I Nostri Reportage – Incontro con Andrea Fossati

Citazione Consigliata: Cheli, S. (2017). I Nostri Reportage: Incontro con Andrea Fossati [Blog Post]. Retrieved from: https://www.tagesonlus.org/2017/05/23/incontro-con-andrea-fossati/

 

Il 13 maggio 2017 il prof. Andrea Fossati e la dott.ssa Antonella Somma hanno presentato presso Tages Onlus la traduzione italiana delle due interviste cliniche “SCID-5-CV Intervista clinica strutturata per i disturbi del DSM-5” (First, Williams, Karg & Spitzer, 2017a) e “SCID-5-PD Intervista clinica strutturata per i disturbi di personalità del DSM-5” (First, Williams, Karg & Spitzer, 2017b), sviluppate nella loro versione originale da Micheal B. First e colleghi. L’attento lavoro svolto dall’équipe di Fossati ha permesso ai clinici italiani di usufruire di quello che ad oggi è l’unico strumento riconosciuto per effettuare diagnosi standardizzate (perizie, ricerca, assessment, etc.) secondo i criteri delineati dal “Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fith Edition” o semplicemente DSM-5 (APA, 2013a). La pubblicazione delle due interviste rappresenta quindi lo step finale di un lungo processo iniziato nel 2000 che è dunque durato oltre 15 anni (APA, 2002).

Chiunque abbia seguito i dibatti che hanno affiancato la realizzazione di una qualsiasi edizione del DSM sa quante acerrime contrapposizioni si siano da sempre alternate. La storia del DSM è infatti imprescindibile dalla storia dell’American Psychiatric Association e quindi del ruolo che la psichiatria americana ha avuto nel corso del 900 in patria ed all’estero. La gran parte delle proposte classificatatorie e la gran parte delle critiche contro queste sollevate sono infatti nate all’interno del dibattio scientifico, culturale e politiche americano del dopoguerra (Fischer, 2012). Un dibattito che ha sempre più spinto la discussione verso l’ambizione, spesso irrealizzata, di avere delle modalità di diagnosi psichiatrica ripetibili e basate su evidenze scientifiche (Craddock & Mynors-Wallis, 2014).

Sebbene il sistema classificatorio proposto dal DSM non sia l’unico possibile e da molte parti si siano sollevate critiche e proposte alternative nella concettualizzazione, nella valutazione e nella formulazione della psicopatologia, quanto proposto dall’APA rappresenta il metro di paragone storico ed applicativo in tale ambito (Greenwood, 2015). E’ lapalissiano affermare come la quasi totalità delle pubblicazioni esistenti in psichiatria e psicologia clinica facciano direttamente o indirettamente riferimento al sistema del DSM che rappresenta dunque il paradigma scientifico dominante.

Nell’introdurre i due protocolli di intervista Andrea Fossati ha elegantemente evidenziato come all’interno o meglio nascosto da questo paradigma vi siano numerose riflessioni teoriche e studi approfonditi volti ad implementare il sistema diagnostico vigente. In particolare, nell’ambito della concettualizzazione e dell’assessment dei disturbi di personalità, sono evidenti i tentativi di riforma dei cluster presenti già dalla precedente versione del DSM. Tali tentativi rappresentano l’emergere di un filone di ricerca che per quanto non dominante si caratterizza, anno dopo anno, per una capacità esplicativa ed anticipatoria che lo assimila alla definizione di programma di ricerca scientifico progressivo in grado di evolversi costantemente (Lakatos, 1970).

Una valutazione della personalità presuppone infatti una concettualizzazione del sistema di funzionamento globale di una persona che travalica necessariamente la dimensione psicopatologica e che ha spinto teorici e clinici a sviluppare strumenti operativi in grado di com-prendere quante più dimensioni possibili ed adattarsi a quante più popolazioni e contesti (Butcher, 2009). E per quanto i massimi esperti di personalità (tra cui Andrea Fossati) riconoscano nel paradigma DSM un’ineludibile utilità, “ciononostante, una delle criticità del sistema classificatorio dell’APA è la mancanza di una copertura adeguata” (Widiger, 2012) in grado di spiegare l’esperienza umana nella sua interezza. Lasciamo agli storici della psicologia e della psichiatria le riflessioni su quali motivazioni politiche, culturali o economiche abbiamo rallentato il diffondersi di una nuova concettualizzazione dei disturbi di personalità.

Quello che però è interessante notare è come il programma di ricerca alternativo sia presente all’interno ed all’esterno dell’APA. Nei capitoli finali del DSM-5 è infatti stata inserita una formulazione alternativa dei disturbi di personalità tramite la quale ci si auspica di “far fronte ai numerosi limiti dell’approccio corrente” (APA, 2013b, p. 761). L’alternatività sta nel passaggio da una concettualizzazione categoriale ad una dimensionale o di tratto che permette di comprendere il funzionamento del sè ed interpersonale in termini di minore o maggiore gravità, piuttosto che in presenza o assenza di un cluster patologico. Similmente la pubblicazione del sistema classificatorio dei disturbi di personalità nel prossimo International Classification of Diseases, ICD-11 si caratterizza per lo stesso dibattito tra concettualizzazione categoriale e dimensionale (Bornstein, 2016). Anche in questo caso il modello alternativo di disturbi di personalità si focalizza su 5 dimensioni che in base al livello di gravità possono strutturarsi come disturbi o meno (Othmanns & Widiger, 2017).

Quello che in molti sembrano auspicarsi è che il sistema ICD-11 mostri il coraggio innovativo nell’abbandonare un modello categoriale seguendo i suggerimenti che la Task Force dell’APA stessa aveva formulato, affermando come le specificità sintomatologiche potessero essere “meglio rappresentate da dimensioni piuttosto che da un set di categorie, specialmente nell’ambito dei tratti di personalità” (APA, 2002, p.12).

 

Nel confrontare i sistemi ICD e DSM si è soliti evidenziare due differenze. Da un lato l’ICD si è sempre caratterizzato per una finalità maggiormente orientata alla praticità clinica piuttosto che alla pura standardizzazione. Dall’altro il DSM nasce e si sviluppa all’interno di una specifica cornice culturale e linguistica (quella anglosassone), laddove l’ICD ambisce ad essere transculturale. Se dobbiamo individuare una dimensione trasversale tra tutte queste differenze ci piacerebbe fosse quella del pragmatismo inglese, ben rappresentato dal proverbio whatever works, basta che funzioni! Lo stesso principio che a nostro avviso caratterizza le evoluzioni più recenti della psicologia clinica che stanno sempre più portando ad abbandonare categorie contenutistiche necessariamente legate a contesti storici e culturali, per esplorare quei proccessi che ricorrono nell’esperienza umana a prescidere da una dimensione patologica (Harvey, Watkins, Mansell, & Shafran, 2004) o cosiddetta normale (Fleming & frith, 2004).

“Come per tutte le classificazioni, alla fine sono i clinici a decidere. Se una classificazione non aiuta il clinico non sarà usata e quindi la sua utilità clinica sarà il metro del suo successo” (Tyrer, 2014, p. 7).

 

 

Simone Cheli

Presidente, Tages Onlus

 

 

Bibliografia

American Psychiatric Association. (2002). A Research Agenda for DSM-5. Washington, DC: Author.

American Psychiatric Association. (2013a). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition. Washington, DC: Author.

American Psychiatric Association. (2013b). Alternative DSM-5 Model for Personality Disorders. In Author, Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition. Washington, DC: Author.

Bornstein, R.F. (2016). Toward a firmer foundation for ICD-11: On the conceptualization and assessment of personality pathology. Personality and Mental Health, 10(2):123-6. doi: 10.1002/pmh.1342.

Butcher, J.N. (2009). Clinical persnality assessment: history, evolution, comtemporary mdels, and practical applications. In J.N. Butcher (Ed.), Oxford Handbook of Personality Assessment. Oxford: Oxford University Press.

Craddock N & Mynors-Wallis L (2014). Psychiatric diagnosis: impersonal, imperfect and important. The British Journal of Psychiatry, 204 (2) 93-95; doi: 10.1192/bjp.bp.113.13309

First, M.B., Williams, J.B.W., Karg, L.S., & Spitzer, R.L. (2017a). Guida per l’Intervistatore per l’Intervista Clinica Strutturata per i Disturbi del DSM-5 [Edizione Italiana a cura di A. Fossati & S. Borroni]. Milano: Raffaelo Cortina.

First, M.B., Williams, J.B.W., Karg, L.S., & Spitzer, R.L. (2017b). Guida per l’Intervistatore per l’Intervista Clinica Strutturata per i Disturbi di Personalità del DSM-5 [Edizione Italiana a cura di A. Fossati & S. Borroni]. Milano: Raffaelo Cortina.

Fischer, B.A. (2012). A review of American psychiatry through its diagnoses: the history and development of the Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders. The Journal of Nervous and Mental Disease. 12:1022-30. doi: 10.1097/NMD.0b013e318275cf19

Fleming, S.M. & Frith, C.D. (Eds). (2004). The Cognitive Neuroscience of Metacognition. New York: Springer.

Greenwood. J.D. (2015). A Conceptual History of Psychology. Exploring the Tangle Web. Second Edition. Cambridge, UK: Cambridge University Press.

Harvey, A., Watkins, E., Mansell, W., & Shafran, R. (2004). Cognitive Behavioral Processes across Psychological Disorders. A Transdiagnostic Approach to Research and Treatment. Oxford, UK: Oxford University Press.

Lakatos, I. (1970). Falsification and the methodology of the scientific research programmes. In I. Lakatos & A. Musgrave (Eds.), Criticism and the Growth of Knowledge. Cambridge, UK: Cambridge University Press.

Oltmanns, J.R., & Widiger, T.A. (2017). A self-report measure for the ICD-11 dimensional trait model proposal: the Personality Inventory for ICD-11. Psychological Assessment, 2017 Feb 23. doi: 10.1037/pas0000459

Tyrer, P. (2014). Time to choose – DSM-5, ICD-11 or both? Archives of Psychiatry and Psychotherapy, 3:5-8.

Widigerm T.A. (2012). Hostorical developments and current issues. In T.A. Widiger (Ed.), Oxford Handbook of Personality Disorders. Oxford: Oxford University Press.

 

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