ANORESSIA NERVOSA GRAVE E DI LUNGA DURATA (SE-AN): UNA SFIDA DA COGLIERE

Citazione Consigliata: Enzo, C. (2020). “Anoressia nervosa grave e di lunga durata (SE-AN): Una sfida da cogliere” [Blog Post]. Retrieved from: https://www.tagesonlus.org/2020/06/09/anoressia-grave

 

ANORESSIA NERVOSA GRAVE E DI LUNGA DURATA (SE-AN):

UNA SFIDA DA COGLIERE

 

 

Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse. E il mondo appare diverso da quassù. Non vi ho convinti? Venite a vedere voi stessi. Coraggio! È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva (John Keating)

 

 

Cos’è l’anoressia in breve

 

L’anoressia nervosa è stata una delle prime patologie psichiatriche descritte nella letteratura medica a partire dal diciannovesimo secolo. (Gull, 1874; Lasègue, 1873).

Il termine anoressia deriva dal greco antico (an- privativo e órexis ‘appetito’) e significa “assenza o marcata riduzione dell’appetito”.

Si utilizza l’aggettivo “nervosa” per descriverne la natura funzionale, ovvero non organica, in maniera da non confonderla con altre forme di inappetenza o di rifiuto del cibo derivanti da altri patologie.

Occorre specificare che chi soffre di anoressia nervosa, generalmente non lamenta una perdita di appetito. Si riscontra piuttosto un controllo dello stimolo della fame che alimenta la patologia, che non esclude affatto una riduzione dello stesso, bensì un suo aumento con la riduzione dell’apporto calorico.

 

Nel DSM 5 (APA, 2000) si riportano i seguenti criteri diagnostici per l’anoressia nervosa:

  1. Restrizione dell’assunzione di calorie in relazione alle necessità, che porta a un peso corporeo significativamente basso nel contesto di età, sesso, traiettoria di sviluppo e salute fisica. Il peso corporeo significativamente basso è definito come un peso inferiore al minimo normale oppure, per bambini e adolescenti, meno di quello minimo atteso.
  2. Intensa paura di aumentare di peso o di diventare grassi, oppure un comportamento persistente che interferisce con l’aumento di peso, anche se significativamente basso.
  3. Alterazione del modo in cui viene vissuto dall’individuo il peso o la forma del proprio corpo, eccessiva influenza del peso o della forma del corpo sui livelli di autostima, oppure persistente mancanza di riconoscimento della gravità dell’attuale condizione di sottopeso.

 

Oltre a specificare se si tratti del tipo “con restrizioni” o del tipo “con abbuffate/condotte di eliminazione”, sono stati introdotti dei criteri per valutare il livello di gravità della patologia.

Per i pazienti che sviluppano tale condizione e hanno pertanto una breve durata di malattia, sono stati sviluppati dei trattamenti evidence-based. Purtroppo circa il 20-30% dei pazienti con anoressia nervosa sviluppano una forma persistente del disturbo, a volte a vita, spesso accompagnato da una serie di trattamenti inefficaci (Dobrescu et al., 2019; Herpertz-Dahlmann et al., 2018). Questo gruppo di pazienti si caratterizza per una forma di anoressia che viene definita “ grave e di lunga durata (SE-AN)”.

 

Anoressia nervosa grave e di lunga durata

 

L’anoressia nervosa è spesso concettualizzata come un disturbo che dura diversi anni, tuttavia emerge sempre più fortemente l’interesse nella descrizione e nella comprensione delle presentazioni cliniche più durature e difficili da trattare (Touyz, Le Grange, Lacey, & Hay, 2016).

 

Hay e Touyz (2018 ) hanno proposto i seguenti criteri per l’Anoressia grave e di lunga durata:

  1. Uno stato persistente di restrizione dietetica, sottopeso e sopravvalutazione della forma e del peso corporeo con relativa compromissione funzionale
  2. una durata maggiore di 3 anni di anoressia nervosa;
  3. Esposizione ad almeno due trattamenti evidence-based , accompagnati da un completo assessment diagnostico che includa una valutazione del disturbo alimentare della persona e dello stadio di cambiamento in cui si trova.

 

I pazienti che presentano tale problematica hanno ricevuto pochissima attenzione e purtroppo i trattamenti efficaci per l’AN-SE sono limitati (Broomfield, Stedal, Touyz, & Rhodes, 2017; Hay & Touyz, 2015).

Questa patologia rappresenta una delle sfide maggiori della salute mentale (Strober, 2010),i pazienti che ne soffrono hanno il più alto tasso di mortalità dei disturbi psichiatrici e un’aspettativa di vita molto ridotta (Harbottle et al., 2008).

 

Perché la prognosi è così negativa?

 

Sicuramente questi pazienti presentano una forte ambivalenza rispetto al cambiamento e un attaccamento egosintonico al mantenimento di un basso peso corporeo.

In uno studio qualitativo su pazienti con anoressia nervosa da più di dieci anni , Arkell e Robinson (2008) hanno identificato cinque caratteristiche ostacolanti il cambiamento: evitamento interpersonale, evitamento intrapersonale, controllo, senso di realizzazione, autopunizione.

 

Questi pazienti necessitano di una presa in carico multifattoriale: sono spesso disoccupati, hanno molte complicanze mediche, per cui necessitano di rivolgersi spesso ai servizi sanitari(Birminghan & Treasure, 2010) e rappresentano un onere significativo in termini emotivi ed economici per la famiglia che li assiste (Treasure et al., 2001).

La qualità di vita di queste persone presenta lo stesso livello di compromissione di chi soffre di un grave disturbo depressivo o di schizofrenia (Robinson, 2009).

 

 

Come definire questi casi? E in che modo tale definizione può essere di aiuto per questi pazienti senza farli sentire stigmatizzati o addirittura senza speranza?

 

Sono state proposte varie etichette per questa forma di anoressia, indubbiamente molti di questi aggettivi, tra cui “cronico “ e “ resistente” possono influenzare anche la percezione della trattabilità del paziente da parte del clinico. Infatti Broomfeld e colleghi (2017) hanno messo in evidenza come il termine “cronico” sia la parola più usata per descrivere questo gruppo di persone, ma stanno emergendo altri aggettivi che spostino il focus sulla trattabilità, come “severo “ e “duraturo”.

Infatti potremmo chiederci se abbia senso dare un’etichetta che potrebbe essere letta come una “spada di Damocle”. Si pensi che il trattamento per questi pazienti non viene finanziato dalle compagnie assicurative americane e nel Regno Unito viene offerto solo un generico trattamento psichiatrico.

 

 

Ma la  guarigione è possibile anche dopo una lunghissima durata di malattia?

 

Nonostante sia noto che una lunga durata di malattia vada considerata come un fattore prognostico negativo, in uno studio di Calugi e colleghi (2016)  sull’efficacia della CBT-E per questi pazienti è emerso che il gruppo con AN-SE  ha ottenuto un sostanziale aumento del BMI e altri miglioramenti relativi alla psicopatologia specifica e  generale tramite la CBT-E ospedaliera.

A causa della gravità della condizione di questi pazienti, i clinici e i ricercatori stanno cercando nuove strade per il trattamento, a volte audaci e altamente impattanti, quali la stimolazione cerebrale profonda e la stimolazione magnetica transcranica (Treasure et al., 2015).

 

Nonostante la scienza abbia il dovere di percorrere sempre nuove vie per cercare nuove soluzioni, è altrettanto opportuno non perdere di vista una regola primaria: primum non nocere!

Si potrebbe aprire un dibattito etico: stiamo davvero offrendo nuove speranze a chi non le ha o stiamo facendo “sciacallaggio” su chi è più vulnerabile? (Touyz & Hay, 2015).

 

 

RO DBT: l’anoressia come possibile prototipo dell’ ipercontrollo?

 

E se dovessimo teorizzare meglio questa forma di anoressia?

Un trattamento molto recente, la RO DBT, ha descritto l’anoressia utilizzando le seguenti caratteristiche: bassa flessibilità e connessione sociale, alta inibizione emotiva e sensibilità alla minaccia.

Pertanto l’anoressia è stata concettualizzata come un disturbo prototipico dell’ipercontrollo (Hempel et al., 2018).

 

E’ stato condotto uno studio pilota su un campione di 9 pazienti adulti con anoressia nervosa, che è stato sottoposto a un trattamento RO DBT (Chen et al., 2015), da cui è emerso un decremento della sintomatologia e delle complicanze mediche associate a tale patologia (es, anemia, osteoporosi, ecc.).

Inoltre più della metà del campione ha ottenuto un migliormento del BMI, che si è mantenuto anche al follow-up a 12 mesi. Oltre a ciò, il trattamento ha impattato anche sui disturbi in comorbidità  e ha aumentato il funzionamento globale dei pazienti (occorre tuttavia specificare che il campione dello studio era molto piccolo, per cui risultati non possono considerarsi generalizzabili).

 

Occorre lavorare per ridurre il senso di impotenza e la perdita di speranza sia di questi pazienti che dei clinici che li trattano. A tale scopo, probabilmente è necessario “andare oltre”, considerando che i fattori che possono contribuire all’ insorgenza di tale quadro non sono necessariamente gli stessi che possono perpetuarlo (Breweron & Dennis, 2016).  Auspico  una piccola “rivoluzione scientifica”, per dirla alla Kuhn, in modo da cambiare il “paradigma” con cui leggiamo tale disturbo.

 

 

Dott.ssa Consuelo Enzo

Psicologa Psicoterapeuta

Membro del Gruppo Tages Nutrition

 

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

American Psychiatric Association (2013). DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, tr. it. Raffaello Cortina, Milano, 2014.

Arkell, J. & Robinson, P. (2008). A pilot case series using quali­tative and quantitative methods: Biological, psychological and social outcome in severe and enduring eating disorder. International Journal of Eating Disorders 41: 650–656.

Birmingham, C and Treasure, J. (2010). Medical Management of Anorexia Nervosa. 2nd ed. Cambridge: Cambridge University Press.

Brewerton TD, Dennis A. (2016). Perpetuating factors in severe and enduring anorexia nervosa. In: Touyz S, le Grange D, Lacey H, Hay P, editors. Treating severe and enduring anorexia nervosa: A clinician’s guide. New York: Routledge.

Broomfield, C., Stedal, K., Touyz, S., Rhodes, P. (2017). Labeling and defining severe and enduring anorexia nervosa: A systematic review and critical analysis. Int J Eat Disord 50 (6):611-623.

Calugi, S,, El Ghoch, M., Dalle Grave, R.(2016). Intensive enhanced cognitive behavioural therapy for severe and enduring anorexia nervosa: A longitudinal outcome study. Behav Res Ther ;89:41-48.

Chen, E.Y., Segal, K., Weissman, .J, et al.(2015). Adapting dialectical behavior therapy for outpatient adult anorexia nervosa–a pilot study. Int J EatDisord. ;48(1):123–132

Dobrescu, S. R., Dinkler, L., Gillberg, C., Rastam, M., Gillberg, C., & Wentz, E. (2019). Anorexia nervosa: 30-year outcome. The British Journalof Psychiatry, 216, 1–8.

Gull, W.W. (1874). Anorexia nervosa. Trans Clin Soc Lond. 7:22–8.

Harbottle, E.J., Birmingham, C.L. and Sayani, F. (2008). Anorexia ner­vosa: A survival analysis. Eating and Weight Disorders 13: e22–e34.

Hay, P., & Touyz, S. (2018). Classification challenges in the field of eating disorders: Can severe and enduring anorexia nervosa be better defined? Journal of Eating Disorders, 6, 41.

Hempel RJ, Vanderbleeck E, Lynch T.R. (2018).Radically open DBT: targeting emotional loneliness in anorexia nervosa. Eat Disord.;26:92–104.

Herpertz-Dahlmann, B., Dempfle, A., Egberts, K. M., Kappel, V., Konrad, K.,Vloet, J. A., & Buhren, K. (2018). Outcome of childhood anorexia nervosa—The results of a five- to ten-year follow-up study. The International Journal of Eating Disorders, 51(4), 295–304.

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Strober, M .(2010). The chronically ill patient with anorexia nervosa: development, phenomenology and therapeutic considerations. In: Grilo CM and Mitchell JE (eds) The Treatment of Eating Disorders: A Clinical Handbook. New York: Guilford, pp.225–238.

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Touyz, S., Le Grange, D., Lacey, H., & Hay, P. (2016). Managing severe and enduring anorexia nervosa: A clinician’s guide. New York, NY: Taylor &Francis.

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