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La teleterapia ai tempi del Covid-19: Lettera ad uno psicoterapeuta 2.0

Citazione Consigliata: Reda, E. (2020). “La teleterapia ai tempi del Covid-19: Lettera ad uno psicoterapeuta 2.0” [Blog Post]. Retrieved from: https://www.tagesonlus.org/2020/04/20/teleterapia-covid-19

 

 

LA TELETERAPIA AI TEMPI DEL COVID-19: LETTERA AD UNO PSICOTERAPEUTA 2.0

 

Caro/a Collega,

l’emergenza sanitaria del Covid-19 ha forzato una ridefinizione sia del nostro stile di vita che del nostro modo di lavorare come psicoterapeuti. I primi giorni di questa emergenza sono stati caratterizzati da un grande disorientamento; gruppi di aiuto professionali sui social media hanno visto un susseguirsi di domande su come gestire queste procedure, da un punto di vista tecnico e, talvolta, anche economico (qualcuno ha chiesto se la momentanea consulenza online fosse meritevole di pagamento).

Alcuni di noi hanno, in questa fase di adattamento al cambiamento, attraversato stati di impotenza, di noia, di rabbia, di curiosità, di preoccupazione sin dalle prime video-sedute con i pazienti.

 

La terapia online (o E-therapy) non è certo una novità; nel 2016 il prof. Gerard Andersson, del Dipartimento di Neuroscienze Cliniche di Stoccolma, pubblica una reviewin cui raccoglie i risultati degli ultimi 15 anni riguardo agli interventi psicologici e psicoterapeutici condotti via internet. E anche in Italia non sono mancate azioni in merito; già l’anno successivo il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi (CNOP) pubblica delle Linee Guida per la Digitalizzazione della professione e dell’intervento psicologico mediato dal web. Oltre ad offrire un ampio scenario dello stato dell’arte e indicazioni su applicazioni per integrare (e spesso snellire) il lavoro psicoterapeutico faccia a faccia, il CNOP fornisce una serie di raccomandazioni di best practice, rispetto del codice etico e deontologico ed efficacia degli interventi psicoterapici online (scaricabili in formato pdf dal link https://www.psy.it/wp-content/uploads/2015/04/Atti-Tipici_DEF_interno-LR.pdf).

 

Sostanzialmente il CNOP ci dice questo: la E-therapy deve comprendere interventi indicati per lo specifico paziente, una buona conoscenza dello strumento informatico da parte del professionista e le considerazioni legate ai sistemi di pagamento, alla fatturazione, alle modalità di consenso informato per la privacy.

Gli ultimi punti sono facilmente praticabili grazie ad una grande accessibilità di moduli di consenso ad hoc, sistemi di fatturazione elettronica, plurime modalità di pagamento possibili e numerosi tutorial per scaricare e conoscere le più recenti piattaforme. L’utilizzo di queste ultime tra le altre cose consente anche di condividere lo schermo con il paziente, mostrare slidese scrivere su fogli virtuali esattamente come se fossimo davanti ad una scrivania. Se, quindi, il CNOP ci supporta nella gestione della burocrazia e nel come accedere agli strumenti per la terapia online, untasto decisamente più complicato è ilcapire quanto il singolo paziente, di cui abbiamo imparato a conoscere la gestualità, la mimica facciale e persino la sua distanza interpersonale preferita, sia indicato o meno per il passaggio al virtuale.

Non che il Covid-19 ci abbia dato tante alternative o tempo per rifletterci su, ma anche in questo la letteratura ha spianato la strada, segnalandoci i vantaggi che avremmo ricavato dall’E-therapynonché i limiti a cui prestare attenzione.

 

Come accade nelle terapie per malattie croniche, il Covid-19 è entrato prepotentemente nelle nostre video-sedute. Primo obiettivo è stato quello di ridurre i danni causati a livello di tenuta psicologica da questo virus che di “regale” ha ben poco. Quindi si sono susseguiti interventi di validazione emotiva, di rassicurazione e di ampliamento delle strategie per regolare i vissuti emotivi, talvolta messi in crisi, oltre che dalla psicopatologia specifica del paziente, anche dal nuovo contesto di quarantena forzata. Che la nostra formazione fosse cognitivista, lacaniana, sistemico-relazionale o altro, parlando con colleghi e leggendo articoli sul web, all’inizio sembrava che tutti fossimo diventati ad un tratto comportamentisti, focalizzati sull’impostazione di una routine quotidiana, di nuove attività da esplorare per spostare l’attenzione della mente del paziente su sensazioni piacevoli e sulla propria efficacia, in modo da tollerare meglio la prepotenza e l’onnipresenza del virus. E’ stato il momento dell’adattamento al cambiamento, del “tener botta”(in una fase in cui lo stavamo già facendo per noi stessi e per i nostri familiari), del guidare i nostri pazienti verso quella che Marsha Linehan chiama accettazione radicalee verso quel motto, spesso sentito nei servizi di alcolismo e tossicodipendenza, che ci invita a conquistare laserenitàdi accettare le cose che non possiamo cambiare, il coraggio di cambiare ciò che possiamo cambiare e la saggezza per conoscerne la differenza.

 

La sensazione è che, una volta superata o comunque meglio gestita questa fase, ne sia seguita subito un’altra: come fare a mantenere almeno in parte i risultati ottenuti fino ad oggi dalla terapia con questo paziente?Dando torto ad Emmett Brown che in Ritorno al Futuro – Idiceva che “per dove stiamo andando non esistono strade”, un modo per gestire questo punto comprende un’attenta valutazione dei pazienti con cui si sta lavorando in versione digitale (Suler et al., 2001, citato in Rochlen et al., 2004). Studi rivelano buoni risultati in condizioni cliniche come la depressione (non grave), i disturbi d’ansia e l’obesità (Andrews et al, 2010; Saperstein et al, 2007).

 

Primum non nŏcēre. Che significa imparare a stare un passo avanti al paziente, a distinguere le cose su cui poter metter mano da quelle che rischiano di essere iatrogene. L’efficacia di ogni psicoterapia è, sì, legata a doppia mandata agli strumenti e ai protocolli evidence-based(le cui cornici che attestano quanti ne abbiamo faticosamente studiato ci aspettano polverose nei nostri studi), ma non possiamo mettere da parte il rapporto che i pazienti stabiliscono con questi aspetti, cioè l’esplicita condivisione di obiettivi tra terapeuta e paziente, la chiara definizione di compiti reciproci e la fiducia (Bordin, E. S., 1979). Il tutto stavolta mediato da uno schermo, con tutti i limiti connessi (La terapia online ai tempi della quarantena: Intervista a Giancarlo Dimaggio,G. D’Amico). Se la cura passa anche in luoghi in cui i tempi e gli spazi della terapia non hanno sempre un contorno definito (basti pensare ai nostri colleghi che lavorano efficacemente con le vittime di terremoti, con i detenuti o nelle comunità terapeutiche), come mantenere la fiducia nella relazione terapeutica in un settingvirtuale che stiamo ricostruendo con il paziente?

 

Su questo purtroppo non sono ancora tanti i dati di letteratura. In una ricerca sul trattamento della depressione, non è stata trovata alcuna differenza significativa nella percezione dell’alleanza terapeutica tra i pazienti che avevano ricevuto una terapia vis-a-vise quelli che avevano ricevuto una E-therapy (Apolinario-Hagen et al., 2015). Sempre parlando di depressione e disturbi d’ansia, Andersson e colleghi (2012b) non hanno trovato alcuna correlazione significativa tra la qualità dell’alleanza di lavoro terapeutico e i risultati del trattamento. Anche la CBT online per il trattamento del disturbo da stress post traumatico ha mostrato dati che fanno ben sperare, mettendo in evidenza un’alleanza terapeutica positiva e stabile in campioni di pazienti trattati con l’internet-based CBT (Knaelvesrud et al., 2014). Un recentissimo studio preliminare di Femia e colleghi (2020) su un campione di 339 terapeuti ha indagato diverse aree, quali: l’adesione al settingtelematico, la percezione di efficacia da parte del terapeuta, le differenze nei metodi e negli obiettivi rispetto alla terapia standard, il rischio di drop-out, le differenze sulla base dei tratti personologici e della sintomatologia presentata. La conclusione preliminare dello studio, certamente da approfondire, ad oggi riconduce i limiti della terapia online principalmente ad una maggior percezione di faticosità per il terapeuta a lavorare in questo tipo di settinge ad alcune specifiche caratteristiche del paziente (es. tipo di sintomatologia presentata).

La letteratura quindi fornisce un messaggio positivo sia sui tipi di condizioni cliniche su cui implementare interventi online, sia su come approfondire il delicato tema dell’alleanza terapeutica; non c’è neppure bisogno di scrivere che sì, le sedute online devono essere retribuite: è la nostra professione, non stiamo facendo un aperi-skypecon amici!

 

Una psicoterapia digitalizzata efficace è dunque possibile, basta stare attenti ai campanelli d’allarme che ci segnala la comunità scientifica e mantenere alta la curiosità e l’onestà intellettuale. Tuttavia, considerato che ci troviamo in uno dei tanti campi da implementare, è utile che noi, come professionisti della salute mentale, promuoviamo personalmente una grande operazione di disciplina interiore, osservando eventuali timori e/o fastidi, rimodulando se necessario obiettivi e compiti terapeutici (soprattutto in questa fase emergenziale) e cogliendo le nuove informazioni che riceviamo su di noi e sui nostri pazienti.

Tali informazioni, infatti, saranno preziose quando torneremo nei nostri studi professionali o quando (chissà!) decideremo di metterle a disposizione per proporre in futuro psicoterapie digitalizzate, senza virus, ma con la corona.

 

 

Dott.ssa Emanuela Reda

Psicologa Psicoterapeuta

 

 

 

Bigliografia

Andersson, G., Internet-delivered psychological treatments. Annual review of Clinical Psychology, 12, 157-179, 2016

Andersson, G.; Paxling, B.; Wiwe, M.; Vernmark, K.; Felix, C.B.; Lundborg, L. & Carlbring, P. (2012b). Therapeutic alliance in guided internet-delivered cognitive behavioural treatment on Semantic Web & Web Services SWWS08, Hamid R. Arabnia & Andy Marsh (Eds), 164–167

Andrews, G.; Cuijpers, P.; Craske, MG; Mc Evoy, P. & Titov, N. (2010) Computer therapy for the anxiety and depressive disorders is effective, acceptable and practical health care: A meta-analysis. PloS One 5

Apolinario-Hagen, J. A. & Tasseit, S. (2015). Access to Psychotherapy in the Era of Web 2.0 – New Media, Old Inequalities?. International Journal of Health Professions, Volume 2, Issues 2.119-129

Bordin, E. S. (1979). The generalizability of the psychoanalytic concept of the working alliance. Psychotherapy: Theory, Research & Practice, 16(3), 252-260

Femia G., Albanese M., Gragnani A., Saliani A.M., Perdighe C., Pugliese E., Gagliardo G., Mancini F. (2020) [in press]. La psicoterapia telematica: è meno efficace della terapia standard; incide negativamente sulla relazione terapeutica; è una terapia di serie “B”; necessita di una preparazione specifica. Sono assunzioni basate su evidenze o bias?

Kiropoulos, L. A.; Klein, B.; Austin, D. W.; Gilson, K.; Pier, C.; Mitchell, J. & Ciechomski, L. (2008). Is internet-based CBT for panic disorder and agoraphobia as effective as face-to-face CBT? Journal of Anxiety Disorders, 22(8), 1273–1284

Knaevelsrud, C.; Böttche, M.; Pietrzak, R.; Freyberger, H.J.; Renneberg, B. & Kuwert, P. (2014). Integrative Testimonial Therapy (ITT) – A therapist-assisted internet-based writing therapy for traumatized child survivors of the 2nd World War with posttraumatic stress. Journal of Nervous and Mental Disease, 202(9), 651–658

Richards, D.; Timulak, L.; Rashleigh, C.; McLoughlin, O.; Colla, A. et al. (2016) Effectiveness of an internet-delivered intervention for generalized anxiety disorder in routine care: A randomised controlled trial in a student population. Internet Interventions 6, 80-88. 8

Saperstein et al, Obesity Review. 2007 Sep;8(5):459-65

Suler, J.; Barak, A.; Chechele, P.; Fenichel, M.; Hsiung, R., Maguire, J.; Meunier, V.; Stofle, G., Tucker-Ladd, C.; Vardell, M. & Walker-Schmucker, W. (2001). Assessing a person’s suitability for online therapy. CyberPsychology & Behavior, 4, 675–679

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