LA VITA DOPO LA COVID-19 E IL RITORNO ALLA NORMALITA’ (?)

Citazione Consigliata: Cheli, S. (2020). “La vita dopo la COVID-19 e il ritorno alla normalià (?)” [Blog Post]. Retrieved from:  https://www.tagesonlus.org/2020/12/31/la-vita-dopo-la-covid-19/ ‎

 

Ora che le vaccinazioni sono finalmente qualcosa di concreto e non un miraggio da rincorrere, riemerge il tema del ritorno alla normalità e del bisogno di lasciarsi alle spalle il 2020. Tema che è ricorso frequentemente sin dal primo lockdown con manifestazioni diverse: da un generico bisogno di essere ottimisti e vedere la fine del tunnel a portata di mano, a un dar per scontato che la pandemia abbia una specifica e prossima data di scadenza. In parallelo vi è stato un ricorrente rifiuto a riconoscere la portata di quanto accaduto sino al punto di voler attendere il dileguarsi di paure e timori spesso ritenuti infondati o addirittura pilotati. Ne discende che una quota rilevante di noi ritiene che la pandemia sia o una tempesta terribile ma passeggera o l’effetto di una reazione sproporzionata e dannosa.

Avendo dedicato tutta la mia vita professionale a problematiche croniche, faccio fatica a sentirmi a mio agio con ognuna di queste posizioni. Nell’accostarmi ai dati raccolti e alle previsioni formulate mi sembra più sostenibile pensare ad un 2020 che sancisca, in maniera solo parzialmente inattesa, un cambiamento epocale. L’ipotesi che vorrei condividere e motivare è che, in termini psicologici, dobbiamo pensare a nuove forme di adattamento che non sono contingenti o temporanee. E in cui la pandemia ha giocato un ruolo di catalizzatore di processi in atto da lungo tempo.

 

Partiamo dai dati

Partiamo dunque dai dati sulla COVID-19. Dati sempre parziali e in coso d’opera. Quel che sappiamo è che l’immunità naturale dopo l’infezione non sembra perdurare oltre i 6 mesi (World Health Organization, 2020). Similmente i dati sui primi vaccini disponibili non supporterebbero una durata dell’immunità superiore ai 10-12 mesi, né un liberi-tutti da altre misure di prevenzione come il distanziamento sociale (Sewell et al., 2020). In breve, gli studi sembrano confermare una serie di valutazioni condotte negli ultimi anni su rischi ricorrenti e ripetuti di pandemie virali con le quali dovremo imparare a convivere (Amorin & Guerra, 2020).

Un altro dato che in molti hanno dimenticato nella stagione del distanziamento sociale è che il 2019 vide la conclusione di estese survey americane (Hawkley et al., 2019) e inglesi (Government of the United Kingdom, 2019) sulla diffusione della solitudine in quanto fenomeno epidemico a rischio pandemico (sic!), a cui avrebbero dovuto seguire nel 2020 azioni concrete e coordinate (si veda i progetti finanziati dal governo inglese di Red Cross o Jo Cox). L’isolamento sociale, che oggi richiama a tutti noi una strategia sanitaria preventiva, era pochi mesi orsono un problema dai costi assistenziali enormi.

Ulteriore dato è la mole di documenti e analisi che la Comunità Europea e il Governo Americano hanno prodotto nel 2019 sulla digitalizzazione del lavoro, sottolineando la necessità di non vedere questo come un processo deterministico di distruzione del sistema lavorativo, quanto piuttosto un’area di iniziativa strategica (si veda ad esempio European Community, 2020).

Riassumendo, sembra quantomeno sensato ipotizzare come la COVID-19 non sia né una deviazione temporanea né una cesura netta rispetto ad un percorso di progressivo distanziamento sociale, economico e interpersonale tipico della nostra era.

 

Una lettura in chiave evoluzionistica

Strano a dirsi, ma il corso che maggiormente apprezzai al primo anno di psicologia fu etologia. Dopo tante teorie e prese di posizione, il principio darwiniano di adattamento mi apparve estremamente pragmatico. Nessun ottimismo o pessimismo sulla natura umana e le sue componenti. Se un organo o una funzione esistono, significa che danno/hanno dato un vantaggio o sono il sottoprodotto (anche dispendioso) di un vantaggio più grande. Questo significa che anche le funzioni psicologiche e perfino le manifestazioni psicopatologiche ricadono sotto questi principi.

Possiamo dunque provare a leggere anche la COVID-19 attraverso le lenti del pragmatismo evoluzionistico. Innanzitutto, come insegnava uno dei padri della moderna storiografia Jacques Le Goff (1988), le date o gli eventi che cambiano la storia non esistono. Esistono processi storici che appaiono drammaticamente evidenti in alcune date o eventi che poi diverranno emblematici agli occhi di chi li ricorderà. Homo sapiens sapiens non è diventato tale alzandosi in piedi ed ergendosi sul resto del creato, è la risultante di innumerevoli processi, variazioni e specie (Condemi & Savatier, 2019). Se come (presunti) esperti della salute mentale vogliamo comprendere i fenomeni che racchiudiamo sotto il cappello della COVID-19 dobbiamo abbandonare letture sensazionalistiche o modellate da ottimismi o pessimismi di sorta. L’uscita dalla COVID-19 (se questa espressione ha senso oltre la figura retorica) risiede nel favorire un adattamento ad un processo di lungo corso in cui fenomeni globali allarmanti (virali, climatici, economici, etc.), trasformazione e alterazione delle relazioni sociali in termini di ridotta vicinanza fisica, digitalizzazione e frammentazione dell’esperienza lavorativa e professionale erano, sono e saranno il fil rouge.

Se vogliamo supportare le persone in un processo di adattamento psicologico dobbiamo aiutarle non “a tener botta” in attesa del farmaco miracoloso o dello smascheramento di un complotto, quanto piuttosto nel riconoscere come quei processi sopra menzionati stavano già plasmando le loro vite. E pertanto l’obiettivo degli interventi psicologici deve sempre più essere finalizzato a riconoscere nuove forme di adattamento a nuovi contesti, drammaticamente in risalto durante la COVID-19 (Baquet, 2020).

 

The highest possible stage in moral culture is when we recognize

that we ought to control our thoughts.

Charles Darwin

 

 

Simone Cheli

 

 

Bibliografia

Amorim, W.S., & Guerra, J. (2020). Pandemics, global risks and adaptation: Challenges for a changing world. Research in Globalization, https://doi.org/10.1016/j.resglo.2020.100023

Baquet, D. (31 December, 2020). A year like no other. New York Times. Retrieved from: https://www.nytimes.com/interactive/2020/world/year-in-pictures.html

Condemi, S., Savatier, F. (2020). Noi Siamo Sapiens. Torino: Bollati Boringhieri.

European Community (2020). The Digitalisation of Future Work and Employment. Possible impact and policy responses. Retrieved from: https://ec.europa.eu/jrc/en/publication/eur-scientific-and-technical-research-reports/digitalisation-future-work-and-employment-possible-impact-and-policy-responses

Government of the United Kingdom (2020). Community Life Survey 2018-19. Retrieved from: https://assets.publishing.service.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/820610/Community_Life_Survey_2018-19_report.pdf

Hawkley LC, Wroblewski K, Kaiser T, Luhmann M, Schumm LP (2019). Are U.S. older adults getting lonelier? Age, period, and cohort differences. Psychol Aging. 34(8):1144-1157. doi: 10.1037/pag0000365. PMID: 31804118

Le Goff, J. (1988). Storia e Memoria. Torino: Einaudi.

Sewell, H.F., Agius, R.M., Kendrick, K.,, Stewart, M. (2020). Covid-19 vaccines: delivering protective immunity British Medicine Journal; 371 :m4838

World Health Organization (23 December 2020). Immunity after recovery from COVID-19. Retrieved from: https://www.who.int/emergencies/diseases/novel-coronavirus-2019/media-resources/science-in-5/episode-18—covid-19—immunity-after-recovery-from-covid-19#:~:text=When%20individuals%20are%20infected%20with,infection%2C%20do%20develop%20these%20antibodies

 

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