LA TRAPPOLA DEL PERFEZIONISMO: COSTI E CONSEGUENZE DI QUESTO TRATTO DI PERSONALITÀ

Citazione Consigliata: Saini, A. (2020). “La trappola del perfezionismo” [Blog Post]. Retrieved from: https://www.tagesonlus.org/2020/05/20/la-trappola-del-perfezionismo

 

LA TRAPPOLA DEL PERFEZIONISMO: COSTI E CONSEGUENZE DI QUESTO TRATTO DI PERSONALITÀ

 

 

Che cosa vuol dire essere perfezionisti? Quali sono i suoi effetti, i suoi benefici ed i suoi costi? Questo tratto personologico dovrebbe essere incoraggiato o contrastato?

In questo articolo cercherò di rispondere brevemente a queste domande, focalizzandomi maggiormente su quelli che sono gli effetti negativi del perfezionismo.

 

Il perfezionismo è un costrutto personologico caratterizzato da una serie di pensieri e comportamenti autolesionistici volti a raggiungere obiettivi irrealistici o eccessivamente elevati (Frost, Marten, Lahart, & Rosenblate, 1990).

La comunità scientifica, ad oggi, è divisa in merito all’esistenza di un perfezionismo adattivo. In un articolo del 1978, Hamachek ha sostenuto che il perfezionismo può avere una valenza anche positiva, in quanto può aiutare gli individui a raggiungere degli eccellenti traguardi nelle loro vite.

 

Al contrario gli psicoterapeuti Hewitt e Flett – nel loro modello teorico e clinico – sostengono che questo tratto di personalità sia un costrutto multidimensionale unicamente maladattivo; difatti, sulla base della loro esperienza clinica e delle loro ricerche, essi definiscono il perfezionismo come un fattore di vulnerabilità della personalità, responsabile per il malessere emotivo e interpersonale di una persona. Hewitt e Flett ritengono infatti che quello che i loro colleghi definiscono come “perfezionismo adattivo” venga in realtà confuso con il bisogno di realizzarsi o con l’eccessiva coscienziosità (e.g., Greenspon, 2000; Pacht, 1984).

Questi ultimi tratti personologici indubbiamente rappresentano un vantaggio per la persona che li possiede, in quanto essi consentono di raggiungere bisogni fondamentali quali, ad esempio, l’autorealizzazione.

 

Nel loro libro intitolato “Perfectionism: A Relational Approach to Conceptualization, Assessment, and Treatment” (2017), Hewitt e Flett affermano che il perfezionismo è la causa di diverse conseguenze negative per la persona, sia da un punto di vista emotivo che interpersonale.

I perfezionisti sono caratterizzati da una forte paura nei confronti del fallimento e degli errori, in quanto questi vengono vissuti, da loro, come una mancanza di valore personale. Inoltre, un’altra peculiarità tipica dei perfezionisti è la paura della disapprovazione altrui. Queste persone hanno infatti il timore che se gli altri dovessero accorgersi dei loro difetti/errori/fallimenti li rifiuteranno.

 

Il cercare di essere perfetti è quindi una modalità che essi utilizzano per provare a difendersi dalle critiche, dalla disapprovazione e dal rifiuto. Questi timori costanti provocano però un forte distress e una serie di problematiche.

Tra le possibili conseguenze negative del perfezionismo vi è la procrastinazione, il cui fine è quello di posticipare il più possibile quel momento, quella situazione che potrebbe condurre ad un fallimento (e.g. rimandare la richiesta al proprio capo di una promozione).

Questo comportamento comporta un costo importante per l’individuo, in quanto può prevenire la sua crescita o l’avvicinamento ai suoi obbiettivi, il tutto dovuto non dall’incapacità della persona ma dalla sua paura del fallimento e del giudizio altrui.

 

Inoltre, la procrastinazione sembra essere in parte dovuta alla mentalità del “tutto o niente”, caratteristica comune nei perfezionisti. Essi infatti hanno la tendenza a percepire il “quasi perfetto” come un fallimento.

Un esempio può essere lo studente universitario, con alti livelli di perfezionismo, che non riesce ad accettare l’idea di ricevere un voto al di sotto del massimo in quanto rappresenterebbe un insuccesso.

 

È bene ricordarsi però che l’errore e il fallimento sono insiti nella natura dell’essere umano; è infatti impossibile per noi vivere senza mai sbagliare, raggiungendo sempre l’eccellenza.

Pertanto, quando il perfezionista inevitabilmente commette degli errori, egli è colto da una forte autocritica (e.g. “Sono uno stupido”; “Non sono bravo a far niente”) la quale è causa a sua volta dello sviluppo di emozioni negative quali: sentimenti depressivi, vergogna e senso di colpa.

Nelle circostanze dove invece il perfezionista riesce ad ottenere i risultati desiderati (e.g. ricevere una promozione; prendere il massimo ad un esame) egli spesso non è in grado di godere dei propri successi, sperimentando una sorta di sentimento di vuoto rispetto ad essi (Blatt, 1995).

 

Inoltre, anche in queste situazioni, è comune che il perfezionista venga colto da pensieri autodenigratori (e.g., “Le altre persone ci mettono la metà del tempo e dell’impegno per raggiungere i miei stessi traguardi”).

Diverse ricerche, hanno confermato il ruolo dell’autocritica nello sviluppo di sintomi depressivi e ansiosi (Dinger et al., 2014; Joeng & Turner, 2015; Kopala-Sibley et al., 2013), rimarcando quindi la natura disfunzionale del perfezionismo.

L’autocritica inoltre appare essere un fattore fondamentale nello sviluppo dei Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) (Goodwin et al., 2014). Questo collegamento permette di comprendere il forte legame che esiste tra perfezionismo e Anoressia Nervosa (AN) ma anche con la Bulimia Nervosa.

 

Il Dott. Fairburn, autore della Terapia Cognitivo-Comportamentale Migliorata (CBT-E; Fairburn, 2008) sostiene che il perfezionismo è uno dei quattro fattori di mantenimento dell’anoressia nervosa. I risultati delle sue ricerche hanno infatti suggerito che il perfezionismo correla con una peggiore prognosi in seguito al ricovero per AN e con un maggiore tasso di drop-out (Shafran, Cooper & Fairburn, 2002).

Per quanto riguarda il rapporto tra Bulimia Nervosa e perfezionismo, Kehayes e colleghi (2019) hanno svolto una meta-analisi (12 studi longitudinali, per un totale di 4665 partecipanti) al fine di verificare se questo tratto personologico renda più vulnerabili ai sintomi bulimici.

I ricercatori volevano inoltre esaminare se vi sono delle dimensioni del perfezionismo che predicono un aumento di questi sintomi nel corso del tempo. Le dimensioni prese in considerazione erano: perfezionismo socialmente prescritto, preoccupazione per gli errori, dubbi sulle proprie azioni, standard personali, perfezionismo auto-orientato.

 

I risultati della meta-analisi hanno supportato le teorie che sostengono il ruolo del perfezionismo nello sviluppo di comportamenti bulimici. Questo studio ha inoltre evidenziato come solo le preoccupazioni perfezionistiche sembrano essere alla base dello sviluppo di questo disturbo alimentare. Infine, per quanto riguarda le persone con una diagnosi di Binge-Eating Disorder (BED), secondo diversi studi i loro livelli di perfezionismo non differiscono dal gruppo di controllo (persone sovrappeso) (Lilenfeld et al., 2000; Moor et al., 2004; Tachikawa et al., 2004).

 

Secondo la letteratura scientifica questo tratto di personalità è trans-diagnostico, ciò vuol dire che i suoi processi sono alla base dell’insorgenza e del mantenimento di diversi disturbi mentali e non solo dei DCA. Il perfezionismo è infatti presente anche nel Disturbo Ossessivo-Compulsivo (Pinto et al., 2006; Sassaroli et al., 2008), nel Disturbo d’Ansia Generalizzato (Handley et al., 2014) e nella Depressione (Hewitt & Flett, 1991).

Queste relazioni rimarcano quindi la sua natura altamente disfunzionale. Per concludere, sempre a supporto di quest’ultima affermazione, sembra che questo tratto personologico correli anche con una morte precoce (Fry & Debats, 2009) e con un elevato rischio suicidario (e.g., Blatt, 1995).

 

Per quanto riguarda le problematiche interpersonali, lo psicoterapeuta Paul Hewitt sostiene che il perfezionismo è radicato nel mondo relazionale dell’individuo. Nello specifico, sembra che i perfezionisti siano caratterizzati da un forte bisogno di essere accettati, amati e rispettati, difatti, alcuni studiosi ritengono che l’atteggiamento perfezionistico viene sviluppato e adottato proprio con lo scopo di essere accolti dagli altri.

Tuttavia, esso appare avere un effetto paradosso nelle persone in quanto, al fine di non mostrare le proprie imperfezioni, i perfezionisti si isolano ed evitano di creare legami intimi con le persone, finendo col percepirsi strani, diversi e soli e aumentando così il loro senso di alienazione (Hweitt, Flett, Sherry, & Caelian, 2006).

 

Uno dei problemi principali del perfezionismo è che, come conseguenza agli errori e ai fallimenti, le persone spesso rinforzano questo comportamento mossi dalla convinzione che solo attraverso un maggiore controllo essi saranno in grado di prevenire futuri insuccessi. È semplice comprendere come questo circolo vizioso possa generare un peggioramento dei sintomi psicopatologici precedentemente discussi.

 

Sulla base degli studi illustrati durante il corso dell’articolo, sui loro risultati e soprattutto sulle loro implicazioni, sarebbe quindi opportuno cercare di promuovere all’interno della società la presa di consapevolezza di quelli che sono i costi emotivi e interpersonali di questo tratto di personalità. Il semplice diventare coscienti del proprio funzionamento e dei meccanismi alla base della propria sofferenza può motivare le persone a modificare questo atteggiamento autolesionistico.

 

 

Consigli pratici per modificare comportamenti e attitudini perfezioniste:

 

  • Stabilire degli obiettivi realistici e raggiungibiliche si basano sui propri desideri e bisogni e non su standard pre-impostati;
  • Provare a focalizzare la propria attenzionenon sul risultato finale ma sul processo. È importante imparare a riconoscere il valore del processo nel perseguire un obiettivo (e.g., quanto ti è piaciuto il compito?).
  • Usare i sentimenti depressivi e ansiosi come un’opportunitàper domandarsi: “Mi sono imposto degli standard irrealistici?”.
  • Confrontare la paura: “Di che cosa ho paura?” “Cos’è la cosa peggiore che potrebbe accadere?”
  • Riconoscere che dagli errori/fallimenti si può sempre imparare Quindi, quando si commette un errore può essere utile scrivere su un foglio le cose che si sono apprese da esso.
  • Evitare la mentalità del “tutto o niente”in merito ad i propri obiettivi. È importante imparare quindi a discriminare le attività a cui si vuole dare la massima priorità da quelle che sono meno importanti. Provare a ridurre lo sforzo per i compiti meno importanti.
  • Praticare esercizi di Questa pratica permette di promuovere l’accettazione verso sé stessi, imperfezioni comprese (James & Rimes, 2017).

 

È bene ricordare che possono esserci situazioni dove il perfezionismo è causa di una sofferenza significativa e invalidante che la persona non riesce ad affrontare da sola: in questi casi è allora importante chiedere aiuto ad un professionista della salute mentale.

 

Dott.ssa Alessia Saini

Tirocinante presso Tages Onlus 

 

 

 

Bibliografia

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