PRESENTA

 

 

Ciò che contraddistingue un adolescente con disturbo d’ansia sociale sono i forti vissuti di vergogna che sperimenta in contesti e in interazioni sociali che per un osservatore esterno risulterebbero apparentemente banali. Per tale motivo, l’adolescente cerca di evitare qualsiasi circostanza che possa metterlo a confronto con persone che non conosce. L’interazione con persone conosciute (es. familiari ed amici) non sembra compromessa.

Dietro la vergogna si cela un tema di giudizio degli altri verso di Sé. Proprio per questo, l’individuo si tutela e controlla il giudizio dell’altro tramite la non esposizione alla situazione e senza manifestare quello che pensa (livello cognitivo) e/o sente (livello emotivo).

Tale spiegazione rende evidenti quali siano i principali indicatori del disturbo d’ansia sociale, ovvero l’evitamento della situazione percepita come problematica e i sintomi somatici, tra i quali quello caratteristico è il rossore.

 

PREVALENZA E IPOTESI EZIOLOGICHE

 

 

Tale disturbo esordisce tipicamente in preadolescenza (12-13 anni), quando l’individuo inizia a confrontarsi e a sperimentarsi maggiormente con il gruppo dei pari e la struttura del pensiero diventa più astratta. In adolescenza, si registrano più casi nelle femmine rispetto che nei maschi.

La fobia sociale può svilupparsi a seguito di un’esperienza particolarmente umiliante vissuta, solitamente, nel gruppo dei pari. Se non riconosciuto e debitamente tratto, il disturbo d’ansia sociale può portare ad alti livelli di abbandono scolastico e a ritiro sociale.

 

 

COME SI INTERVIENE

 

 

Il lavoro terapeutico coinvolgerà sia l’adolescente, sia i genitori anche se con modalità e tempi differenti rispetto all’infanzia. Trattandosi di adolescenti, il primo passo è la costruzione dell’alleanza terapeutica in ottica collaborativa, definendo insieme a lui i confini del setting dell’intervento. Risulterà dunque importante fin da subito condividere con il giovane la necessità di coinvolgere i propri genitori nel percorso, sottolineando come la centralità dello spazio sarà dedicata al lui. Ogni qualvolta il terapeuta abbia bisogno di un confronto con i genitori, è buona prassi condividere i contenuti e concordare le modalità di comunicazione con l’adolescente.

La letteratura scientifica conferma l’efficacia degli interventi ad approccio cognitivista per il trattamento delle problematiche della sfera ansiosa.

Le fasi dell’intervento prevedono un iniziale lavoro sulla definizione del problema da parte dell’adolescente e una ricostruzione storica del sintomo, dall’esordio alle situazioni attuali in cui si presenta. Seguirà un allenamento all’uso di schede di auto-osservazione (ABC) adoperate per analizzare le situazioni tipiche in cui emerge il disturbo (analisi funzionale del sintomo) con lo scopo di trovare il “filo conduttore” tra situazione ed espressione sintomatologica. Successivamente, viene indagando ed analizzando il funzionamento interno del paziente, emozioni e pensieri (analisi cognitiva del sintomo), nelle situazioni critiche in cui emergono i sintomi.

In un’ottica prettamente costruttivista ed evolutiva, sarà, inoltre, fondamentale capire ed esplicitare insieme all’adolescente il significato che viene dato al sintomo (indagato in senso relazionale), oltre ad aiutarlo a riformulare in termini interni il problema: sotto la vergogna giace il timore del giudizio degli altri su di sé.

Una volta ridefinito il problema in tal senso, vengono utilizzate tecniche più di natura cognitivo-comportamentale che vanno ad agire sulle specifiche componenti dell’ansia (somatico-fisiologica, cognitiva e comportamentale). Alcune tecniche utilizzate sono il rilassamento e la respirazione diaframmatica; l’esposizione (prima immaginata e poi in vivo) alle situazioni più difficili per l’adolescente da fronteggiare; il training sulle abilità sociali e di assertività; Parent Training per supportare i genitori del lavoro terapeutico dei propri figli.

 

 

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TESTO A CURA DI:

Dott.ssa Giada Fiorentini
Psicologa

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Bibliografia

American Psychiatric Association (2013). DSM-5. Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (5th ed.). Arlington, VA: American Psychiatric Publishing.

Kendall, P.C. (2012). Child and Adolescent Therapy, Cognitive-Behavioral Procedures. Fourth Edition, New York: The Guilford Press

Lebowitz, E., e Omer, H. (2013). Parent training per i disturbi d’ansia di bambini e adolescenti. Il Programma SPACE: Guida per il clinico e materiale per il genitore (edizione italiana e trad. a cura di Piacentini, D e Leveni, D.). Trento, Erickson.

Bertaccini, R e Lambruschi, F. (a cura di) (2022). Psicoterapia cognitiva dell’adolescente. Carrocci Editore, Roma.