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I fondamenti della pratica meditativa: i 7 pilastri

Citazione Consigliata: Di Natale, S. (2022). “I fondamenti della pratica meditativa: i 7 pilastri” [Blog Post]. Retrieved from:  https://www.tagesonlus.org/2022/05/26/7-pilastri-mindfulness/

 

Immaginiamo di essere alla guida della nostra auto, viaggiando ad una velocità tale che ci permetta di procedere spediti ma allo stesso tempo di osservare il paesaggio.
Sarebbe un viaggio in cui alterneremmo momenti di intensa concentrazione, in cui la nostra attenzione è focalizzata sulla strada o sulle macchine davanti a noi, a momenti in cui la nostra mente vaga altrove, notando di tanto in tanto qualche dettaglio del paesaggio che ci circonda.

Questa immagine è un’ottima metafora in grado di rappresentare la modalità con cui facciamo esperienza degli eventi.

Sfortunatamente, molte volte, ci ritroviamo alla guida della nostra vita con il piede sull’acceleratore, viaggiando a una velocità ben al di sopra il limite consentito dalla legge.

Corriamo come se dovessimo raggiungere mete che sentiamo essere di straordinaria importanza, obiettivi che pensiamo potrebbero cambiare radicalmente la nostra vita e assicurarci quel benessere che tanto desideriamo.

E alle volte, siamo così tanto abituati a fare così che quella velocità, con il tempo, diventa normalità.

E lo è così tanto che, paradossalmente, possiamo permetterci anche di inserire il pilota automatico e continuare a viaggiare perdendo totalmente il senso del viaggio, distaccarci da esso e rifugiarci in ricordi di esperienze passate e preoccupazioni per un avvenire incerto.

 

E’ quello che succede realmente a tutti noi quando sentiamo di non vivere a pieno il momento presente. Sentiamo che ci affatichiamo, corriamo, facciamo del nostro meglio per fare tutto ciò che è nostra responsabilità fare, ma non ci sentiamo né autorealizzati né soddisfatti.

Con il tempo possiamo anche sentirci frustrati perché i nostri sforzi non corrispondono alle nostre aspettative, oppure tristi e delusi verso noi stessi per la nostra incapacità di ottenere i risultati desiderati.

Siamo abili nell’essere pretenziosi: pretendiamo di saper guidare bene, arrivare in tempo alle mete, schivare le macchine dalla guida potenzialmente pericolosa e allo stesso tempo non commettere errori, non distrarci e mantenere costantemente il controllo di noi stessi, degli altri e della strada.

E naturalmente, quando questo puntualmente non si verifica, proprio perché viviamo in un mondo dove l’ideale della perfezione è appunto solo un ideale, eccoci pronti ad attribuirci colpe su colpe, responsabilità simili a multe punitive firmate da giudici interni che somigliano ai vigili della strada.

 

Tutto sembra suggerirci che forse è tempo di rallentare, e che togliendo quei piloti automatici attivi da tempo qualcosa potrebbe cambiare, dato che correre a velocità indicibili non ci ha aiutato poi molto.

Ma rallentare può risultare una manovra non semplice.

La sensazione di non raggiungere quelle famose mete simbolo della nostra felicità è sempre lì presente dentro di noi, così come il vigile ai margini della strada pronto a multare ad ogni infrazione.

 

La pratica meditativa mindfulness assume in quest’ottica quella possibilità che offriamo a noi stessi per imparare a osservare proprio le modalità con cui ci muoviamo nel mondo, ci relazioniamo con noi stessi, con gli eventi e con le persone che ci circondano.

Mindfulness è pura consapevolezza.
Mindfulness è apertura e curiosità verso noi stessi e il mondo.
Mindfulness è presenza mentale.
Mindfulness è intenzionalità nell’essere attenti momento per momento a ciò che ci accade senza giudizio.

Con semplicità e chiarezza, Jon Kabat-Zinn (2021), creatore di uno dei più famosi programmi di mindfulness, l’MBRS (Mindfulness-Based Stress Reduction), scrive: “La pratica della consapevolezza richiede solo che facciamo attenzione e guardiamo le cose così come sono. Non occorre che cambiamo nulla”.

 

L’atteggiamento con cui ci avviciniamo alla pratica è fondamentale e centrale per poter beneficiare realmente dei suoi effetti, tanto che Kabat-Zinn (2021) individua e presenta sette aspetti necessari che devono presenti e che caratterizzano l’atteggiamento con cui ci accostiamo alla meditazione: i 7 pilastri fondamentali della pratica mindfulness:

 

  1. Non giudizio: noi siamo esseri giudicanti. Valutiamo e attribuiamo giudizi – consapevolmente e inconsapevolmente. Lo facciamo continuamente. Tali giudizi ci condizionano, etichettano noi stessi e gli altri, attribuiscono significati agli eventi che viviamo. Quando iniziamo a praticare diventiamo consapevoli di tale attività mentale ed è possibile che alcuni di noi si stupiscano proprio di questo: di come la mente sia abile nel suddividere in categorie tipo “buono e cattivo”, “giusto e sbagliato”, “bello e brutto” ecc… La pratica mindfulness, invece, ci aiuta nel tempo a sospendere tali giudizi e a osservare tutto ciò che l’esperienza presenta, compresi i pensieri giudicanti, senza agire su di essi né farci coinvolgere (Didonna, 2008).
  2. Pazienza: in un mondo dove correre, arrivare a destinazione, porsi obiettivi, velocizzarsi è la regola, l’essere pazienti diventa un’alternativa non semplice da percorrere. Non siamo abituati a esserlo. Non accettiamo la realtà delle cose: che alcuni pensieri alberghino nella nostra mente, che nel nostro corpo siano presenti alcune sensazioni fisiche o che sperimentiamo certe emozioni. Vogliamo che passi ciò che non ci piace, che per noi è spiacevole e desideriamo ancorarci a ciò che ci fa sentire bene e ci dà gioia. La pratica meditativa mindfulness considera la pazienza una forma di saggezza che ci aiuta a stare realmente con tutto ciò che l’esperienza presenta, aperti nell’accettazione e rispettosi di ciò che c’è e di ciòche non c’è.
  3. Mente del principiante: vi siete mai chiesti perché i bambini sono in grado di guardare lostesso cartone animato più e più volte e rimanerne stupiti ad ogni proiezione? O far scivolare una pallina su un stesso piano inclinato un’infinità di volte e goderne del divertimento come se fosse la prima volta? La loro mente è simile a quella che la mindfulness chiama Mente del Principiante, ovvero “una mente che è disposta a guardare ogni cosa come se la vedesse per la prima volta” (Kabat-Zinn, 2019; 2021). Essa è così diversa da quella che abitualmente utilizziamo per muoverci nel mondo. Anticipiamo e diamo per scontata l’esperienza che vivremo con certe persone o in certi contesti, senza mai aprirci al nuovo. Eppure, ogni momento è unico, mai uguale al precedente o successivo, e come tale ha dentro di sé potenzialmente infinite possibilità.
  4. Fiducia: abituati a criticare noi stessi, a mettere in discussione le nostre sensazioni, pronti a lottare contro il nostro corpo, la nostra mente e le nostre emozioni, la fiducia si presenta come un’esperienza del tutto nuova, da coltivare e sviluppare. La pratica mindfulness ha lo scopo di avvicinarci a noi stessi e a ciò che di solito ignoriamo o combattiamo. “Stare con” significa conoscere, mettersi nella condizione di esplorare, osservare, descrivere. Fiducia implica rispetto, di noi stessi, del nostro corpo e dell’intero nostro essere, che molto spesso diventa il primo nemico. Fiducia è imparare ad assumerci piena responsabilità di ciò che sentiamo e proviamo, che è il primo passo per essere realmente liberi (Didonna, 2018)
  5. Non cercare risultati: molti di noi si avvicinano alla meditazione con lo stesso atteggiamento con cui affrontano le sfide quotidiane: cerchiamo risultati favorevoli, allontanando le esperienze spiacevoli. D’altronde, tutto quello che facciamo ogni giorno ha lo scopo di assicurarci un certo risultato. La meditazione, invece, favorisce proprio l’atteggiamento opposto: il non fare. Quando meditiamo non c’è nessuno stato che vogliamo favorire, nessun obiettivo che dobbiamo raggiungere. Quello che impariamo a fare è stare in contatto con ciò che stiamo sperimentando momento per momento, sapendo che va bene qualsiasi cosa l’esperienza ci sta proponendo. Ci rilassiamo nell’apertura di ciò che è, focalizzando la nostra attenzione sulle cose che sono, accettandole in modo non giudicante (Kabat-Zinn, 2002).
  6. Accettazione: accettare significa prendere atto di ciò che è, imparare a vedere le cose così come sono, nella loro realtà, momento per momento (Shapiro et coll., 2018). È una condizione non sempre facile da assumere, soprattutto quando la nostra tendenza automatica è quella di non accettare ciò che non ci piace o ci fa male (anche se molto comprensibile). E lo facciamo in diversi modi: evitando, sopprimendo, lottando, modificando e giudicando aspramente qualsiasi elemento della realtà, nostra interna e non. Ma questo, e un osservatore un pò più attento lo avrà già notato, è in grado di generare ulteriore sofferenza (che altro non è che il prodotto della resistenza al dolore). Eppure l’accettazione è il primo passo affinché avvengano i cambiamenti. Nella pratica meditativa essa è una semplice disponibilità a vedere le cose per quelle che sono, al di là dei nostri giudizi personali.
  7. Lasciar andare: se riusciamo ad accettare l’esperienza per come essa si presenta, impariamo a lasciare realmente andare tutto ciò che è in grado di intrappolare la nostra mente. Invece di rimanere imbrigliati in pensieri, ricordi, sentimenti che alimentano in noi ulteriore sofferenza, la pratica meditativa ci aiuta a favorire un altro tipo di atteggiamento: il non attaccamento. Aperti a ciò che stiamo vivendo in un preciso istante, impariamo ad essere disponibili a diventare consapevoli dei nostri attaccamenti e ad imparare proprio da quelle esperienze che inizialmente ci impegnavamo a negare (Kabat-Zinn, 2002).

 

E allora non ci resta che imparare a rallentare la velocità della nostra auto, imparare a osservare cosa offre il paesaggio che ci circonda, cogliere i suoi colori e le sue forme, attenti ai suoni che possono provenire dall’interno del nostro abitacolo o fuori. Concederci di procedere lungo il viaggio fiduciosi della nostra guida, pronti ad accogliere gli ostacoli che si possono presentare durante il percorso, aperti a cambiare itinerario se necessario.

Tutto questo, pienamente consapevoli di noi e di ciò che ci circonda, momento per momento.

 

 

Dott.ssa Sefora Di Natale

Psicologa Psicoterapeuta

Insegnante di protocolli basati sulla mindfulness

Referente del gruppo di lavoro “Tages Mind

 

 

 

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

  • Didonna, F. (2008). Manuale clinico di mindfulness. Milano: Franco Angeli.
  • Didonna, F. (2018). Mindfulness-Based Cognitive Therapy for Obsessive-Compulsive Disorder. New York: The Guilford Press.
  • Kabat-Zinn, J. (2019). La scienza della meditazione. Perché la mindfulness è così importante. Garzanti S.r.l, Milano.
  • Kabat-Zinn, J. (2021). Vivere momento per momento. Corbaccio, Milano.
  • Shapiro, S., Siegel, R., & Neff, K. D. (2018). Paradoxes of minfulness. Mindfulness, 9(6), 1693-1701.
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