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Il giorno dopo gli exit polls: che ne resta del futuro?

Citazione Consigliata: Cheli, S. (2022). “Il giorno dopo gli exit polls: che ne resta del futuro?” [Blog Post]. Retrieved from:  https://www.tagesonlus.org/2022/09/26/il-giorno-dopo-gli-exit-polls-che-ne-resta-del-futuro/

Dopo settimane in cui i social media, la stampa e i bar sono stati invasi dalla campagna elettorale e da modi di guardare alla cosa pubblica che spesso esulano dal benessere pubblico, ci ritroviamo nuovamente a pensare. E quel che forse ci chiediamo è se realmente tali dibattiti abbiamo affrontato quel che può incidere sul nostro benessere. Al di là di tifoserie e prese di posizione.

Per inclinazione professionale già dal primo day after mi sono messo ad ascoltare quel che le persone mi dicevano, al di là della gioia o sconforto per il risultato. E, come è normale che sia, i dubbi e i timori permangono in tutti.

Affidandomi ad una prospettiva esclusivamente personale vorrei selezionare due questioni con cui (penso che) mi confronterò più volte come clinico e come cittadino. Ovvero il futuro del cambiamento climatico e più genericamente delle nuove generazioni. Sì perché usciti dal furore del vinco-io-perdi-tu e dall’ardore immediato di mostrar qui-ed-ora che la mia proposta è più vantaggiosa della tua, ci ritroviamo a lasciar depositare emozioni e parole e provare ad osservare l’orizzonte.

Vorrei dunque formulare un’ipotesi e poi leggerla in chiave psicologica. L’ipotesi è che la limitata attenzione dedicata dai candidati ad un tema così centrale come quello ambientale sia legata al bisogno comunicativo di spostare l’attenzione sul breve termine dove il vantaggio immediato la fa da padrone. E conseguentemente la prospettiva di lungo corso (in cui le scelte di oggi avranno un peso domani) diviene svantaggiosa politicamente e una narrazione focalizzata sull’urgenza e il guadagno (o svantaggio) immediato è alimentata da tutti gli attori coinvolti. Anche a costo di ridurre la capacità condivisa di riflettere sulle possibili scelte e loro implicazioni. Se a questo aggiungiamo il gap generazionale tra ampiezza dell’orizzonte delle scelte di giovani e meno giovani nonché l’età media dei votanti (passata da 46 nel 1983 a 54 nel 2022) possiamo forse capire come le narrazioni focalizzate sul vantaggio immediato possano essere assai problematiche.

Il meccanismo per cui uno stato di minaccia percepita evoca risposte automatiche spesso connotate emotivamente e focalizzate sulla risoluzione appunto immediata di tale urgenza è noto sia in ambito sociale che clinico (Neta et al., 2017; Petrocchi & Cheli, 2019). Se da un lato infatti interpretare segnali incerti o dubbi come potenzialmente negativi in una situazione di pericolo ha un suo vantaggio evoluzionistico, dall’altro la nostra capacità di pensare e ponderare il nostro e l’altrui pensiero ne è spesso compromessa. Similmente il diverso, l’estraneo viene nell’immediato percepito (“naturalisticamente”) come minaccioso, ma, laddove questo automatismo venga ripetuto, si associa ad una distorsione cognitiva e a sintomatologia psicologica varia (Bell & Dunbar, 2012). In ambito elettorale questo meccanismo può essere ulteriormente esacerbato dalla tendenza da parte dei sostenitori di una visione politica a “spegnere” le aree cerebrali deputate al ragionamento complesso quando ascoltano il loro candidato, ma non quello della parte avversa (Westen et al., 2006)!

Temo che la questione del cambiamento climatico e del futuro delle nuove generazioni sia caduta in questo tipo di distorsioni cognitive e comunicative. Se ci concediamo del tempo, i dati sono (credo) alquanto evidenti e allarmanti. Riviste come Nature e Lancet ci avvertono che l’80% del pianeta e l’85% della popolazione siano stati colpiti dal cambiamento climatico e come gli effetti sulla salute globale siano tali da renderlo il “tema” centrale delle future politiche sanitarie (Callaghan et al., 2021; Costello et al., 2009).

Detto questo, le pagelle di Italian Climate Network sulla campagna e sui programmi elettorali sono abbastanza sconfortanti: molti partiti attribuiscono poco o nessuno spazio all’ambiente. E per chi ha ascoltato le dichiarazioni finali di tutti i maggiori leader le alternative erano due: politici che considerano il tema come secondario e non ne parlano; politici che lo considerano primario ma parlano di altro. Nel mentre il focus delle narrazioni presentate era su rischi o vantaggi immediati (“se vince l’avversario succederà questo”; “se vinciamo noi avrete quest’altro”) in cui le nuove generazioni venivano evocate solo come figura retorica (“i nostri figli”; “i giovani”).

È facile comprendere che una questione come la transizione ecologica sia primariamente orientata al futuro. Ma se non mi concedo del tempo per elaborare tutti i possibili scenari e accettare anche il disagio che mi assalirà (assieme al desiderio di allontanare tale disagio per proteggermi emotivamente), come posso comprendere i dati drammatici sul nostro pianeta? Quel che sappiamo è che le date ipotizzate alcuni anni fa su una deadline da collocarsi attorno al 2050 sembra in realtà oggi ottimistica. Secondo studi internazionali in alcuni casi (come la temperatura oceanica; Tanaka et al., 2022) abbiamo già compromesso irrimediabilmente l’ecologia, negli altri il punto di non ritorno è qui attorno a noi e richiede già oggi il nostro intervento. Per quanto ansiogeno consiglio di consultare il seguente Climate Clock.


Tornando alla prospettiva psicologica, possiamo aggiungere due ulteriori spunti. Innanzitutto, sappiamo come l’attenzione al cambiamento climatico si associ a specifiche caratteristiche di personalità che facilitano un focus di lungo corso e forse altruistico. Studi su ampi campioni evidenziano infatti che maggiore è l’apertura all’esperienza (ovvero essere più disponibili a cambiare idee e convinzioni) e l’amichevolezza (ovvero essere disposti a socializzare e confrontarsi con gli altri), maggiore è l’attenzione ai temi ambientali (Hopwood et al., 2021). Dall’altro lato sappiamo come la presenza di sintomi di ansia e preoccupazione sul cambiamento climatico (es. eco-ansia e solastalgia) sono più frequenti e intensi nelle persone più giovani che vivono sempre più uno scollamento tra i loro bisogni e quelli al centro dell’agenda politica. Non è un caso che la percentuale di astenuti negli under-35 sia passata in Italia dal 9% nel 1992 al 38% nel 2018. Per il 2022 non abbiamo ancora le analisi dei flussi elettorali ma le stime pre-voto suggeriscono un simile trend che potrebbe attestarsi oggi a quasi 1 su 2 astenuti, confermato dal più alto astensionismo assoluto mai registrato (36.1%) e da una discrepanza notevole tra voto giovanile e adulto (se votassero solo i giovani i risultati sarebbero assai diversi e orientati dai temi dell’ambientalismo e del gap generazionale).

In ottica sia clinica che preventiva è forse opportuno considerare questi aspetti pragmaticamente. E’ infatti prioritario supportare le persone nel considerare con maggiore apertura e attenzione agli altri (di oggi e di domani) il tema del cambiamento climatico e delle azioni urgenti e fondamentali per contenerlo. E questa non è un’azione pedagogica, quanto piuttosto finalizzata a favorire processi decisionali di lungo corso e quindi di sopravvivenza della nostra specie. Stiamo sicuramente vivendo pericoli e rischi immediati, ma questi devono essere confrontati con quelli futuri per prioritizzare le nostre scelte. Vi sono molte esigenze nel mondo moderno, ma tutte presuppongono che vi sia un mondo in cui cercare di perseguirle!

 

What is the use of a house if you haven’t got a tolerable planet to put it on.

Henry David Thoreau

 

Simone Cheli

Presidente e fondatore di Tages Onlus

 

Bibliografia

Bell, C.C., & Dunbar, E. (2012). Racism and pathological bias a s a co-occurring problem in diagnosi and assessment. In T.A. Widiger (Ed.), The Oxford Handbbok of Personality Disorders, pp 694- 711. Oxford: Oxford University Press.

Callaghan, M., Schleussner, CF., Nath, S. et al. Machine-learning-based evidence and attribution mapping of 100,000 climate impact studies. Nat. Clim. Chang. 11, 966–972 (2021). https://doi.org/10.1038/s41558-021-01168-6

Costello, A., Abbas, M., Allen, A., Ball, S., Bell, S., Bellamy, R., Friel, S., Groce, N., Johnson, A., Kett, M., Lee, M., Levy, C., Maslin, M., McCoy, D., McGuire, B., Montgomery, H., Napier, D., Pagel, C., Patel, J., de Oliveira, J. A., … Patterson, C. (2009). Managing the health effects of climate change: Lancet and University College London Institute for Global Health Commission. Lancet (London, England)373(9676), 1693–1733. https://doi.org/10.1016/S0140-6736(09)60935-1

Hopwood, C. J., Schwaba, T., Milfont, T. L., Sibley, C. G., & Bleidorn, W. (2022). Personality change and sustainability attitudes and behaviors. European Journal of Personality, 36(5), 750–770. https://doi.org/10.1177/08902070211016260

Neta, M., Cantelon, J., Haga, Z., Mahoney, C. R., Taylor, H. A., & Davis, F. C. (2017). The impact of uncertain threat on affective bias: Individual differences in response to ambiguity. Emotion (Washington, D.C.)17(8), 1137–1143. https://doi.org/10.1037/emo0000349

Petrocchi, N., & Cheli, S. (2019). The social brain and heart rate variability: Implications for psychotherapy. Psychology and psychotherapy92(2), 208–223. https://doi.org/10.1111/papt.12224

Tanaka KR, Van Houtan KS (2022) The recent normalization of historical marine heat extremes. PLOS Climate 1(2): e0000007. https://doi.org/10.1371/journal.pclm.0000007

Westen, D., Blagov, P. S., Harenski, K., Kilts, C., & Hamann, S. (2006). Neural bases of motivated reasoning: an FMRI study of emotional constraints on partisan political judgment in the 2004 U.S. Presidential election. Journal of cognitive neuroscience18(11), 1947–1958. https://doi.org/10.1162/jocn.2006.18.11.1947

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