Generazione Z, Tages Onlus, Tages, Blog, Post, Centri Clinici Tages, Simone Cheli

Il Senso di Tragedia nella Generazione Z

Citazione Consigliata: Cheli, S. (2022). “Il Senso di Tragedia nella Generazione Z” [Blog Post]. Retrieved from:  https://www.tagesonlus.org/2022/02/26/generazione-z/

Sin da quando ho memoria ricordo due narrative. Quella giovanile del “non abbiamo più garanzie” e quella senile dei “giovani senza spina dorsale”. I boomers rispetto ai sopravvissuti alle due guerre, la generazione X rispetto ai boomers e così via. Oggi sembra esservi un’altra diatriba che ha come oggetto la cosiddetta generazione Z (1996-2009), ovvero la generazione spesso criticata per esser social media dipendente, confusa rispetto ai propri vissuti identitari ed altro ancora.

E visto la cronaca entra sempre nelle stanze della terapia e visto che gli esseri umani sembrano non ascoltare mai l’adagio di Einstein (“La follia sta nel fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi”), mi sono chiesto: esistono dei temi comuni nella generazione Z che richiedono una specifica attenzione da parte di noi clinici? E (spoiler alert) ad esser sinceri, mi è difficile non riconoscere delle narrazioni ricorrenti e assai minacciose che sia io che i colleghi incontriamo frequentemente.

 

Definendo un senso di tragedia

Nella tradizione classica aristotelica la tragedia è una storia in cui sia riconoscibile una traiettoria peggiorativa (Aristotele, 1998). Sia l’epilogo che l’andamento dei fatti sono negativi. Si parte bene o comunque non male, ma si finisce sicuramente male. Vi sono dunque due caratteristiche assai ricorrenti: una frustrazione spesso drammatica di aspettative speranzose sul proprio futuro, nonché un senso di ineluttabilità nel fronteggiare gli eventi avversi. Si pensi al re Creso che pur di liberarsi della maledizione divina getta in mare il suo anello per poi ritrovarlo nel pesce presentato alla sua mensa, o al dramma incestuoso in cui incorre Edipo senza saperlo.

Come dicevo, gli eventi di cronaca o prima o dopo entrano nella stanza della terapia. Soprattutto se sembrano avvalorare una certa narrativa almeno in parte esplicita. E sfido chiunque a non aver una prospettiva di generalizzazione catastrofica nel guardare alla serie di eventi che scandiscono la generazione Z almeno europea. Il lasso temporale di nascita (1996-2009) si colloca attorno alla data del 11 settembre 2001 e all’inizio di quella lunga era di lotta al terrorismo che perdura ancora. La fase di crescita vede il susseguirsi di numerose guerre tra cui due assai note (Afganistan 2001-2021; Iraq 2003-2011), una crisi economica (2008) e una crisi dei migranti (2015) che hanno invaso le narrazioni mediatiche. L’adolescenza vede sempre più centrale la consapevolezza del rischio climatico ed un susseguirsi di frustrazioni causate da generazioni senili assolutamente sorde ed indifferenti. Infine, l’arrivo dell’età adulta viene segnato dal fenomeno pandemico probabilmente più globale in cui sia incorsa la nostra specie (2020-?). Infine, al seguirsi dei primi sprazzi di speranza sulla pandemia da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità l’Europa si confronta direttamente con la guerra in casa (Ucraina 2022).

 

Alcuni temi o aspetti ricorrenti

Per le generazioni precedenti alla Z, la società liquida ovvero incerta e instabile (Bauman, 2002) è più che altro un concetto astratto su cui indulgere nelle dotte riflessioni sulla modernità. Qualcosa di sgradevole a cui si cerca di porre dei freni. Per chi è nato dopo il 1996 è il presente, è l’ambiente in cui muoversi attivamente. Tre esempi forse mi possono aiutare ad esporre questa ipotesi: social media, identità sessuale, identità nazionale.

I social media sono forse l’emblema moderno della volatilità e fluidità della nostra esistenza. E non credo stupiscano i dati sulla generazione Z in occidente: il 98% possiede uno smartphone e passano almeno 4 ore al giorno su diverse app, escluse le attività di gaming (Freer, 2020). Quello che forse conviene invece sottolineare e potrebbe sconfermare certi pregiudizi senili è che centrali sono le motivazioni di socializzazione, apprendimento e attivismo nell’uso dei social media (PrakashYadav & Rai, 2020; Rospigliosi, 2019). Un esempio eclatante è il fenomeno di organizzazione e protesta sociale originatosi dalle attività ambientaliste di Greta Thumberg, che non è un processo di esaltazione di una singola persona quanto una proliferazione di attivismo sociale di cui la giovane svedese è solo un nodo centrale. Anche rispetto ai millennials i dati mostrano come nella generazione Z vi siano dei cambiamenti comunicativi rilevanti. Oltre alla predominanza di comunicazioni visive i ricercatori evidenziano tre aspetti interessanti: un maggior focus sul futuro, un atteggiamento meno ottimista e più realista, una maggiore tendenza a produrre contenuti piuttosto che condividere quelli di altri. I “nuovi” giovani sembrano usare molto più attivamente delle precedenti generazioni i social media, con fini e metodi simili a quelli che gli adulti utilizzano quando si costruiscono in maniera critica un’idea sul mondo tramite giornali, libri, etc. (Click & Schwartz, 2018). In termini più generali, il mondo social non è ascrivibile ad una forza esterna che causa e mantiene la tanto temuta liquidità. È forse anche il contesto in cui gestire questa volatilità. In una specie sociale in cui vi sono limiti fisiologici al numero di persone che possono “effettivamente” far parte della nostra rete sociale (si parla di 150), un uso attivo dei social media permette di creare un sistema relazionale coerente con i nostri bisogni e interessi, non vincolandosi a confini tradizionali come sessuali, nazionali, linguistici, etc. (Dunbar, 2021).

Gli accesissimi dibattiti su giornali, social media, banconi dei bar sulla famigerata schwa (ə) o sul meno cool asterisco (*) sembrano avere un tratto comune: sono condotti quasi esclusivamente da noi over-30, se non over-40. Faccio fatica a ricordare un post o una frase polemica sul tema da parte di qualcuno della generazione Z. Il principio sembra essere quello di un assoluto disinteresse per il dibattito e per un uso più o meno frequente di queste soluzioni grafiche. Semplicemente per fare un post o una chat funzionano. Più specificamente, una recente indagine condotta da Gallup (Jones, 2022) mostra come la percentuale di persone che si riconoscono come LGBT sia quasi decuplicata dalla generazione Baby Boom (2.6%) sino alla generazione Z (20.8%). Con una predominanza in quest’ultima di persone che si dichiarano bisessuali (50%). Personalmente devo ammettere come certi miei pregiudizi passati sul concetto di fluidità sessuale si siano scontrati anno dopo anno con la riprova non sono sperimentale ma anche clinica dei fatti. Sembra più un bias di conferma quello delle passate generazioni di considerare anche questa forma di fluidità come una forzatura ideologica. Se leggiamo i dati e ascoltiamo le persone, la fluidità sessuale è parte comune dell’identità delle nuove generazioni. Chiunque lavori con adolescenti credo non abbia bisogno di conferma alcuna.

Nel 1989 nasceva l’Erasmus Student Network, ovvero l’ossatura di quello che sarebbe divenuto il programma di mobilità studentesca europea. Se per politici e opinionisti anche il tema dell’identità europea è un cliché retorico su cui ricamare ad ogni elezione, per molti delle nuove generazioni è un contesto di esperienza. Per alcuni sia europei che non l’identità nazionale è qualcosa di fumoso, sicuramente non identitario (Yglesisas, 2019). Per altri è un sistema di movimento personale, educativo, culturale e lavorativo (Scholz & Renning, 2019). E in un’era di attivismo “social” in cui predominanti sono gli scambi tra giovani europei, è difficile pensare che lo scoppio della guerra in Ucraina venga percepito come un evento distante e irrilevante. Se ha senso quanto detto sinora, simili eventi sono ben più perturbativi che non stanchi e reiterati dibattiti tra partiti o ideologie nazionali. E non possiamo non unirci al drammatico senso di compassione per il popolo ucraino e di rammarico nel vedere come i politici boomers, X o Y abbiano bisogno di una crisi umanitaria per ricordarsi della grandezza del concetto di comunità europea.

 

I drammatici attacchi alla società liquida

Se proviamo a ribaltare la prospettiva e chiederci, da clinici: come leggiamo quanto accade con gli occhi di chi non mette in discussione la volatilità moderna in quanto unico contesto di vita? Per perseguire le proprie ricchezze e domini finanziari e politici, i presunti adulti hanno creato una società fluida e globalizzata. La stessa società in cui è nata la generazione Z dando per scontato che differenze di orientamento sessuale, cultura, nazione e lingua ben poco contino. Salvo poi scoprire che gli stessi che hanno creato quella società ne criticano i nativi. Non solo, quegli stessi adulti, pur di conservare il loro status quo sono disposti a far guerre e mettere al rischio il futuro stesso della terra. E a niente valgono eventi incontrollati come la pandemia. Se questo forse lo script di una tv series o film, non la definiremmo un generico drammatico?  Non vi riconosceremmo un senso di disperazione, ineluttabilità e ingiustizia?

Negli ultimi giorni vari clienti ci hanno narrato questa storia. Una storia in cui quegli stessi che hanno causato la crisi climatica fanno guerre per le risorse energetiche ed usano queste stesse guerre per suggerire il ritorno a risorse assai inquinanti come il carbone. Una storia in cui dopo una tarda adolescenza segnata dalla pandemia, non sembra esserci possibilità all’orizzonte di viaggiare e vivere la fluidità che sembrava tanto vicina e percorribile. Per un progetto europeo di cui Tages Onlus è un partner (ProWell) mi sono trovato a partecipare a focus group con studenti e docenti delle scuole dell’obbligo. I dati sull’aumento della sofferenza psicologica sia in persone con pregresse problematiche sia nella popolazione generale durante la pandemia (Smith & Gradus, 2020; Mohammadian Khonsari et al., 2021), mi sono divenuti improvvisamente evidenti. Tutte le parole degli adolescenti e dei loro insegnanti sembrano evidenziare un senso di impotenza e frustrazione. Tutti gli eventi sembrano ben lontani da un possibile controllo o reale comprensione. Le scelte vaccinali di stati e cittadini, le politiche scolastiche, tutto appare imposto e sempre ignaro dei costi personali. Da un punto di vista clinico, i terapeuti devono essere molto attenti a non sottostimare questa sofferenza o a stigmatizzare relazioni fluide di cui social media, identità sessuale e nazionale sopracitati sono solo alcuni esempi. E sarà sempre più opportuno indagare i vissuti specifici della generazione Z e sviluppare strategie preventive e terapeutiche per aiutare le persone a fronteggiare un senso drammatico di timore e frustrazione sul futuro. Personalmente, ritengo che questi temi e narrazioni saranno sempre più rilevanti nel lavoro clinico dei prossimi anni. E pertanto sviluppare strumenti conoscitivi e pratici specifici è bene che sia un obiettivo prioritario.

 

Simone Cheli

 

Bibliografia

Aristotele (1998). Poetica (a cura di Guido Paduano). Laterza.

Bauman, Z. (2002). Modernità liquida. Laterza.

Click, K., & Schwartz, N. (2018). Trending Now: News Habits of Generation Z. Available at SSRN: http://dx.doi.org/10.2139/ssrn.3408021

Dunbar, R. (2021). Friends. Little, Brown Book Group.

Freer, A. (2020). Gen Z are spending more time in finance and shopping apps during Q3 2020. Retrieved from: https://www.businessofapps.com/news/gen-z-are-spending-more-time-in-finance-and-shopping-apps-during-q3-2020/

Jones, J.J. (2022). LGBT Identification in U.S. Ticks Up to 7.1%. Retrieved from: https://news.gallup.com/poll/389792/lgbt-identification-ticks-up.aspx?fbclid=IwAR02FukNqybLksi7_sIcquypQWoomDWbHsB9Da-ZCEwpWrtW819K8Bod1h8

Mohammadian Khonsari, N., Shafiee, G., Zandifar, A. et al. Comparison of psychological symptoms between infected and non-infected COVID-19 health care workers. BMC Psychiatry 21, 170 (2021). https://doi.org/10.1186/s12888-021-03173-7

PrakashYadav, G., & Rai, J. (2020). The Generation Z and their Social Media Usage: A Review and a Research Outline. Global Journal of Enterprise Information System, 9(2), 110-116. Retrieved from https://www.gjeis.com/index.php/GJEIS/article/view/222

Rospigliosi, P. (2019) The role of social media as a learning environment in the fully functioning university: preparing for Generation Z. Interactive Learning Environments, 27:4, 429-431, https://www.doi/10.1080/10494820.2019.1601849

Smith, M. L., & Gradus, J. L. (2020). Psychiatric disorders and risk of infections: early lessons from COVID-19. The Lancet. Healthy longevity, 1(2), e51–e52. https://doi.org/10.1016/S2666-7568(20)30020-9

Scholz, C., & Renning A. (2019). Generation Z in Europe. Emerald Publishing.

Yglesisas, M. (2019). The youngest American adults are the least nationalistic. Retrieved from: https://www.vox.com/2019/6/26/18759774/generation-z-morning-consult-poll

No Comments

Post a Comment

diciotto + 11 =

1 Stella2 Stelle3 Stelle4 Stelle5 Stelle (6 voti, media: 5,00 su 5)
Loading...