One Health Approach

È possibile perseguire il benessere sanitario senza una prospettiva ecologica? Il One Health Approach

Citazione Consigliata: Cheli, S. (2025). “È possibile perseguire il benessere sanitario senza una prospettiva ecologica? Il One Health Approach” [Blog Post]. Retrieved from: https://www.tagesonlus.org/2025/01/25/il-one-health-approach/

 

Sin dagli albori del 900’ i concetti di salute e di benessere si sono sempre più ampliati e diversificati. Al momento della sua fondazione (1948) la World Health Organization, ovvero l’Organizzazione Mondiale della Sanità, propose una definizione di salute che integrava fattori fisici, sociali e psicologici e travalicava la semplice assenza di patologie organiche riconoscibili. Chiunque si occupi di sanità sa che il paradigma attuale di riferimento è appunto quello bio-psico-sociale, che presuppone che la comprensione delle cause e dei trattamenti delle malattie e la promozione del benessere richiedano una visione multidisciplinare e multifattoriale (Engel, 1977). Ad esempio, lo studio della prevalenza dei tumori e dello sviluppo di strategie preventive e terapeutiche adeguate si avvale della comprensione di fattori genetici, stili di vita, adattamento psicologico, e così via. 

Nel 900’ è anche emersa una seconda prospettiva multidisciplinare e multifattoriale: la cosiddetta one medicine, oggi nota come one health approach. Studiosi delle scienze tanto mediche quanto veterinarie iniziarono a rendersi conto che queste due discipline potevano e dovevano interagire l’una con l’altra: esistevano competenze trasversali e fattori comuni a livello eziologico e terapeutico (Schwabe, 1964). Da un lato si evidenziava una coevoluzione di lunghissima durata (si stima 30-40 mila anni per il cane), dall’altro la natura stessa della biologia e la profonda e pervasiva penetrazione umana in quasi tutti gli ecosistemi sembrava imporre la necessità di una prospettiva ecologica integrata.

 

Cos’ è  il One Health Approach?

Quella che può sembrare una semplice posizione teorica è in realtà la risultante di numerosi studi sia sperimentali che applicativi. Negli ultimi 30 anni sempre più organizzazioni governative e transnazionali hanno sviluppato linee guida e programmi di ricerca basati sul costrutto di one medicine. In particolare la World Health Organization e la Food and Agriculture Organization (agenzia dell’ONU nata per la lotta alla fame) hanno suggerito di integrare i programmi di salute umana con quelli veterinari.

Progressivamente, la ricerca di un modello esplicativo efficace e la comprensione in chiave sistemica di tutte le variabili che contribuiscono al benessere umano hanno portato alla formulazione del costrutto di one health o one health approach. In estrema sintesi l’idea è che quando parliamo di one health vogliamo descrivere “un approccio integrato e unificante per bilanciare e ottimizzare la salute delle persone, degli animali e dell’ambiente” (WHO), proprio alla luce della consapevolezza che esista “una interconnessione tra persone, animali, piante e il loro ambiente” (CDC). Si sono così sviluppati progetti specifici che hanno confermato la solidità scientifica e l’utilità pratica di questo approccio e, parallelamente, si sono sempre più articolati i principi generali per la sua applicazione (Zinsstag et al., 2011). 

 

Le applicazioni in ambito medico

Uno degli ambiti di applicazione iniziali del one health approach è corrisposto alla comprensione e prevenzione dei fenomeni batterici e virali. Ovvero si sono formulati modelli predittivi per anticipare e contrastare la diffusione di agenti patogeni come virus e microbi sviluppando piani integrati che lavorassero sull’intersezione tra persone, animali, piante e il loro ambiente. Tra i numerosi progetti ne riporto due relativi a resistenza agli antibiotici e COVID-19.

La WHO e organismi nazionali come l’Istituto Superiore di Sanità italiano definiscono la resistenza agli antibiotici come uno dei maggiori problemi sanitari presenti e futuri (ISS). L’uso indiscriminato di antibiotici in umani e animali da macellazione sta generando costi sia sanitari che economici (la WHO stima nel 2019 1.27 milione di morti diretti e la Banca Mondiale stima 1 trilione di costi sanitari aggiuntivi entro il 2050) e aumenta esponenzialmente il rischio di batteri resistenti ai trattamenti. Ad esempio, un report del 2022 mostra che per batteri comuni come l’escherichia coli sia aumentata di quasi il 50% la resistenza ai comuni antibiotici. Agenzie internazionali come WHO e nazionali come il governo canadese hanno riconosciuto come fattore centrale di rischio l’uso di programmi di valutazione e trattamento “a silos” in cui ci si focalizza esclusivamente sulle politiche ospedaliere. Sono stati pertanto sviluppati programmi di sorveglianza e intervento che valutano in maniera integrata la salute umana, animale e ambientale.

Altro esempio drammaticamente noto su come una visione “a silos” dei problemi sanitari esasperi tali problemi è la pandemia da COVID-19. Per quanto non sia stata ancora pienamente chiarita la catena degli eventi, è noto che il virus SARS-CoV-2 sia derivato da un virus animale presente nei pipistrelli e che l’ipotesi più probabile è che il salto di specie sia avvenuto durante il commercio di carne animale. Numerosi epidemiologi sottolineano, sin da prima della pandemia, che l’allevamento e il commercio intensivo di carni animali sia un fattore di rischio per lo sviluppo di fenomeni infettivi endemici o pandemici. Esperti di veterinaria e medicina umana hanno affermato che la pandemia da COVID-19 rappresenti un chiaro invito all’azione per sostenere programmi di one health approach nella prevenzione dei fenomeni virali (Decaro et al., 2020). Non è forse un caso che le regioni da cui si è diffusa la COVID-19 abbiano visto il sorgere delle cosiddette mega-farm, ovvero conglomerati industriali che ospitano centinaia di migliaia di animali da macello, rappresentando vere e proprie incubatrici di virus. Questi allarmi e l’invito urgente ad una prospettiva integrata al benessere umano, animale e ambientale è stata ripetutamente sostenuta da importanti riviste scientifiche mediche come Lancet (Lefrançois et al., 2023).

 

Una prospettiva ecologica nuova

I dati brevemente riassunti sinora evidenziano che le basi del one health approach sono fortemente ancorate nella comprensione e nel perseguimento del benessere sanitario umano. I primi ad implementare programmi di one health sono stati enti sanitari come la World Health Organization e il Center for Disease Control and Prevention. Il primum movens è stato un obiettivo pragmatico e non un posizionamento ideologico. Tutelare il benessere di animali, piante e dei diversi ecosistemi favorisce il benessere umano.

Questo dato ormai solido da un punto di vista scientifico è confermato da un più generale assunto (e dato) ecologico per cui la biodiversità promuove la stabilità di un ecosistema: tanto più le diverse specie prosperano e coesistono, tanto più il loro ambiente di riferimento è in grado di meglio prevenire alterazioni potenzialmente distruttive per lore stesse (Loreau & de Mazancourt, 2013). Tra i mille possibili esempi uno soltanto: l’aumento degli inquinanti atmosferici di origine umana riduce la tenuta degli alberi che a loro volta prevengono rischi idrogeologici (Malik et al., 2023), riduce la presenza di impollinatori che contribuiscono al prosperare non solo di specie selvatiche ma anche delle coltivazioni umane (Ryalls et al., 2022), aumenta negli umani la probabilità di sviluppare schizofrenia con conseguente incremento della spesa sanitaria e contrazione della produttività economica (Antonsen et al., 2020) e via dicendo.

Per quanto siano noti gli effetti distruttivi diretti dell’alterazione o addirittura distruzione di ecosistemi sul benessere fisico e psicologico della nostra specie prospettive ecologiche come la one health approach vengono spesso relegate a posizioni ideologiche e politiche (Cheli, 2023). Un posizionamento dell’uomo come una sorta di apice onnipotente all’interno del vasto ecosistema chiamato terra risulta alquanto dannoso per l’uomo stesso. I dati sostengono invece una convergenza tra un antropocentrismo “funzionale” dove ricerchiamo in primis il benessere umano e un ecocentrismo dove il focus risiede nel benessere del pianeta stesso. Come si ripete spesso, non esiste un pianeta b! Ostinarsi a considerare il malessere di animali non umani, piante e ambiente come un costo sostenibile è come gettare a mare l’equipaggio della nave pensando così di ridurre il peso e aumentare la velocità di crociera.

 

Simone Cheli

 

Bibliografia

 

Antonsen, S., Mok, P. L. H., Webb, R. T., Mortensen, P. B., McGrath, J. J., Agerbo, E., Brandt, J., Geels, C., Christensen, J. H., & Pedersen, C. B. (2020). Exposure to air pollution during childhood and risk of developing schizophrenia: a national cohort study. The Lancet. Planetary health, 4(2), e64–e73. https://doi.org/10.1016/S2542-5196(20)30004-8

Cheli, S. (2023). Cambiamenti climatici e personali: un legame indissolubile. Retrieved from:  https://www.tagesonlus.org/2023/04/20/cambiamenti-climatici-e-personali-un-legame-indissolubile

Decaro, N., Martella, V., Saif, L. J., & Buonavoglia, C. (2020). COVID-19 from veterinary medicine and one health perspectives: What animal coronaviruses have taught us. Research in Veterinary Science, 131, 21-23. https://doi.org/10.1016/j.rvsc.2020.04.009

Engel, G. L. (1977). The need for a new medical model: A challenge for biomedicine. Science, 196(4286), 129–136. https://doi.org/10.1126/science.847460

Lefrançois, T., Malvy, D., Atlani-Duault, L., Benamouzig, D., Druais, P. L., Yazdanpanah, Y., Delfraissy, J. F., & Lina, B. (2023). After 2 years of the COVID-19 pandemic, translating One Health into action is urgent. Lancet (London, England), 401(10378), 789–794. https://doi.org/10.1016/S0140-6736(22)01840-2

Loreau, M., & de Mazancourt, C. (2013). Biodiversity and ecosystem stability: a synthesis of underlying mechanisms. Ecology letters, 16 Suppl 1, 106–115. https://doi.org/10.1111/ele.12073

Malik, I., Wistuba, M., Sun, L., He, J., Li, C., Yu, Y., … & Sitko, K. (2023). Adverse effects of air pollution on human health predicted from tree-ring reductions–A conceptualization of a new ecosystem service. Ecosystem Services, 64, 101573. https://doi.org/10.1016/j.ecoser.2023.101573

Ryalls, J. M., Langford, B., Mullinger, N. J., Bromfield, L. M., Nemitz, E., Pfrang, C., & Girling, R. D. (2022). Anthropogenic air pollutants reduce insect-mediated pollination services. Environmental Pollution, 297, 118847. https://doi.org/10.1016/j.envpol.2022.118847

Schwabe, C. W. (1964). Veterinary medicine and human health. Williams & Wilkins.

Zinsstag, J., Schelling, E., Waltner-Toews, D., & Tanner, M. (2011). From “one medicine” to “one health” and systemic approaches to health and well-being. Preventive veterinary medicine, 101(3-4), 148-156. https://doi.org/10.1016/j.prevetmed.2010.07.003

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