CHE COS’È

 

La diagnosi 

 

 

Il termine paranoia deriva dal greco “παράνοια” che significa letteralmente “fuori dalla mente”: si riferisce dunque ad un sistema di credenze che si discosta da come la realtà viene comunemente percepita. Il disturbo paranoide è stato introdotto in psichiatria da Kraepelin (1921) per descrivere i disturbi mentali in cui erano presenti credenze illusorie in assenza di un deterioramento delle facoltà mentali. Secondo lo psichiatra tedesco tale disturbo era ascrivibile alla schizofrenia e solo con l’uscita del DSM I (APA, 1952) viene considerato come una categoria indipendente, anche se visto come un sottotipo della personalità psicopatica. Con la seconda edizione del DSM (DSM II; APA, 1968) il disturbo paranoide viene descritto con alcune caratteristiche con cui tutt’oggi viene inteso, quali: “ipersensibilità, rigidità, esagerata sospettosità, gelosia, invidia, eccessiva importanza di sé, tendenza a biasimare gli altri e ad attribuire loro malevoli intenzioni”.

Secondo l’ultima edizione del Manuale Diagnostico dei Disturbi Mentali (DSM 5, APA 2013), chi soffre di questa patologia presenta le seguenti caratteristiche:

  • teme costantemente di poter subire un torto da parte degli altri in assenza di prove;
  • sospetta della lealtà degli amici e dei colleghi e della fedeltà del partner;
  • si confida raramente con gli altri per timore che le proprie confidenze siano motivo di ritorsione
  • prova rancore e non riesce a perdonare le offese o le ingiurie;
  • si sente spesso minacciato per cui può attaccare preventivamente l’altro
  • ritiene di essere attaccato nel proprio ruolo o reputazione in assenza di prove sufficienti

 

 

Come si presenta

 

 

Il Disturbo Paranoide di Personalità (DPP) rappresenta uno dei disturbi meno studiati all’interno della psicopatologia a causa delle sue caratteristiche intrinseche, per cui i soggetti con tale diagnosi non pensano di aver bisogno di un trattamento, ed infatti spesso arrivano alla consultazione specialistica solo in seguito a problemi di natura legale o medica . Anche i familiari possono sottostimare i sintomi ritenendoli caratteristiche personologiche del soggetto (ad esempio la permalosità, la sospettosità).
Generalmente le caratteristiche di questo disturbo risultano presenti già dall’infanzia o dall’adolescenza; questi bambini si comportano in modo “strano” agli occhi dei pari e spesso vengono derisi.
Questi soggetti appaiono distaccati, freddi, polemici e lamentosi, ricercano costantemente significati oscuri e malevoli, che potrebbero far loro cogliere il “significato nascosto” dietro a una situazione. Tale ricerca comporta una perpetua iperattivazione attentiva, che rende il soggetto incapace di rilassarsi. Sembrano anaffettivi, molto razionali e logici, sarcastici e ostili. Si aspettano di essere sempre criticati dagli altri e preventivamente rispondono con un atteggiamento di chiusura e poco amichevole. Sono poco capaci di stabilire e mantenere relazioni interpersonali, per cui presentano delle difficoltà notevoli a partecipare ad attività di gruppo.
Tuttavia il paranoide desidera l’interazione con gli altri, ma le relazioni rappresentano una fonte di preoccupazione, generano allarme e percezione di minaccia, perché vede l’altro come pronto a approfittarsi delle sue défaillances.
Un’emozione prevalente, poco considerata nei criteri diagnostici del DSM, è la rabbia, che può sfociare in comportamenti violenti e pericolosi. Questi pazienti sentono di valere poco, di avere una scarsa autoefficacia, che spesso si accompagna a una sensazione di costrizione. Possono transitare in uno stato mentale detto “astenico”(Di Maggio & Semerari, 2003) in cui percepiscono una forte paura e prostrazione, che aumenta il rischio suicidario.
Secondo il manuale la prevalenza di questo disturbo interessa dal 2.3% al 4.4% della popolazione americana ed è più frequente nei maschi. I fattori di rischio individuati dal DSM nel DPP sono una storia familiare di schizofrenia o un disturbo delirante di tipo persecutorio.

 

 

Diagnosi differenziale

 

Il Disturbo Paranoide di Personalità spesso è stato confuso con la schizofrenia, tuttavia il pensiero paranoide nonostante sia caratterizzato da eccessiva rigidità, non assume caratteristiche deliranti come in un quadro schizofrenico. I soggetti paranoidi mantengono una percezione precisa del loro ambiente, ma il giudizio su quanto percepiscono risulta sconnesso. La realtà in sé non è distorta, lo è il significato di come essa appare (Shapiro, 1965).
Solo nel caso in cui vi siano importanti condizioni di stress questi soggetti possono sperimentare allucinazioni o pseudo-allucinazioni, che però risultano transitorie.
Anche in altri quadri clinici è presente la “sospettosità”, come nell’uso prolungato di sostanze (es. cocaina), nei deficit sensoriali come la sordità e nell’Alzheimer (in cui il soggetto presenta dei cambiamenti personologici nel corso della malattia e può diventare sospettoso nei confronti degli altri).
Anche l’ansia sociale potrebbe essere confusa col DPP, data la pervasività dei sentimenti di inadeguatezza e la focalizzazione eccessiva su stimoli sociali che vengono erroneamente interpretati. Tuttavia il “fobico sociale” attribuisce a se stesso la causa della percezione di inferiorità, in maniera completamente opposta al paranoide che la attribuisce all’esterno.
Spesso nel DPP troviamo sintomi ansiosi e/o depressivi che potrebbero far pensare a disturbi d’ansia o a un disturbo dell’umore. Tuttavia l’ansioso non risulta diffidente o sospettoso e si fa facilmente rassicurare dalle figure autorevoli (per cui condivide col paranoide solo la percezione diffusa di allarme).
Un’ulteriore distinzione va fatta col Disturbo Post Traumatico da Stress (DPTS), un quadro in cui le persone possono diventare guardinghe, ipervigili, sospettose e tendono a isolarsi. Tuttavia il DPP non può essere considerato come la risultante di un trauma vissuto, a differenza del PTSD, in cui le persone si percepiscono in pericolo in un mondo che prima dell’evento traumatico appariva loro come sicuro. Pertanto nel PTSD è l’evento traumatico che altera la visione del mondo e lo rende “pericoloso” agli occhi del soggetto; nel DPP l’eziologia non risulta invece così chiara.
Occorre inoltre porre particolare attenzione nel caso in cui il clinico si trovi a fare diagnosi di DPP con pazienti immigrati, arrivati recentemente dal proprio paese d’origine. Infatti essi rappresentano una categoria molto particolare per porre diagnosi di questo disturbo, in quanto potrebbero non conoscere bene ancora la lingua, essere scappati da guerre civili e presentare un “legittima” non fiducia degli altri con un conseguente atteggiamento di sospettosità.
Infine, un’ulteriore considerazione è necessaria in merito alla diagnosi di individui che svolgono professioni ad alto rischio come poliziotti, avvocati, guardie, ecc. che possono sviluppare sospettosità e ipervigilanza in seguito agli eventi cui sono sottoposti per lavoro e che non devono essere erroneamente diagnosticati in questa categoria, se non dopo un’attenta valutazione che tenga conto della cultura di riferimento degli stessi (Carroll, 2009).

 

 

Comorbilità

 

 

I disturbi frequentemente associati al DPP sono gli altri disturbi di personalità, in particolare quello Borderline (DBP), il Narcisistico (DNP) e l’Evitante (DEP). Nei seguenti disturbi di personalità si possono comunque ritrovare delle somiglianze psicopatologiche:

  • Disturbo Schizotipico di Personalità (con cui condivide la sospettosità e le ideazioni paranoidee);
  • Disturbo Schizoide di Personalità (con cui condivide un comportamento distante e freddo nei confronti degli altri);
  • Disturbo Narcisistico di Personalità (con cui può condividere arroganza e altezzosità);
  • Disturbo Evitante di Personalità (con cui può condividere l’evitamento di attività che implicano contatti interpersonali, le restrizioni all’interno di relazioni interpersonali per paura di essere deriso, la preoccupazione di essere criticato e rifiutato);
  • Disturbo Borderline di Personalità (con cui condivide un’ inappropriata ed intensa rabbia nonché transitorie ideazioni stress-correlate);
    Il Disturbo da Uso di Sostanze, il Disturbo Depressivo Maggiore, il Disturbo Ossessivo-Compulsivo e l’Agorafobia sono diagnosi che possono svilupparsi in associazione al DPP.

 

 

Cause

 

 

Le cause inerenti lo sviluppo del disturbo paranoide di personalità sono ancora ignote. Tuttavia i ricercatori ritengono che la combinazione di fattori biologici e ambientali possa concorrere allo sviluppo di tale patologia. Questo quadro si presenta più frequentemente in famiglie con una storia di schizofrenia e disturbi delirante. Dai dati disponibili in una recente review (Lee, 2017), il DPP mostra una stretta relazione col trauma infantile e lo stress di tipo sociale, piuttosto che con la schizofrenia.

 

 

Conseguenze 

 

 

Le persone con tale disturbo presentano dei problemi nel relazionarsi nel posto di lavoro, in contesti educativi o di svago. Questi soggetti sono frequentemente disoccupati e svolgono lavori più umili della popolazione generale (Mueser et al., 2013). Tendono a stare da soli e hanno difficoltà a iniziare e mantenere le relazioni sociali), come anche le amicizie e quelle sentimentali. Infatti questi soggetti non riescono a provare fiducia, elemento essenziale nei rapporti interpersonali, per cui riportano una scarsa qualità di vita. Il soggetto paranoide innesca in modo inconsapevole dei cicli interpersonali disfunzionali che lo portano a reagire alle presunte angherie subite dagli altri, per cui si crea una sorta di vuoto sociale attorno, a cui spesso conseguono stati depressivi e deliranti.
Si potrebbe dire che presentino un’incapacità a stabilire relazioni a causa di deficit negli elementi basici necessari allo sviluppo delle stesse, quali: confidenza, bisogno di approvazione, preoccupazione, sconforto per la lontananza (Fossati et al., 2003).

 

Teorie 

 

 

 

La prospettiva psicodinamica
La tradizione psicoanalitica ha utilizzato il meccanismo di difesa della proiezione (descritta la prima volta da Freud) per concettualizzare la paranoia. Questo meccanismo di difesa viene considerato come arcaico e primitivo e consiste nel trasferire i propri sentimenti o le proprie caratteristiche su altri oggetti o persone. Freud (1895) ipotizza che alla base della paranoia vi sia un profondo senso di inadeguatezza ed inefficacia, che verrebbe compensato con sentimenti di grandiosità e sfiducia verso l’altro, utilizzando ulteriori meccanismi di difesa, quali: razionalizzazione, formazione reattiva e rimozione. Pertanto la paranoia svolgerebbe una funzione protettiva per il soggetto, che gli consentirebbe di non accedere al profondo senso di inadeguatezza percepito verso se stesso e lo preserverebbe così dall’ansia.
Secondo altre ipotesi evolutive, sempre di matrice psicodinamica (Gabbard, 1990) la paranoia sarebbe il risultato di una reazione difensiva del bambino di fronte ad un’ambiente familiare frustrante o sadico. Le figure di riferimento del bambino risulterebbero ipercritiche, portandolo a sentirsi cronicamente umiliato e costretto a sviluppare sfiducia e sospettosità. Conseguentemente il bambino si identificherebbe con le figure genitoriali e assumerebbe i loro stessi atteggiamenti, mostrando caratteristiche personologiche quali la sospettosità e il biasimo.

 

La prospettiva cognitivo comportamentale
Secondo un’ottica comportamentale Turkat e colleghi (1985) ipotizzano che i soggetti con disturbo paranoide nel corso della loro infanzia apprendano che non si possono permettere di compiere errori, per cui risultano preoccupati dei giudizi altrui e ipersensibili alle critiche. I soggetti paranoidi si percepiscono diversi, inferiori e le loro convinzioni diminuiscono le probabilità di essere accettati dai pari, che tenderebbero piuttosto a tenerli a distanza, rinforzando il loro isolamento e i pensieri di persecuzione, che in un circolo vizioso aumenteranno sempre di più la sospettosità e lo stesso isolamento.
Gli atteggiamenti di sfida verso i pari vengono spesso rinforzati dai familiari con un conseguente rafforzamento della credenza per cui gli altri sono egoisti e pronti a danneggiare il soggetto. Infatti secondo la teoria cognitivo comportamentale standard i pazienti con DPP compierebbero degli specifici errori di attribuzione, tendendo a interpretare come malevole le intenzioni altrui (l’attribuzione causale è sempre esterna), per cui presenterebbero bias cognitivi di tipo attentivo, di memoria e interpretativi. Il paziente paranoide mette in atto delle procedure pseudo-diagnostiche, per cui pone attenzione in maniera esclusiva solo ai dati che vanno a confermare le sue ipotesi, piuttosto che ricercare la disconferma delle stesse. Inoltre il paranoide ritiene che la sua sospettosità sia legittima e a “basso costo”, ovvero non si rende conto di quanto tutta la sua esistenza sia pervasa da tale sensazione e da quanto ne sia invalidata, dato che l’umiliazione che potrebbe esperire sarebbe insopportabile (Mancini & Gangemi, 2002).
Le distorsioni cognitivi principali sono: il pensiero dicotomico, l’astrazione selettiva e l’ipergeneralizzazione (Esterberg et al., 2010).
“Cattivo me” e “Povero me”
Trower e Chadwick (1995), riprendendo il lavoro di Zigler e Glick (1988), hanno formulato l’esistenza di due diverse tipologie di paranoia: la “Poor me”, in cui il soggetto si percepisce come vittima, tende a criticare l’altro e vederlo come cattivo e il “Bad me”, in cui il soggetto si percepisce come cattivo e tende a legittimare le punizioni inflitte dall’altro. In entrambe le condizioni il soggetto ritiene che il mondo circostante sia intento a provocargli un danno. Il sottotipo “Poor me” sembrerebbe associato a un maggior livello di autonomia, mentre il “Bad me” risulterebbe correlato ad un “Sé insicuro” (Melo et al.,2006). La presenza di queste due diverse forme di paranoia è riscontrabile in tutti i quadri in cui sono presenti allucinazioni persecutorie, come la vecchia categoria della schizofrenia paranoide e il disturbo schizo-affettivo.
In letteratura molte ricerche si sono occupate della relazione tra autostima e disturbo paranoide, tuttavia i risultati emersi appaiono contrastanti, infatti si riscontrano sia alti che bassi livelli di autostima. Queste differenze potrebbero essere ascrivibili alle due diverse forme di paranoia illustrate sopra (Melo et al., 2006); infatti nel “Cattivo me” i livelli di autostima risultano bassi, mentre nell’altra tipologia l’autostima appare intatta.

 

Teoria del deficit metacognitivo
Secondo Fonagy (1991), alla base dei disturbi di personalità vi sarebbe una “disorganizzazione” del sistema dell’attaccamento, che risulterebbe alla base di specifici deficit metacognitivi presenti in queste patologie.
I pazienti con disturbi di personalità presentano dei fallimenti nel processo di mentalizzazione, ovvero “la capacità di avere un pensiero sugli stati mentali come condizioni distinte anche se potenziali determinanti del comportamento” (Bateman & Fonagy, 2004). Tale funzione è basilare nella regolazione affettiva e nell’organizzazione del Sé.
Nel caso del DPP i deficit metarappresentativi più rilevanti sono relativi al decentramento (il paziente formula ipotesi sul funzionamento mentale altrui da una prospettiva egocentrica) e alla differenziazione (il paziente non riesce a distinguere la realtà soggettiva percepita interiormente da quella esteriore).
Questi due deficit si rinforzano l’un l’altro e risulta improbabile che un paziente poco capace a differenziare riesca a decentrare. Ad esempio, il paranoide percepisce costantemente una sensazione di minaccia, che non viene mai messa in dubbio o considerata come un’ipotesi, per cui la distinzione tra realtà e fantasia risulta quasi impossibile. Questi deficit metarappresentativi favorirebbero gli stati problematici maggiormente descritti per questo disturbo: lo stato sospettoso, lo stato astenico, lo stato di ira funesta (Di Maggio & Semerari, 2003).
Conseguentemente ogni stato tenderebbe a facilitare l’ingresso in cicli interpersonali specifici descritti in questo disturbo: sospettoso irritante; interpersonale aggressivo; interpersonale di abbattimento.

 

 

COSA SI PUÒ FARE

 

 

Generalmente il paziente con DPP non pensa di avere bisogno di un trattamento, dato che considera il comportamento altrui come problematico piuttosto che il proprio.
Può arrivare in terapia riportando sintomi ansiosi e depressivi, oppure spinto dai familiari che notano questo quadro umorale o sono preoccupati per possibili agiti aggressivi. A volte arriva alla consultazione dopo un ricovero psichiatrico, che indica quanto l’intervento sia stato poco precoce.
Il trattamento d’elezione è la psicoterapia cognitiva individuale a lungo termine, in cui la compromissione del funzionamento interpersonale influenza la relazione terapeutica, che risulta continuamente a rischio di rotture dell’alleanza. Infatti a causa della sospettosità e delle sfiducia del paziente, anche la figura del terapeuta viene vista come potenzialmente malevola, ripetutamente testata, per cui i drop out (abbandono della terapia) risultano molto probabili. Inoltre a causa della esigua quantità di soggetti che giungono in terapia con tale diagnosi, vi sono pochi studi sull’efficacia dei trattamenti a disposizione.

Fra gli interventi psicoterapici consigliati si annoverano:

 

  • Schema Therapy (ST)
  • Terapia Metacognitiva Interpersonale (TMI)
  • Terapia cognitivo-comportamentale (CBT)
  • Treatment as usal (TAU)
  • Clarification Oriented Psychotherapy

 

 

Generalmente , in associazione alla psicoterapia, viene suggerita una terapia psicofarmacologica, che tratti i disturbi del pensiero e la regolazione del tono dell’umore, per cui si prescrivono antipsicotici di nuova generazione a bassi dosaggi e stabilizzatori dell’umore. Tuttavia il trattamento farmacologico appare necessario nei casi in cui la sintomatologia interferisca con funzionamento quotidiano, per esempio quando sono presenti deliri, un importante ritiro sociale e/o idee suicidarie.

 

 

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TESTI A CURA DI:

Dott.ssa Consuelo Enzo
Psicologa Psicoterapeuta
(Iscrizione all’Ordine degli Psicologi della Toscana n° 6691)

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APPROFONDIMENTI

 

La gelotofobia: cos’è e come inquadrarla

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

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