Report dal convegno regionale AIP “Psicogeriatria 2021: nuovi bisogni, nuove risposte?”
Citazione Consigliata: Weber, C. (2022). “Report dal convegno regionale AIP “Psicogeriatria 2021: nuovi bisogni, nuove risposte?”” [Blog Post]. Retrieved from: https://www.tagesonlus.org/2022/01/07/report-convegno-aip
Il 19 novembre 2021 si è tenuto a Pisa il convegno regionale AIP “Psicogeriatria 2021: nuovi bisogni, nuove risposte?”, in occasione del quale sono state esposte le attuali conoscenze relative alla neurobiologia, all’espressione clinica e ai trattamenti della malattia di Alzheimer e agli approcci terapeutici a condizioni frequenti nell’anziano, quali disturbi dell’umore, disturbi del sonno e dolore cronico.
Sono state inoltre analizzate le implicazioni dell’epidemia di CoViD-19 sulla cura del paziente psicogeriatrico, sul piano sia delle conseguenze individuali – solitudine, decadimento cognitivo, ipomobilità – che dell’organizzazione dei servizi socio-sanitari, con un’attenzione specifica ai problemi e alle prospettive delle RSA e all’utilizzo di metodiche di cura a distanza.
Tra le varie tematiche affrontate, la sofferenza di chi è solo. Come messo in luce nella relazione della dott.ssa Weber, solitudine e isolamento sociale rappresentano due condizioni che coinvolgono un numero crescente di individui, anche di giovane età, che sono state esacerbate dalle limitazioni imposte dalla pandemia e che interessano in modo particolare la popolazione ultrasettantenne.
Secondo i dati Istat del 2018, infatti, circa il 40% degli ultrasettantacinquenni non ha nessuno a cui rivolgersi in caso di bisogno. Percentuale molto elevata, in particolare alla luce del fatto che tanto la solitudine quanto l’isolamento sociale rappresentano importanti fattori di rischio per demenza, depressione, ideazione o comportamento suicidario, sviluppo di patologie – tra cui prevalentemente disturbi cardiovascolari – ed elevata mortalità.
Per questo risulta di estrema importanza identificare entrambe queste condizioni e, laddove possibile, intervenire in modo efficace e, soprattutto, mirato. Per quanto spesso erroneamente considerate come equivalenti, infatti, solitudine e isolamento sociale rappresentano due situazioni molto diverse tra loro.
La solitudine, da un lato, identifica una condizione di sofferenza psicologica legata alla discrepanza tra il numero di relazioni significative atteso e quello percepito; rappresenta quindi non tanto l’assenza di relazioni, quanto un vero e proprio stato di sofferenza causato dalla percezione di incomprensione e distanza dagli altri, con un bisogno dell’altro, di coinvolgimento e di inclusione che resta insoddisfatto. Dall’altro lato, l’isolamento sociale denota una condizione caratterizzata da un’effettiva carenza o assenza di relazioni sociali.
Come dimostrato dai casi clinici illustrati dalla Dottoressa, il percorso psicoterapeutico può rappresentare una valida modalità di risposta a entrambe queste condizioni.
Nel caso di solitudine, quindi di percezione di scarsa soddisfazione nelle relazioni, l’intervento psicoterapeutico anche nella terza età offre la possibilità di risolvere o alleviare significativamente gli aspetti che rendono la persona più vulnerabile a questo tipo di sofferenza, tra cui bassa autostima, tendenza all’autocritica, senso di colpa, ansia.
Nel caso di isolamento sociale, la psicoterapia incoraggia e aiuta la persona ad acquisire un miglior adattamento in termini di interessi e attività, a recuperare contatti sociali o a crearne di nuovi e a rinforzare le abilità sociali.
È molto importante ricordare che queste due condizioni non necessariamente si manifestano insieme e che la situazione di sofferenza deve essere identificata anche laddove non sussistano evidenti fattori di rischio: è possibile, infatti, che una persona si senta sola anche se immersa in una buona rete sociale e familiare, appunto a causa di aspetti temperamentali e personologici che, a prescindere dalla quantità di relazioni e di tempo speso nelle relazioni, le impediscono di trarre beneficio dalle relazioni stesse e di percepirle come soddisfacenti.
Conseguentemente, offrire attività e contatti non sempre rappresenta la soluzione. Può esserlo in caso di isolamento sociale puro, ma non nel caso di solitudine, in cui proporre nuove e ulteriori relazioni potrebbe addirittura rivelarsi controproducente.
In questi casi, l’intervento psicoterapeutico è mirato non tanto ad apportare cambiamenti strutturali, quanto a trasmettere più funzionali modalità di interpretazione e di assegnazione di significato, a favorire il decentramento dal proprio punto di vista, a insegnare strategie di gestione del disagio e a fornire conforto, ascolto e comprensione.
Il lavoro dovrebbe infine strutturarsi su una solida relazione terapeutica che, tanto nel lavoro con i più giovani quanto nella terza età, rappresenta sempre la prima chiave per la buona riuscita dell’intervento.
Psicologa Psicoterapeuta
Referente del Gruppo di lavoro “TAGES BRAIN“
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