DISTURBI DELL’ALIMENTAZIONE E SOCIAL MEDIA: CHE RAPPORTO C’È?

Citazione Consigliata: Peccenini, L. (2020). Disturbi dell’alimentazione e social media [Blog Post]. Retrieved from: https://www.tagesonlus.org/2020/03/04/disturbi-alimentazione-e-social-media

I disturbi dell’alimentazione e della nutrizione rappresentano una categoria diagnostica composta da diversi disturbi, tutti accomunati da un comportamento alimentare differente dalla norma che crea disagio significativo e/o compromissione del funzionamento sociale, lavorativo e relazionale.

All’interno di questa categoria, Bulimia Nervosa, Disturbo da Binge-Eating e Anoressia Nervosa hanno la maggiore prevalenza (DSM-V, 2013). I sintomi che costituiscono questi disturbi si riferiscono prevalentemente al comportamento del soggetto nei confronti del cibo (in termini di restrizione calorica, abbuffate, compensazione delle calorie ingerite, …), tuttavia quello che emerge dalla letteratura è che vi sono altri aspetti di grande importanza nell’esordio e nel mantenimento dei disturbi alimentari.

Questi fattori sono un’eccessiva valutazione del peso, del corpo e del loro controllo: mentre la maggior parte delle persone ha una valutazione di sé che comprende varie aree di vita, le persone affette da disturbi dell’alimentazione presentano una valutazione di sé centrata principalmente sul loro peso, il loro corpo, le sue forme e la capacità  di controllarli (Fairburn, 2018). In particolare, uno dei principali fattori di rischio e di mantenimento specifico dei disturbi alimentari è l’insoddisfazione corporea, costituita dalla paura di aumentare di peso e un’immagine negativa del corpo (Ballardini e Schumann, 2011).

Grogan nel 2008 ha definito l’immagine corporea come “le percezioni, i pensieri e le emozioni di una persona nei confronti del proprio corpo”. Tali percezioni, pensieri ed emozioni possono assumere una connotazione negativa quando riscontriamo una differenza notevole tra l’immagine che abbiamo del nostro corpo e un’immagine ideale (“il corpo che vorrei avere”). Questa situazione rappresenta il terreno su cui può svilupparsi l’insoddisfazione per il proprio corpo (body dissatisfaction).

L’insoddisfazione per il corpo è un fenomeno molto comune e precoce, soprattutto, ma non esclusivamente, all’interno del genere femminile. Si ritiene che i fattori sociali abbiano una grande influenza sull’insoddisfazione per il corpo e in particolare i mass media, che propongono un corpo con forme e dimensioni ideali (generalmente donne alte, molto magre ma formose).

Le due teorie più accreditate per spiegare la relazione tra ideale di bellezza veicolato dai media, insoddisfazione per il corpo e disturbi alimentari sono la teoria socioculturale e la teoria dell’oggettificazione. Secondo la prima, l’ideale di bellezza femminile irraggiungibile proposto dai media viene interiorizzato dalle donne, che si confrontano con esso, andando a creare e mantenere il vissuto di insoddisfazione. La teoria dell’oggettificazione, invece, si concentra sulla modalità  con cui il corpo della donna viene considerato nelle culture occidentali. Dal momento che il corpo femminile viene sovente presentato come un oggetto da guardare e giudicare sulla base del suo aspetto. Le donne saranno quindi portate a internalizzare questo tipo di sguardo e ad “auto-oggettificarsi”. Questa iperattenzione nei confronti dell’aspetto esterno del corpo è stato dimostrato portare a vari tipi di conseguenze negative, tra cui disturbi d’ansia e disordini alimentari (Holland & Tigggermann, 2016).

Oggi, tuttavia, i mezzi di informazione che possono veicolare un certo tipo di ideale di bellezza non sono solo televisione, riviste e giornali. L’enorme diffusione di internet ha modificato il mondo dei media e, per questo motivo, un recente filone di ricerca si sta occupando del particolare ruolo che l’esposizione ai media online può avere sull’insoddisfazione per il proprio corpo. Questi mezzi di comunicazione ed informazione (social networking, social media, …) hanno alcune caratteristiche che li rendono particolarmente rilevanti rispetto ai disturbi dell’alimentazione.

Questi attributi sono:

  • natura principalmente visiva – alcune piattaforme di social networking (ed esempio Instagram) si basano quasi esclusivamente su contenuti fotografici ed è stato dimostrato che all’aumentare del tempo dedicato a questi contenuti e alla loro modificazione aumentino anche i livelli di insoddisfazione per il corpo;
  • alto livello di interazione – i social network permettono un alto livello di interazione fra pari attraverso reazioni codificate (ad esempio like) e commenti. Alcune ricerche hanno mostrato una correlazione tra il ricevere giudizi negativi dai pari e alti livelli di insoddisfazione;
  • possibilità  di personalizzare il contenuto informativo e pubblicitario indirizzato a una persona, creando un ambiente online sempre più specifico e basato sulle ricerche precedenti – non sono disponibili molte ricerche in questo ambito, tuttavia è possibile ipotizzare che la targetizzazione dei contenuti possa far si che persone con vissuti di insoddisfazione per il proprio corpo vengano bersagliate da pubblicità  di prodotti legati al mondo del fitness, delle diete e della cosmetica, andando a peggiorare un rapporto disturbato con il proprio corpo e il cibo;
  • aggregazione di persone con interessi specifici che possono portare alla normalizzazione, o addirittura all’incitamento, di comportamenti estremi e nocivi – un fenomeno di questo genere è riscontrabile nei contenuti e nelle communities pro-disturbi alimentari (pro-ana e pro-mia) che descrivono i sintomi come espressione di stili di vita e non di un disturbo e forniscono consigli a chi voglia intraprendere certe strategie (perdere peso velocemente, vomitare o usare lassativi efficacemente, …). Anche se il numero delle ricerche è esiguo, dimostrano che vi sia una relazione tra l’essere esposti a contenuti pro-disturbi alimentari e l’aggravarsi del disturbo o l’acquisizione di competenze disfunzionali maggiori;
  • mancanza di supervisione e di moderatori – internet può essere un luogo di condivisione e uno spazio sicuro per quelle persone che sperimentano isolamento e vergogna nella vita reale. Per questo è fondamentale che vengano incentivati contenuti positivi e pro-recovery (pro-recupero), tuttavia monitorare internet è una sfida molto complessa (Saul e Rodgers, 2018).

 

Quali sono, dunque, le possibilità  di intervento individuate per ridurre o eliminare l’impatto che l’esposizione ai social media può avere sull’insoddisfazione corporea? Un promettente ambito di ricerca è quello della prevenzione, in particolare sono ampiamente diffusi i programmi di dissonanza cognitiva e di alfabetizzazione mediatica. Il primo, ideato da Stice e collaboratori (Cognitive Dissonance program) si prefigge di rovesciare il mito internalizzato della magrezza attraverso la partecipazione a diverse attività  che mirano ad attivare unicamente vissuti, emozioni e pensieri positivi nei confronti della propria immagine corporea (Piran, 2015). Gli interventi di alfabetizzazione mediatica, invece, si rivolgono a coloro che intendono incrementare le abilità  di accedere, valutare, analizzare e creare contenuti online, con l’obiettivo di aumentare l’utilizzo critico di social media e social network (McLean, Paxton, & Wertheim, 2016).

Nonostante emerga da molti studi una correlazione tra l’esposizione a determinati modelli di bellezza veicolati da social media e social network e aumento dell’insoddisfazione corporea che può portare allo sviluppo di disturbi dell’alimentazione, è importante sottolineare la natura multifattoriale di questi disordini. Accanto all’insoddisfazione per il proprio corpo e la propria immagine, vanno tenuti in considerazione molti altri fattori di rischio (genere, livello socio culturale, diete precedenti, perfezionismo, bassa autostima, …) e il particolare modo in cui si possono inserire nella storia di vita dell’individuo (Ballardini e Schumann, 2011).

Dott.ssa Ludovica Peccenini

Psicologa, Psicoterapeuta in formazione

Bibliografia

American Psychiatric Association (2013). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition, DSM-5. Arlington, VA. (Tr. it.: Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, Quinta edizione, DSM-5. Raffaello Cortina Editore, Milano, 2014).

Fairburn, C. G. (2018). La terapia cognitivo comportamentale dei disturbi dell’alimentazione, Edizione italiana a cura di Alessandra Carrozza e Riccardo Dalle Grave, Erikson

Ballardini, D., Schumann, R., (2011). La riabilitazione psiconutrizionale nei disturbi dell’alimentazione, Carrocci Faber

Holland, G., & Tiggemann, M. (2016). A systematic review of the impact of the use of social networking sites on body image and disordered eating outcomes. Body Image, 17, 100–110.

Saul, J. S., & Rodgers, R. F. (2018). Adolescent Eating Disorder Risk and the Online World. Child and Adolescent Psychiatric Clinics of North America, 27(2), 221–228.

Piran, N. (2015). New possibilities in the prevention of eating disorders: The introduction of positive body image measures. Body Image, 14, 146–157.

McLean, S. A., Paxton, S. J., & Wertheim, E. H. (2016). The role of media literacy in body dissatisfaction and disordered eating: A systematic review. Body Image, 19, 9–23.

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