CHE COS’È
La diagnosi
Secondo l’ultima edizione del “Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali” (DSM-5; APA, 2013), il Disturbo Narcisistico di Personalità (DNP) sarebbe caratterizzato da tre aspetti principali: la grandiosità, la necessità di ammirazione e la mancanza di empatia. Nello specifico, per fare diagnosi di questo disturbo devono essere presenti almeno cinque o più delle seguenti caratteristiche:
- Considerazione grandiosa della propria importanza; ad esempio ritiene di essere più talentuoso o più di successo rispetto agli altri, senza un’adeguata motivazione, ed ha un’opinione troppo alta di sé;
- Ha molte fantasie in merito al proprio successo, alla propria bellezza e al proprio fascino e tende a fantasticare spesso riguardo all’amore ideale;
- Ritiene di essere unico e speciale e pertanto si sente capito solo da persone “speciali” o di classe sociale elevata; ad esempio, insiste per rivolgersi solo ai massimi specialisti quando ha un problema;
- Cerca costantemente ammirazione nei suoi confronti;
- Ritiene di meritare dei privilegi, come ad esempio ricevere trattamenti di favore o vedere le sue richieste immediatamente soddisfatte; ad esempio, ha l’irragionevole aspettativa di meritare un particolare riguardo;
- Utilizza le persone con cui è in relazione per raggiungere i propri scopi; ad esempio, mette i suoi bisogni davanti a quelli degli altri;
- Non è capace di empatizzare con gli altri, ha cioè difficoltà a mettersi nei loro panni per comprendere quello che stanno provando; ad esempio, ritiene che i sentimenti e i bisogni degli altri non siano un suo problema;
- Prova invidia verso gli altri e ritiene a sua volta di essere invidiato; ad esempio, quando vede che qualcuno ha successo pensa di meritarlo di più;
- Si comporta in modo presuntuoso e arrogante; ad esempio, ritiene che poche persone siano degne del suo tempo;
Come per gli altri disturbi di personalità, tali caratteristiche devono essere pervasive (cioè inflessibili e presenti in svariati contesti, non solo in una specifica situazione), persistenti (il pattern deve essere stabile e di lunga durata) e patologiche (causa marcato disagio o compromissione del funzionamento e si discosta rispetto alle aspettative della cultura di riferimento) per rappresentare un vero disturbo della personalità. Il DNP tende ad esordire nel corso della tarda adolescenza o nella prima età adulta, ma ad ogni modo non tutti gli adolescenti con tratti narcisistici di personalità (piuttosto comuni in questa fascia di età) svilupperanno un vero disturbo. In termini di prevalenza infatti, il DNP riguarda al massimo il 6,2% della popolazione generale (APA, 2013) anche se in contesti clinici lo si riscontra tra i pazienti in percentuali che vanno dal 2% al 35% (Widiger, 2012). Il 50-75% delle persone con diagnosi di DNP sono maschi (APA, 2013).
Narcisismo e Disturbo Narcisistico di Personalità
Di sicuro quando si parla di narcisismo, un fondamentale tema riguarda il confine tra normalità e patologia. Diversi autori concordano infatti nell’affermare che ne esistano sia una forma sana che una patologica. Per alcuni il narcisismo sano, avendo caratteristiche specifiche, non rappresenta semplicemente un’attenuazione di quello patologico (Carcione & Semerari, 2017) ma piuttosto una diversa espressione di esso. Secondo altri invece possiamo collocare narcisismo sano e patologico all’interno di un unico continuum (Behary, 2012) in cui le caratteristiche del primo diventano via via più problematiche mentre ci si muove verso il polo della patologia. O ancora, il narcisismo sano potrebbe rappresentare una posizione intermedia tra senso d’inferiorità e impotenza da un lato e senso di superiorità e onnipotenza dall’altro (Lingiardi & Gazzillo, 2014). Di sicuro il narcisismo sano è, in termini di funzione, qualcosa di “adattivo”, che ci permette di mantenere un senso di continuità attraverso i successi e le sconfitte (Fossati & Borroni, 2018). In sostanza il narcisismo “normale” può essere definito come uno stile di personalità caratterizzato dalla capacità di riconoscere le proprie qualità (Lingiardi e Gazzillo, 2014) e regolare la propria autostima all’interno di un se’ integrato, dotato di un sistema di valori stabile, capace di stabilire relazioni significative e gratificanti (Kernberg, 1984). Viene definito sano poichè racchiude in sé aspetti quali la tendenza ad essere competitivi, il credere in se stessi e nelle proprie capacità, l’avere una buona consapevolezza dei propri pensieri e delle proprie emozioni ed una certa capacità di comprendere quelle degli altri, l’essere scaltri nel trattare con le persone sapendo come raggiungere i propri scopi, l’essere bravi nel mettere in buona luce se stessi e ciò che si fa, l’accettare i complimenti e le lodi con gratitudine e autocontrollo, il considerare se stessi come i migliori o i più apprezzati nei propri ambiti di vita, avere l’aspettativa di essere trattati bene in ogni circostanza, la tendenza ad essere emotivamente vulnerabili accompagnata dalla capacità di gestire abbastanza bene i giudizi negativi (Sperry, 2016). Un quadro dunque che non si delinea come qualcosa di necessariamente negativo, anzi; coinvolgenti, determinati, saggiamente temibili, alla ricerca di riconoscimento, a volte dei veri leader (Behary, 2012). Questa descrizione ci fa probabilmente pensare a diverse persone che conosciamo o di cui abbiamo sentito parlare, persone verosimilmente di successo, ammirate e che almeno in apparenza ‘funzionano’.
Quando si parla di narcisismo patologico la situazione invece si complica; in accordo con il DSM-5 (vedi sopra), il disturbo narcisistico di personalità si configura come un pattern di esperienza interna e comportamentale pervasivo, inflessibile e maladattivo, caratterizzato da senso di grandiosità, necessità di ammirazione e mancanza di empatia (APA, 2013). Nel narcisismo patologico emergono dunque caratteristiche decisamente negative, che in quello normale mancano o sono attenuate, quali la difficoltà nel costruire relazioni interpersonali, un impoverimento affettivo caratterizzato da mancanza di empatia ed autentico interesse per gli altri, un alto bisogno di riconoscimento ed un forte egocentrismo che tiene la persona concentrata sul tema del proprio valore (Carcione & Semerari, 2017). Secondo Beck, Davis e Freeman (2015) il nucleo patologico del disturbo narcisistico di personalità, seppur difficile da vedere dall’esterno, è rappresentato da credenze disfunzionali inerenti il proprio senso di inferiorità, non amabilità, debolezza e solitudine, che viene contrastato attraverso numerose strategie compensatorie, che vanno a costituire le caratteristiche osservabili della personalità. A dispetto delle apparenze, la stima di sé è infatti vacillante: pretendere ammirazione e non accettare le critiche sono le strategie principali per difenderla e ripristinarla (Lingiardi & Gazzillo, 2014). Molto di ciò che fanno i narcisisti è infatti al servizio del potenziamento o della protezione del proprio ego (Piff, 2014), arrivando a scagliarsi contro coloro che osano respingerli (Twenge & Campbell, 2003) e incolpando le altre persone per i loro fallimenti (Stucke, 2003).
Le forme del narcisismo patologico
Un numero sostanzioso di ricerche ha contribuito a identificare le caratteristiche del narcisismo patologico in termini di regolazione dell’autostima e di specifici correlati inerenti pensieri, emozioni e comportamenti verso se’ e verso gli altri (Widiger, 2012). Sono state dunque ipotizzate diverse forme di narcisismo ed in particolare sembrano ricorrere due principali presentazioni del disturbo: una forma “overt“, o manifesta, ed una forma “covert“, o nascosta (Akhtar & Thomson, 1982; Akhtar, 1989). La prima si caratterizza per grandiosità esplicita, egocentrismo, senso di superiorità e disprezzo, arroganza, relazioni instabili ed utilizzo strumentale degli altri; in questa forma la fragilità, comunque presente, viene celata alla coscienza e non mostrata all’altro e l’autostima viene regolata creando un eccessivo ed ipertrofico senso di importanza ed unicità. L’altra forma è invece caratterizzata da senso di vergogna e umiliazione, estrema sensibilità al giudizio degli altri e alle critiche, atteggiamento schivo e inibito, falsa umiltà e compiacenza; la grandiosità qui resta nascosta e si manifesta sottoforma di fantasie di rivalsa. In questo caso per regolare l’autostima, la persona ricorre all’evitamento di situazioni in cui potrebbe fallire o ricevere giudizi negativi (Carcione & Semerari, 2017; Dimaggio e Semerari, 2003; Widiger, 2012). In sostanza possiamo considerare le manifestazioni “overt” come come una versione esplicita e conscia del narcisismo, mentre quelle “covert” rappresentano il lato implicito ed inconscio del disturbo.
La suddivisione del funzionamento narcisistico patologico secondo due modalità prevalenti, viene ripresa anche da altri autori. È emerso infatti che il narcisismo vulnerabile e quello grandioso (Wink, 1991) condividono alcune caratteristiche di base quali presunzione, auto-indulgenza e disinteresse per gli altri ma il sottotipo vulnerabile sarebbe maggiormente legato a vissuti quali l’introversione, l’ipersensibilità, la reticenza sociale, il pessimismo e la vulnerabilità ai traumi della vita, mentre quello grandioso si caratterizzerebbe maggiormente per l’estroversione, l’aggressività, il bisogno di ammirazione e l’esibizionismo. A livello interpersonale, il narcisismo vulnerabile risulta più distaccato, freddo, evitante e sfruttabile, mentre quello grandioso tende ad essere più vendicativo, dominante ed intrusivo (Pincus et al., 2009). Un’altra dimensione che invece sembra essere trasversale alle due forme è quella dell’antagonismo (Miller et al., 2011). Va detto inoltre che le due modalità di presentazione del disturbo, quella vulnerabile e quella grandiosa, possono avere manifestazioni sia “overt” che “covert” (Fossati & Borroni, 2018); per fare un esempio: a fronte di una vulnerabilità esplicita e consapevole, che si manifesta attraverso timidezza o ansia sociale, una persona può essere guidata nel profondo da convinzioni di superiorità e grandiosità, in questo caso implicite e inconsce.
I meccanismi che legano vulnerabilità e grandiosità all’interno del funzionamento della personalità e che farebbero vacillare una persona tra l’una e l’altra condizione, devono essere ancora chiariti (Wright & Edershile, 2018; Fossati & Borroni, 2018), ma dato che la maggior parte dei narcisisti presenta queste fluttuazioni, secondo alcuni autori essi possono essere considerati come due manifestazioni del narcisismo patologico che coesistono, in momenti diversi, all’interno della stessa persona (Bateman, 1998; Dimaggio e Semerari, 2003). Le persone affette da narcisismo patologico in questa accezione differirebbero tra loro in base ai diversi livelli relativi di grandiosità e vulnerabilità (Pincus & Lukowitsky, 2010). Il disturbo narcisistico di personalità infatti sembra meglio spiegabile come un andamento dinamico al servizio della regolazione dell’autostima anziché come un quadro statico. Si parla per questo motivo di “dinamica narcisista” (Carcione, Nicolò e Semerari, 2016; Carcione e Semerari, 2017), un processo che muove la persona attraverso diversi stati mentali: per rifuggire il senso di vuoto e di vergogna (due degli stati mentali nucleari del narcisismo, che appartengono al vissuto della vulnerabilità), viene perseguita la convinzione di essere unici e speciali (la grandiosità, altro stato mentale nucleare), ma le strategie per raggiungere lo stato grandioso conducono a molte problematiche nelle relazioni interpersonali e così l’autostima finisce per essere di nuovo minacciata spingendo la persona verso ansia, rabbia e tristezza, all’interno di un circolo vizioso fatto di sforzi contro-producenti che aumentano la possibilità di entrare in stati mentali dolorosi e portano a pagare pesanti costi in termini relazionali ed esistenziali, allontanando sempre più da un sentire autentico e dalla possibilità di comprendere e soddisfare, in se stessi e negli altri, proprio quei bisogni emotivi che permetterebbero di scongiurare lo stato di vuoto tanto temuto (Carcione & Semerari, 2017). La prevalenza della componente grandiosa o di quella vulnerabile in un dato momento della vita, può rendere non accessibile la parte che in quel momento si trova in secondo piano; in altre parole, a causa di meccanismi dissociativi, lo stesso soggetto affetto da narcisismo patologico può descriversi come due persone molto diverse tra loro (ad esempio come un vincente o uno sconfitto) a seconda della dimensione che in quel momento è cosciente e manifesta, cioè “overt” (Fossati & Borroni, 2018), mostrando difficoltà a riconoscere la presenza dentro di sé di una parte diversa da quella che caratterizza lo stato mentale del momento. Non tutti gli autori però concordano nell’affermare che le due dimensioni prese in esame siano parte dello stesso sistema di funzionamento; infatti, secondo quanto emerge da altri studi, vulnerabilità e grandiosità rappresenterebbero due tipi distinti di patologia narcisistica, collocabili a poli opposti tra di loro, e non due dimensioni attraverso cui la stessa persona può fluttuare (Miller, 2013).
Ipotesi eziologiche
Molti autori si sono chiesti quali siano le cause di questo disturbo o quantomeno quali siano le traiettorie che possono portare al suo sviluppo. Oltre ai fattori temperamentali, di natura innata, molta attenzione è stata posta agli stili genitoriali ed alle esperienze precoci del bambino.
In ambito psicodinamico, tra le formulazioni che hanno ricevuto maggior attenzione c’è sicuramente quella di Kernberg (2000) che ha teorizzato l’esistenza di un continuum per la psicopatologia, che va da un funzionamento normale, ad uno di tipo “nevrotico”, ad un funzionamento “borderline”, fino a quello di tipo “psicotico” (il più grave di tutti, al polo estremo della psicopatologia). Nel livello di gravità dell’organizzazione borderline, che per l’autore rappresenta un costrutto più ampio rispetto al solo DBP, si colloca anche il Disturbo Narcisistico di Personalità. Esso originerebbe da una disposizione innata all’aggressività che fa attivare nella persona delle difese primitive atte a difendersi da essa; proiettando sugli altri i sentimenti peggiori, si genera una rappresentazione molto negativa delle relazioni interpersonali, che viene risolta evitando ogni forma di dipendenza e sviluppando un Se’ grandioso patologico. Sempre di matrice psicodinamica è il modello di Kohut (1976) in cui la patologia narcisistica di personalità, anche in questo caso derivante da uno sviluppo difettoso del Se’, si configurerebbe in seguito a deficit nella modulazione dell’autostima attraverso il rapporto con le figure primarie.
In un’ottica cognitivista, il cuore della psicopatologia risiede nel processamento delle informazioni che risulta alterato a causa di credenze disfunzionali, e porta così ad esperire specifici vissuti comportamentali ed emotivi; queste strutture, chiamate “schemi”, sono come delle lenti attraverso cui leggiamo ciò che ci accade e ci facciamo idee su di noi, sugli altri e sul mondo. Gli schemi si sviluppano nel corso dell’infanzia attraverso l’interazione tra fattori biologici predisponenti e le relazioni con le figure significative (Beck, 2015). Quando i bisogni primari del bambino vengono frustrati, si vengono a configurare degli specifici “schemi maladattivi precoci”, che nel caso del disturbo narcisistico riguardano la deprivazione emotiva (sensazione che i propri bisogni affettivi non verranno mai soddisfatti nella relazione con gli altri), il senso di inadeguatezza e vergogna (convinzione di essere sbagliato, inferiore, e di non poter essere amato se l’altro scopre queste debolezze) e le pretese (tendenza a sentirsi superiore agli altri, a competere per la dominanza e a pensare di meritare particolari diritti o privilegi). Il contesto familiare entro cui si formano questi schemi sarebbe caratterizzato da solitudine e isolamento, mancanza di regole ed eccessiva permissività, sfruttamento o manipolazione (ad esempio, il bambino è stato uno strumento per soddisfare i bisogni dei genitori) ed approvazione condizionata, cioè la possibilità di sentirsi speciali ed amati solo quando vengono soddisfatti gli standard dei genitori (Young, 2003).
Una particolare attenzione ai processi di pensiero caratterizza anche l’approccio metacognitivo interpersonale (Dimaggio & Semerari, 2003), che seppur in linea con il modello cognitivo-comportamentale, aggiunge ad esso aspetti significativi che potremmo definire sovra-ordinati. In questo modello infatti l’architettura del disturbo di personalità è più complessa ed individua come fattore centrale la compromissione delle funzioni metacognitive, cioè di quell’insieme di capacità che ci permettono di accedere ai nostri stati interni e di cogliere quelli degli altri. Questo insieme di funzioni è essenziale per lo sviluppo del Sé e per la costruzione di relazioni interpersonali sane (Carcione & Semerari, 2017), ed è per questa ragione che tali aspetti sono fortemente compromessi nei disturbi di personalità.
Comorbilità e diagnosi differenziale
È possibile che la diagnosi di disturbo narcisistico coesista insieme ad uno o più disturbi psicologici, anche se questi riguardano la personalità. Il DNP infatti condivide con gli altri disturbi di tratto alcune caratteristiche comuni ma al contempo ce ne sono altre che li distinguono. Ad esempio, alcuni studi hanno messo in evidenza le somiglianze tra un sottotipo di disturbo narcisistico chiamo “covert” (vedi sopra) ed il Disturbo Evitante di Personalità, individuando come elemento distintivo la presenza nel primo, seppur mascherata, di un sentimento di grandiosità che invece non si riscontrerebbe nel secondo (Dickinson & Pincus, 2003).
Il disturbo narcisistico di personalità condivide alcune caratteristiche anche con altri disturbi di personalità che per questa ragione sono stati raggruppati insieme ad esso sotto la stessa etichetta, chiamata “Cluster B”: il Disturbo Borderline di Personalità (DBP), il Disturbo Istrionico di Personalità (DIP) ed il Disturbo Antisociale di Personalità (DAP). Le persone che incontrano i criteri per questo gruppo di patologie appaiono particolarmente emotive, instabili ed hanno tendenze alla drammatizzazione:
- Per quanto riguarda il Disturbo Borderline di Personalità, si possono individuare delle specifiche similitudini tra di esso ed il DNP; entrambe le condizioni infatti sono caratterizzate dalla tendenza ad idealizzare e svalutare sia stesso che l’altro, talvolta con passaggi bruschi da una all’altra modalità relazionale, tendenza all’impulsività, scarsa empatia e bisogno di ammirazione, bassa tolleranza alle emozioni negative e convinzione che tutto sia dovuto (Carcione & Semerari, 2017). Quando questi due tipi di funzionamento si sovrappongono, ne risulta una condizione molto complessa da trattare.
- Il Disturbo Istrionico di Personalità invece si caratterizza per l’emotività eccessiva e la ricerca costante di attenzioni, che portano la persona a comportarsi in modo seduttivo e teatrale (APA, 2013). L’egocentrismo ed il bisogno di ammirazione ricordano alcuni tratti cardine del narcisismo, ma nel funzionamento istrionico i comportamenti inappropriatamente provocanti e sessualizzati rappresentano un marker distintivo (Beck, Davis & Freeman, 2015).
- Anche tra il DNP ed il Disturbo Antisociale di Personalità esistono aree di sovrapposizione e punti di non contatto. Rabbia, auto-distruttività ed aggressività sono al centro del “narcisismo maligno” (Kernberg, 1989), una condizione che si troverebbe a metà strada tra il disturbo narcisistico di personalità ed il disturbo antisociale di personalità e che a differenza di quest’ultimo si caratterizza per la capacità di provare senso di colpa e rimorso. Nella condizione di mancanza di coscienza, nell’atteggiamento predatorio e nella manipolazione spietata si delinea il quadro della psicopatia, un’espressione grave di psicopatologia della personalità che racchiude in se’ alcuni specifici tratti del disturbo antisociale, di quello narcisistico, dell’istrionico e del borderline (Hare, 1996; 1999). Secondo alcuni autori (Paulhus & Williams, 2002) esiste una particolare concomitanza di tratti nota come “la triade oscura della personalità“, caratterizzata da machiavellismo (tendenza alla manipolazione), narcisismo sub-clinico (la versione non patologica del narcisismo) e psicopatia sub-clinica (alta impulsività, ricerca del brivido, scarsa empatia). Recentemente la ricerca si è interessata ad un altro tratto che sembra sovrapporsi a questi tre andando a configurare quella che è stata ridefinita come “la tetrade oscura della personalità“: il sadismo sub-clinico (Buckels, Jones & Paulhus, 2013; Chabrol, Leeuwen, Rodgers & Séjourné, 2009; Paulhus, 2014). Anche se questa tipologia di personalità “oscura” tratteggia una condizione che non definiremmo sicuramente come desiderabile, possiamo in realtà riscontrarla in persone che incontriamo nel corso della vita quotidiana (ad esempio a lavoro o nel contesto scolastico, etc.) e non solo in soggetti connessi al crimine o di interesse prettamente psichiatrico. Si tratta di personaggi malevoli eppure affascinanti.
I disturbi di personalità non sono le uniche condizioni che presentano differenze e sovrapposizioni con il DNP. Insieme a tratti di tipo narcisistico, più o meno rilevanti in termini clinici, possono presentarsi altre condizioni quali la sintomatologia depressiva, quella ansiosa, le dipendenze patologiche e non solo. In questi casi è molto importante verificare quali condizioni coesistono e quali altre invece sono da escludere, al fine di impostare il trattamento in modo adeguato. Il tipo di sintomatologia associata al disturbo di personalità, rappresenta infatti un’importante indicatore sullo stato mentale attuale della persona.
Infine alcune note sulle condizioni in cui è necessaria particolare cautela prima di porre diagnosi di disturbo narcisistico. Un primo importante aspetto da tenere in considerazione è che possono verificarsi dei cambiamenti nella personalità anche in seguito all’esposizione ad eventi altamente stressanti; in questo caso la prima ipotesi da prendere in considerazione e da indagare è quella di un Disturbo Post-Traumatico da Stress (APA, 2013). Un altro punto chiave riguarda gli aspetti di “grandiosità” (vedi sopra), presenti nel disturbo narcisistico, che possono essere riscontrati anche nel corso di episodi maniacali o ipomaniacali. In questi casi si tratta di cambiamenti dell’umore e non di tratti di personalità ed il funzionamento generale è maggiormente compromesso (APA, 2013). Ultima, ma non per importanza, l’attenzione che si deve prestare prima di porre diagnosi di disturbo narcisistico alla presenza di un uso/abuso di sostanze, all’assunzione di farmaci e alla presenza di altre condizioni mediche che potrebbero essere implicate nelle alterazioni di personalità o aggravarne il quadro.
COSA SI PUÒ FARE
Le psicoterapie
Perché arriva in terapia un paziente con disturbo narcisistico di personalità? Spesso a causa di sintomi clinici (ad esempio di tipo depressivo) piuttosto che per lavorare sui propri tratti di personalità. Essi infatti sono per lo più ego-sintonici, cioè vissuti dalla persona come non problematici. Ma in realtà i sintomi a causa dei quali si decide di chiedere aiuto sono proprio il prodotto di pensieri, emozioni e comportamenti strettamente legati alle caratteristiche di personalità; esse infatti vanno a costituire la nostra chiave di lettura del mondo e per questo, quando sono patologici, affliggono sia la dimensione del se’ che quella interpersonale, facendo sperimentare vissuti dolorosi a livello interiore nonché difficoltà nelle relazioni con gli altri. Se dunque si decide di rivolgersi ad uno specialista, è possibile, dopo un’accurata raccolta di informazioni sia tramite questionari che nel corso dei colloqui, giungere ad una diagnosi e ad una concettualizzazione del disturbo, cioè a definire un quadro il più possibile esaustivo del funzionamento del disturbo che prenda in considerazione sia i sintomi attuali che le eventuali caratteristiche di personalità implicate. In base a queste indicazioni il terapeuta concorderà insieme al paziente degli obiettivi, concreti e realistici, per perseguire il cambiamento e ripristinare il benessere.
Ad oggi le raccomandazioni inerenti i tipi di approcci da utilizzare nel trattamento psicoterapico, sono frutto prevalentemente dell’esperienza clinica e delle considerazioni teoriche; non è infatti ancora stata indagata in modo sistematico l’efficacia dei vari trattamenti psicologici e farmacologici al momento disponibili per il disturbo narcisistico (Caligor et al., 2015). In assenza di linee guida (vedi “American Psychiatric Association” e “National Institute for Health and Care Excellence”), si fa talvolta ricorso a psicoterapie, specificatamente adattate, che si sono dimostrate efficaci nella cura di altri disturbi di personalità, in particolare quelle per il Disturbo Borderline di Personalità, come nel caso del Trattamento Basato sulla Mentalizzazione (Allen & Fonagy, 2006). Questo approccio terapeutico è fondato sul concetto chiave di mentalizzazione, il processo attraverso cui ciascuno di noi interpreta le azioni proprie e degli altri come dotate di significato in base a stati mentali intenzionali (bisogni, desideri, motivazioni etc.); considerando deficitaria tale funzione nei disturbi di personalità, la terapia ha l’obiettivo di favorirne il suo sviluppo.
Partendo da presupposti non dissimili, la Terapia Metacognitiva Interpersonale (“TMI”; Dimaggio & Semerari, 2003) mira essenzialmente ad incrementare nel paziente il funzionamento metacognitivo, al fine di favorire sia il riconoscimento che il padroneggiamento degli stati mentali problematici, nonché il miglioramento delle relazioni interpersonali. Nella TMI l’alleanza tra paziente e terapeuta è considerata fondamentale e partendo da questa gli elementi principali su cui interviene sono le funzioni metacognitive, gli stati mentali, gli schemi ed i cicli interpersonali. In questo caso per il DNP esistono indicazioni terapeutiche specifiche (Carcione & Semerari, 2017).
Anche altri approcci psicoterapeutici hanno fornito linee di intervento per trattare del disturbo narcisistico; tra queste troviamo la Psicoterapia Cognitivo-comportamentale (Beck, Davis & Freeman, 2015) e la Schema Therapy (2003). Entrambe le terapie si basano su un approccio collaborativo tra paziente e terapeuta, orientato ad obiettivi definiti e concordati, in cui attraverso la psico-educazione e l’utilizzo di specifiche tecniche di matrice cognitivo-comportamentale si persegue il cambiamento degli schemi alla base del disturbo.
Infine un accenno ad un trattamento di matrice psicodinamica. La Transference Focused Psychotherapy (“TFP”; Clarkin, Yeomans & Kernberg, 2006) è una terapia strutturata basata sul modello delle relazioni oggettuali, che coniuga aspetti pulsionali ed evolutivi, ideata per trattare le organizzazioni borderline di personalità. La TFP persegue l’integrazione delle parti scisse della persona, che si attualizzano nella relazione del paziente con il terapeuta (transfert).
Al di là del tipo di approccio psicoterapeutico utilizzato, il disturbo narcisistico resta un quadro complesso da trattare, soprattutto se si arriva in terapia dopo molto tempo dai primi segnali di malessere. È importante affidarsi ad un professionista esperto per giungere ad un inquadramento che sia in grado di guidare efficacemente la terapia. Infatti dopo oltre centro anni di studio sul narcisismo e sul suo funzionamento si è arrivati a comprenderne molti aspetti e ad individuarne specifiche caratteristiche distintive, ma nell’esperienza clinica sempre più spesso ci si imbatte in quadri psicopatologici che non riflettono le classificazioni categoriali attualmente disponibili; è infatti possibile trovare un funzionamento di tipo narcisistico all’interno di quadri clinici diversi e pertanto riconoscerlo e comprendere il suo funzionamento all’interno di un sistema che vada oltre l’etichetta diagnostica è fondamentale per impostare in modo corretto il trattamento.
La farmacoterapia
Il trattamento farmacologico è guidato dalle caratteristiche della sintomatologia presentata dal paziente. Nello specifico ciò significa che il medico psichiatra, idealmente coordinandosi con il lavoro dello psicoterapeuta, proporrà i farmaci più idonei in base al caso specifico, ed essi andranno ad agire su aspetti quali ad esempio l’ansia o la depressione, che spesso si associano al DNP, ma non sui tratti di personalità che caratterizzano il disturbo. Per quelli il trattamento da seguire è di tipo psicoterapico.
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TESTI A CURA DI:
Dott.ssa Veronica Cavalletti
Psicologa Psicoterapeuta
(Iscrizione all’Ordine degli Psicologi della Toscana n° 6867)
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APPROFONDIMENTI SUL DISTURBO NARCISISTICO DI PERSONALITÀ
Rivalità o ammirazione? Come i narcisisti si rapportano ai loro partner
I nostri reportage: incontro con Antonino Carcione
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