NON SO SCEGLIERE, COME MAI?
Citazione consigliata: Enzo, C. (2019). Non so scegliere, come mai? [Blog Post]. Retrieved from: https://www.tagesonlus.org/2019/06/30/non-so-scegliere-come-mai
Niente è più difficile e, dunque, più prezioso, dell’essere abile a prendere le decisioni.
Napoleone, Massime -1804
Molto spesso, alcuni pazienti, arrivano a decidere di intraprendere un percorso di psicoterapia per riuscire a fare una scelta. Sarà interessante capire che cosa quella scelta ci racconta di quel paziente…Potremmo cominciare a chiederci: “Perché questa persona si è bloccata proprio lì?”. Non tutti quelli che devono scegliere vanno in psicoterapia, se lo fanno è perché si sta attivando qualcosa che ha un impatto sulle loro credenze, sugli schemi o se preferite, sulle credenze patogene. La scelta è solo un trigger di qualcosa di molto più profondo, che ci darà informazioni sullo stato temuto del paziente.
La scelta accompagna l’essere umano dall’origine dei tempi, sarebbe meglio dire la donna, dato che è stata Eva a decidere di mangiare la mela! Tito Livio in “Ab urbe condita” riporta che nessuna decisione, in guerra e in pace, veniva presa senza aver consultato gli àuguri. Oggi si direbbe che si tratta di una sorta di “deresponsabilizzazione, di una delega, di uno spostamento del locus of control all’esterno” (Rotter, 1954), per cui ciò che accade non dipende da me, ma da fattori non gestibili, quali il fato, la fortuna. Poi c’è il problema della cultura positivista, per cui si ritiene che la chiave di qualsiasi decisione sia una questione prettamente computazionale. Basta fare un’analisi dei costi e dei benefici e si capisce cosa fare, magari anche con una tabellina excel! Peccato che la maggioranza delle scelte che ci appaiono difficili, hanno a che fare con vissuti psicologici, che non sono misurabili come le grandezze fisiche.
Ma se c’è una sorta di paralisi decisionale devo andare ad indagare se ci sono problemi di agency, ovvero se ci sono delle difficoltà nella percezione di avere la facoltà di far accadere le cose, di intervenire sulla realtà, di poter esercitare un potere causale (Bandura,1997).
Nei Disturbi di Personalità, ad esempio, vi è difficoltà marcata nel regolare le scelte (Dimaggio e Semerari, 2003; Dimaggio et al., 2007; Carcione et al, 2004). Nel DSM-5 (APA, 2013) si descrive come in questi disturbi ci sia un malfunzionamento del Sé, legato alla carenza di autodirezionalità, ovvero quella capacità di perseguire obiettivi coerenti e significativi, sia nel breve che nel lungo periodo, utilizzando standard interni di comportamento costruttivi e prosociali, unitamente alla capacità di comprendere e riflettere sui propri processi mentali.
Scegliere implica decidere quali opzioni scartare e quindi tollerare di perdere. Scegliere vuol dire anche venire a patti col senso del limite, tollerando la frustrazione. Il giocatore d’azzardo, ad esempio, rincorre la perdita, giocando più spesso o puntando più soldi per recuperare le somme perse in passato, in quanto valuta che dopo un certo numero di eventi perdenti è più probabile che si vinca. Non solo non tollera la frustrazione, ma utilizza inconsapevolmente una serie di distorsioni cognitive, che non lo fanno decidere a suo favore (Fortune e Goodie, 2012).
Ma quanto la nostra società ci “educa” a tollerare la perdita? Quanto la difficoltà di prendere decisioni di un paziente può essere ascrivibile a questo? Scegliere vuol dire assumersi la responsabilità, implica lo “spiccare il volo”, crescere, come afferma Yalom:
“La responsabilità significa riconoscere la paternità di un comportamento o di un avvenimento. Essere consapevoli della responsabilità significa essere consapevoli del creare il proprio sé, il proprio destino, le proprie situazioni difficili nella vita, i propri sentimenti e, se dovesse essere il caso, la propria sofferenza” [Irvin Yalom (1980/2019), Psicoterapia esistenziale, Ed. Neri Pozza, p. 265]
Se posso scegliere vuol dire che sono libero e la libertà può far paura, specialmente quando si percepisce che le alternative che si hanno davanti possano essere più o meno equivalenti.
Ma quanto può essere complesso accettare tale responsabilità? Dipende! Per alcune persone scegliere attiva il senso di colpa. Nella Control Mastery Theory si parla a tal proposito di sensi di colpa inconsci, quali: il senso di colpa da separazione/slealtà, il senso di colpa del sopravvissuto, il senso di colpa da responsabilità onnipotente e il senso di colpa da odio di sé (Weiss e Sampson, 1986; Gazzillo, 2016). Secondo questo modello alla base dei precedenti sensi di colpa ci sono le credenze patogene, che vengono messe alla prova durante tutta la terapia, tramite dei test, allo scopo di ridurli, in modo da riuscire a scegliere liberamente, in un contesto di “sicurezza” , di cambiare.
Poi ci sono quelli che devono prendere la scelta “giusta”, oserei dire perfetta. Sono quelle persone che Simon (1956) definisce i “massimizzatori”, ovvero coloro che cercano di ottenere l’esito migliore. Questi soggetti non sono disposti ad accettare di fare scelte imperfette, tollerando limiti di tempo e di opzioni. Non vi è tolleranza dell’ambivalenza del compromesso, perciò tali persone saranno inclini a ruminare sull’assenza della perfezione ambita.
Ma come affermano Kanheman e Tversky (1984) gli esseri umani scelgono nonostante i vincoli dell’incertezza e dei limiti temporali. Altrimenti? La buona o brutta notizia è che si sceglie comunque, perché anche non scegliere ha delle conseguenze!
Psicologa Psicoterapeuta
Bibliografia
American Psychiatric Association (APA) (2013), DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, tr. it. Raffaello Cortina, Milano, 2014.
Bandura, A. (1997), Autoefficacia: teoria e applicazioni. Tr. it. Edizioni Erickson, Trento, 2000.
Carcione et al.(2004).La regolazione delle scelte nei disturbi di personalità, in Cognitivismo Clinico,1, pp. 32-48.
Dimaggio e Semerari (2003).(a cura di)I disturbi di personalità.Modelli e trattamento.Stati mentali, metarappresentazione, cicli interpersonali, Laterza, Roma-Bari.
Dimaggio et al.(2007).Psychotherapy for personality disorders: Matacognition, states of mind, cognitive bias and iterpersona lcycles.Routledge, London.
Fortune E.E., Goodie A.S., (2012) Cognitive Distortions as a component and treatment focus of PG: a review; University of Georgia; Psychology of addictive behavior, vol 26, n. 2
Gazzillo, F. (2016). Fidarsi dei pazienti. Introduzione alla Control Mastery Theory. Raffaello Cortina Editore.
Kanheman,D. & Tversky,A. (1984).Choices, values and frames.American Psychologists, 39(4),341-350.
Rotter, J.B. (1966). “Aspettative generalizzate per interno contro il controllo esterno di rinforzo”. Psicologici Monografie: General & Applicata . 80 (1): 1-28.
Simon, H.A. (1956).Rational choice and the structure of the environment. Psychological Review, 63 (2), 129-138
Tito Livio, Ab Urbe condita libri, VI, 41.
Weiss J., Sampson H. & the Mount Zion Psychotherapy Research Group (1986). The Psychoanalytic Process: Theory, Clinical Observation, and Empirical Research. New York: Guilford (trad. it. del cap. 1: Weiss, 1986)
Yalom,I.D. (2019).Psicoterapia esistenziale.Neri Pozza editore
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