DECISION MAKING NEL DISTURBO DA GIOCO D’AZZARDO

Citazione consigliata: Chiarello, F. (2019). Decision Making nel Disturbo da gioco d’azzardo. [Blog Post]. Retrieved from: https://www.tagesonlus.org/2019/06/10/decision-making-gioco-dazzardo

 

Il disturbo da gioco d’azzardo (Gambling Disorder o GD) è una dipendenza comportamentale legata ad una maggiore reattività a stimoli correlati al gioco d’azzardo e ad una ridotta reattività verso stimoli che segnalano ricompense naturali (ad es. immagini a contenuto erotico inducono una minore attivazione dello striato ventrale nel GD) (Potenza, 2008; Romanczuk-Seiferth, van den Brink, & Goudriaan, 2014). La dimensione del fenomeno del disturbo da gioco d’azzardo in Italia è difficilmente stimabile, ma il Ministero della Salute lo inquadra tra lo 0,5% e il 2,2% della popolazione generale. Tale prevalenza rende necessario approfondire le basi neurobiologiche del disturbo, al fine di comprenderne meglio le caratteristiche e di poter implementare la diagnosi e gli approcci terapeutici.

Recentemente il disturbo da gioco d’azzardo è stato classificato come una dipendenza insieme ai disturbi da uso di sostanze (substance use disorders o SUDs). Questa nuova classificazione è stata suggerita dal fatto che il GD e le SUDs hanno in comune lo stesso nucleo sintomatologico (che include il craving, l’astinenza e la tolleranza). Inoltre, il GD e le SUDs mostrano caratteristiche neuro-comportamentali simili (impulsività, perseveranza nelle risposte, alterazioni a livello ventrostriatale e della corteccia ventromediale prefrontale e orbitofrontale) (Clark et al., 2013; Leeman & Potenza, 2012).

Un alterato decision-making è il core sintomatologico del GD e si manifesta soprattutto nella forma di scelte impulsive e nei comportamenti rigidi a dispetto delle conseguenze negative (Romanczuk-Seiferth et al., 2014).

Un grande corpus di evidenze mostra che i soggetti con GD eseguono peggio task di decision-making come Iowa Gambling Task (IGT), in particolare evidenziando una preferenza per i guadagni a breve termine e una disfunzione nell’adattare le scelte alle conseguenze negative (Brevers, Bechara, Cleeremans, & Noel, 2013; Ciccarelli, Griffiths, Nigro, & Cosenza, 2017). Power, Goodyear, & Crockford (2012) hanno usato l’IGT durante una risonanza magnetica funzionale (fMRI), riscontrando un aumento del segnale Blood Oxygenation Level Dependent (BOLD) nella corteccia prefrontale (PFC) e nei nuclei della base nei soggetti con GD paragonati ai controlli sani durante decisioni ad elevato rischio. La sovra-attivazione di queste componenti del sistema di reward è in linea con molti altri studi che hanno dimostrato per i soggetti con GD una preferenza più forte per le ricompense immediate rispetto a ricompense tardive ma durature (ad es. carriera, salute, relazioni), se comparati ai controlli sani (Mackillop et al 2011).

Un ulteriore sintomo di deficit nel decision-making nel GD è il comportamento “loss-chasing” (letteralmente l’inseguimento della perdita). Si tratta di un pattern comportamentale in cui il giocatore tenta di compensare le perdite passate continuando a giocare ed entrando così in un circolo vizioso di ulteriori perdite e inseguimento continuo delle stesse (Campbell-Meiklejohn, Woolrich, Passingham, & Rogers, 2008). In uno studio sulle basi neurali del comportamento di “loss chasing” in soggetti sani, la decisione di inseguire una perdita rispetto alla decisione di rinunciare è stata legata a un aumento dell’attivazione della corteccia ventromediale prefrontale (vmPFC) e della parte subgenicolata della corteccia cingolata anteriore (ACC) (Campbell-Meiklejohn et al., 2008).

Il concetto di loss aversion (LA, letteralmente avversione alla perdita) offre un approccio per studiare il ruolo delle perdite nel processo decisionale. LA è la tendenza intrinseca negli esseri umani a preferire opzioni che permettano di evitare possibili perdite su quelle che potrebbero fornire guadagni della stessa ampiezza (Kahneman & Tversky, 1979). Nella maggior parte degli studi tale relazione risulta essere di 2:1, nei soggetti sani. Mentre da un punto di vista puramente economico la LA risulta irrazionale, in quanto non tende a massimizzare il valore atteso (Thaler, 2000), è stata dimostrata la presenza di una tendenza alla LA nella maggior parte delle culture e nei primati non umani (Chen, Lakshminarayanan, & Santos, 2006; Wang, Rieger, & Hens, 2016).

Questi risultati suggeriscono che la LA è adattativa e che una sua riduzione potrebbe portare a comportamenti svantaggiosi. Mentre gli studi sul GD sono scarsi e portano a conclusioni differenti (giocatori in trattamento che mostrano LA aumentata mentre giocatori naive hanno una LA diminuita), De Martino, Camerer, & Adolphs (2010) hanno pubblicato un caso clinico di danno bilaterale focale dell’amigdala con perdita completa della LA. Tale evidenza potrebbe indicare come le emozioni svolgano un ruolo più importante del previsto nella LA. Come hanno sottolineato Charpentier et al. (2015), la LA non è costante all’interno degli individui, ma dipende da informazioni contestuali. Questo risultato è importante perché le persone con dipendenze mostrano una maggiore reattività a segnali legati alla dipendenza stessa (Romanczuk-Seiferth et al., 2014).

Sulla base di tali caratteristiche cognitive e di maggiore reattività verso stimoli contestuali legati alla dipendenza, negli ultimi anni si sono sviluppati approcci psicoterapici per il disturbo da gioco d’azzardo (mentre la terapia farmacologia è utilizzata soprattutto per il trattamento delle comorbidità).

La terapia cognitivo comportamentale (CBT) implica tipicamente l’identificazione di trigger esterni per il gioco d’azzardo, l’ipotizzare una messa in atto di risposte diverse a quei trigger e la promozione di alternative al gambling (Petry, 2005). Un problema comune a molti studi sul trattamento CBT nei soggetti con disturbo da gioco d’azzardo è l’alto tasso di drop out (fino a 2/3 dei pazienti).

Tale problematica potrebbe essere affrontata unendo al trattamento CBT un intervento motivazionale, con la funzione di aumentare la partecipazione attiva al trattamento e aiutare i pazienti a prendere decisioni più salutari per la propria vita.

 

Dott.ssa Francesca Chiarello

Medico Psichiatra, Psicoterapeuta

 

 

Bibliografia:

Brevers, D., Bechara, A., Cleeremans, A., & Noel, X. (2013). Iowa Gambling Task (IGT): twenty years after – gambling disorder and IGT. Frontiers in Psychology, 4.

Campbell-Meiklejohn, D. K., Woolrich, M. W., Passingham, R. E., & Rogers, R. D. (2008). Knowing when to stop: the brain mechanisms of chasing losses. Biological Psychiatry, 63(3), 293–300.

Charpentier, C. J., Martino, B. D., Sim, A. L., Sharot, T., & Roiser, J. P. (2015). Emotion-induced loss aversion and striatal-amygdala coupling in low-anxious individuals. Social Cognitive and Affective Neuroscience, nsv139.

Chen, M. K., Lakshminarayanan, V., & Santos, L. R. (2006). How basic are behavioral biases? Evidence from capuchin monkey trading behavior. Journal of Political Economy, 114(3), 517–537.

Ciccarelli, M., Griffiths, M. D., Nigro, G., & Cosenza, M. (2017). Decision making, cognitive distortions and emotional distress: A comparison between pathological gamblers and healthy controls. Journal of Behavior Therapy and Experimental Psychiatry, 54, 204–210.

Clark, L., Averbeck, B., Payer, D., Sescousse, G., Winstanley, C. A., & Xue, G. (2013). Pathological Choice: The Neuroscience of Gambling and Gambling Addiction. The Journal of Neuroscience, 33(45), 17617–17623. h

De Martino, B., Camerer, C. F., & Adolphs, R. (2010). Amygdala damage eliminates monetary loss aversion. Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, 107(8), 3788–3792.

Kahneman, D., & Tversky, A. (1979). Prospect theory: An analysis of decision under risk. Econometrica: Journal of the Econometric Society, 263–291.

Leeman, R. F., & Potenza, M. N. (2012). Similarities and Differences between Pathological Gambling and Substance Use Disorders: A Focus on Impulsivity and Compulsivity. Psychopharmacology, 219(2), 469–490.

MacKillop, J., Amlung, M. T., Few, L. R., Ray, L. A., Sweet, L. H., & Munafò, M. R. (2011). Delayed reward discounting and addictive behavior: a meta-analysis. Psychopharmacology, 216(3).

Petry NM. (2005). Pathological gambling: Etiology, comorbidity, and treatment. Washington, DC: American Psychological Association.

 

Potenza, M. N. (2008). The neurobiology of pathological gambling and drug addiction: an overview and new findings. Philosophical Transactions of the Royal Society B: Biological Sciences, 363(1507), 3181–3189.

Power, Y., Goodyear, B., & Crockford, D. (2012). Neural Correlates of Pathological Gamblers Preference for Immediate Rewards During the Iowa Gambling Task: An fMRI Study. Journal of Gambling Studies, 28(4).

Romanczuk-Seiferth, N., van den Brink, W., & Goudriaan, A. E. (2014). From Symptoms to Neurobiology: Pathological Gambling in the Light of the New Classification in DSM-5. Neuropsychobiology, 70(2), 95–102.

Thaler, R. H. (2000). From homo economicus to homo sapiens. The Journal of Economic Perspectives, 14(1), 133–141.

Wang, M., Rieger, M. O., & Hens, T. (2016). The Impact of Culture on Loss Aversion. Journal of Behavioral Decision Making, n/a-n/a.

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