Breve guida alla terapia farmacologica dell’insonnia

Citazione Consigliata: Chiarello, F. (2020). Breve Guida alla Terapia Farmacologica dell’Insonnia [Blog Post]. Retrieved from: https://www.tagesonlus.org/2020/02/01/terapia-farmacologica-insonnia

Secondo il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, quinta edizione (DSM-5), l’insonnia è definita come insoddisfazione per la quantità o la qualità del sonno che si traduce in disagio o compromissione in ambito familiare, occupazionale o relativo ad altre importanti aree di funzionamento. L’insonnia è associata a uno o più dei seguenti sintomi (APA, 2013): difficoltà ad iniziare il sonno (sleep-onset insonnia o insonnia iniziale), difficoltà a mantenere il sonno (insonnia di mantenimento del sonno o insonnia intermedia), e risveglio mattutino precoce con l’incapacità di tornare a dormire (insonnia tardiva).

Si stima che tra i 50 e i 70 milioni di adulti negli Stati Uniti soffrano di disturbi cronici del sonno e della veglia. L’insonnia è più comune nelle donne (25%) rispetto agli uomini (18%), e la sua prevalenza aumenta con l’età, colpendo circa il 50% della popolazione anziana.

L’insonnia è costituita da tre tipi fondamentali: insonnia acuta, insonnia cronica primaria e insonnia associata o secondaria. L’insonnia acuta deriva da un fattore causale scatenante che è facilmente identificabile in un individuo che non soffriva di insonnia precedentemente. Per definizione, la forma acuta non dura più di quattro mesi.

L’insonnia cronica primaria può essere causata da diversi fattori predisponenti (genetici e costituzionali), tra cui l’iperattività dei meccanismi di risposta allo stress o dell’asse HPA; ansia e depressione; e anomalie nel ritmo circadiano (controllo circadiano del ritmo sonno-veglia). Fattori precipitanti e perpetuanti, come le caratteristiche psicosociali del soggetto (ad esempio, fatigue e irritabilità), cambiamenti comportamentali e caratteristiche cognitive, possono tutti contribuire all’insonnia.

L’insonnia associata o secondaria è principalmente correlata a un disturbo mentale sottostante, come depressione, distimia, ciclotimia, disturbo bipolare, ansia o psicosi. Questa forma di insonnia può anche essere causata da un’igiene del sonno inadeguata (cioè, abitudini inadeguate per una buona qualità del sonno), come le attività psicologicamente stressanti; il consumo di caffeina, nicotina, alcol o pasti pesanti; o attività fisica vigorosa vicino all’ora di dormire. Altre potenziali cause di insonnia associata (Lie et al., 2015) includono condizioni mediche concomitanti (ad esempio, infezioni e malattie metaboliche) e l’uso di sostanze o farmaci (ad esempio, alcol, stimolanti e antidepressivi).

Data la dimensione del fenomeno, i farmaci per l’insonnia sono prescritti comunemente dai medici di medicina generale, in particolare le benzodiazepine e i loro analoghi, con conseguente rischio di abuso.

Le classi di farmaci normalmente utilizzate nel trattamento dell’insonnia sono:

  1. Benzodiazepine e analoghi non benzodiazepinici (Z drugs)
  2. Antidepressivi ad azione sedativa (trazodone, amitriptilina, mirtazapina)
  3. Altri sedativi (antiepilettici o antipsicotici a bassi dosaggi)

 

Benzodiazepine

Sono la classe di farmaci più utilizzata nel trattamento dell’insonnia. 1 adulto su 10 ne fa uso ma la percentuale sale a 1 su 4 negli over 65. Le benzodiazepine approvate per l’uso come ipnotici/sedativi in commercio in Italia sono: brotizolam, estazolam, flunitrazepam, flurazepam, lorazepam, lormetazepam, nitrazepam, nordazepam, temazepam e triazolam. Le principali controindicazioni all’assunzione di BDZ sono la nota ipersensibilità, la miastenia gravis, la grave insufficienza respiratoria o la depressione respiratoria acuta e l’insufficienza epatica avanzata. Benché molecole caratterizzate da elevata maneggevolezza, le BDZ possono determinare l’insorgenza di effetti indesiderati che, insieme al rischio di dipendenza, devono essere monitorati. Tra gli effetti collaterali vengono riferiti sedazione, amnesia anterograda, astenia, atassia, sonnolenza e riduzione delle performances cognitive e psicomotorie. In particolare, la sedazione presenta un effetto dose dipendente, maggiormente evidente nei primi giorni di trattamento, e rappresenta un possibile fattore di rischio per le cadute accidentali negli anziani (Manzato et al., 2015). Per questo dovrebbero essere sempre assunte sotto stretto controllo medico e per periodi brevi (limitando l’assunzione a 2-4 settimane).

 

Z drugs

La più famosa, nonché la prima ad essere messa in commercio, è lo Zolpidem. Esiste in formulazione come compresse (Zolpidem, Stilnox), compresse sublinguali e gocce (Sonirem), quest’ultime due con velocità di azione maggiore e anche con maggior potenziale di abuso. Risulta efficace nel breve termine nel ridurre la latenza all’addormentamento, mentre nel lungo termine l’effetto tende a diminuire. Lo Zolpidem, come le benzodiazepine, è infatti associato a fenomeni di tolleranza, astinenza e insonnia rebound all’interruzione. Nonostante la letteratura scientifica sul potenziale di abuso dello Zolpidem scarseggi, più di 30 case report hanno evidenziato un rischio di abuso notevole per questo farmaco. In questi casi il consumo è iniziato con una dose adeguata di farmaco per il trattamento dell’insonnia, e poi con dosaggi sempre maggiori fino ad assumere il farmaco anche durante il giorno (Victorri-Vigneau et al., 2014). Alti dosaggi sono stati associati ad effetti quali euforia, craving intenso e amnesia anterograda. L’effetto euforizzante può essere uno dei maggiori rinforzi allo sviluppo di una dipendenza (Chanda et al., 2016). Come per le benzodiazepine l’assunzione dovrebbe esser limitata a 2-4 settimane.

 

Antidepressivi sedativi

Approvato dalla FDA più di 30 anni fa, il Trazodone (Trittico) è usato per trattare la depressione a dosaggi elevati. Tuttavia, a causa del suo effetto modulante su alcuni recettori della serotonina (5HT1A) e sul recettore istaminergico (H1), il farmaco è anche usato off-label come ipnotico a basse dosi.

La Mirtazapina (Remeron), un membro del gruppo di composti piperazinoazepine, ha proprietà sedative di cui possono beneficiare i pazienti con insonnia. La sedazione si ottiene attraverso potenti effetti antagonisti del farmaco sui recettori dell’istamina (H1). La mirtazapina è attualmente approvata solo per il trattamento del disturbo depressivo maggiore. Un dosaggio di 30 mg al giorno è in genere utilizzato nei pazienti con insonnia; aumentando le dosi tendono a diminuire gli effetti del farmaco sul miglioramento del sonno.

 

Antipsicotici atipici

Anche se non approvati per il trattamento dei pazienti con insonnia, i farmaci antipsicotici atipici, come la quetiapina, l’olanzapina e il risperidone, sono comunemente prescritti per i disturbi del sonno. La sedazione associata a questi farmaci deriva dai loro effetti antagonisti su più sistemi neurotrasmettitoriali, in particolare su alcuni recettori della serotonina e dell’istamina. La quetiapina è l’antipsicotico più comunemente prescritto per l’insonnia e presenta una buona maneggevolezza con un range posologico ampio. Da notare che, nella terapia con quetiapina, è importante monitorare il suo effetto sul profilo metabolico del paziente (in particolare sull’aumento dell’appetito e conseguentemente del peso).

Riassumendo, gli approcci al trattamento dell’insonnia sono vari e dipendono sia dal tipo di insonnia (iniziale, intermedia, terminale), sia dalle caratteristiche cliniche del paziente e dalla presenza di terapie internistiche (per cui dovrebbero essere valutate le interazioni farmacologiche), nonché dalle comorbidità psichiatriche (da valutare con attenzione l’uso di antidepressivi in pazienti con diagnosi di disturbo bipolare tipo 1). Per queste ragioni la terapia dovrebbe in primis esser controllata da uno specialista psichiatra ed esser sempre associata a indicazioni comportamentali di igiene del sonno.

 

Dott.ssa Francesca Chiarello

Medico Specialista in Psichiatria

 

Bibliografia

American Psychiatric Association. (2013). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders. 5th ed. Washington, DC: Publisher.

Chandan C.A., Shukla L, Kandasamy A, et al. (2016). High-dose zolpidem dependence – Psychostimulant effects? A case report and literature review. Ind Psychiatry J.; 25(2): 222–224.

Lie JD, Tu KN, Shen DD, et al. (2015). Pharmacological Treatment of Insomnia. P T. 40(11):759-71.

Manzato E, Lugoboni F, Biasin C, et al. (2015) Le benzodiazepine e i disturbi d’ansia: utilizzo clinico corretto, abuso, dipendenza e strategie di disassuefazione Parte I. Mission

Victorri-Vigneau Caroline, Gérardin, Marie, Rousselet,et al. (2014). An update on Zolpidem Abuse and Dependence. J Addict Dis.;33(1):15-23

 

 

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